sabato 18 agosto 2012

Riapre la "Villa delle meraviglie" Di età tardo romana, risalente al III-IV secolo d.C., è la più imponente del Mediterraneo

Riapre la "Villa delle meraviglie" Di età tardo romana, risalente al III-IV secolo d.C., è la più imponente del Mediterraneo
SALVATORE MAROTTA
RINASCITA – 12 luglio 2012
Il giorno a lungo atteso è finalmente arrivato: il 4 luglio scorso è stata inaugurata e riaperta definitivamente al pubblico, dopo sei anni di lavori di restauro, Villa romana del Casale di Piazza Armerina, in provincia di Enna, famosa in tutto il mondo per i suoi splendidi mosaici e per essere stata inserita nel 1997 tra i siti UNESCO Patrimonio dell'Umanità. All'inaugurazione, svoltasi "in notturna" grazie al nuovo sistema d'illuminazione, hanno preso parte varie autorità guidate dal commissario Vittorio Sgarbi e dall'architetto Guido Meli, direttore del Parco archeologico ed autore del progetto di restauro, messo in opera da 50 restauratori di tutta Europa. Nessun ministro del governo Monti ha avuto la decenza di presenziare all'avvenimento, neanche il responsabile del Turismo. E non ci venga a raccontare "minchiate", signor ministro Gnudi, sul mancato invito. Per un evento di così grande rilevanza il ministro viene, punto e basta. Ma non vogliamo polemizzare più di tanto con dei "tecnici" che non capiscono la straordinaria potenzialità di questo sito, unico al mondo, in termini di ricaduta turistica, economica ed occupazionale, per e quindi per l'intera Nazione, di età tardo romana, risalente al III-IV secolo d. C., è la più imponente del Mediterraneo. I suoi "numeri" parlano chiaro: un'area di circa (ma nuovi ritrovamenti archeologici imporranno presto di riconsiderare l'intero sito), 120 milioni di tessere musive che coprono circa quadri di pavimentazione; e poi dipinti murali, sculture, fontane, colonne. Questo inestimabile patrimonio archeologico, negli ultimi decenni era fortemente compromesso da tutta una serie di fattori, per cui si rendeva necessario e urgente un intervento di recupero e conservazione dell'intera struttura. Va dato atto a Fabio Granata, all'epoca assessore regionale ai Beni culturali, di aver avviato l'iter per il restauro della Villa. Sono stati spesi 18 milioni di euro reperiti attraverso i fondi del Por Sicilia 2000/2006, ma almeno altri 5 milioni saranno necessari per recuperare al meglio le Terme, il Triclinio, il giardino antistante , ed altri servizi come l'area attrezzata di sosta e i cartelli del "percorso museografico". Rimasta sepolta per secoli, romana cominciò a rivedere la luce nell'Ottocento e in successive campagne di scavo negli anni Venti e Trenta, fino agli anni Cinquanta con l'archeologo marchigiano Gino Vinicio Gentili, che guidò la più completa operazione di rinvenimento del sito archeologico. Negli anni Sessanta i preziosi mosaici furono coperti con una struttura in ferro, plastica e vetro, ad opera dell'architetto Franco Minissi. Il nuovo progetto di recupero e conservazione ha previsto una nuova copertura in legno e rame scurito con tetto ventilato per garantire un clima ideale ed evitare il terribile "effetto serra" che tanti danni ha arrecato nel tempo ai mosaici. Sono state ridefinite le "gerarchie spaziali" della Villa recuperando l'antica volumetria in base al criterio della proporzione metrica applicata alle colonne sopravvissute. Inoltre, è stata creata una barriera contro l'umidità e le infestazioni biologiche attraverso l'isolamento dei muri esterni con un sistema drenante e traspirante. Eccezionale il lavoro di restauro conservativo effettuato sulle decorazioni pavimentali e parietali, usando le tecniche più innovative. "In un primo tempo sono stati rimossi strati di limo di decenni, muffe, alghe, batteri, funghi e sali; ripulite le tessere, danneggiate da materiali aggressivi di precedenti restauri (cere, incrostazioni, resine); distaccate piccole porzioni di mosaico per intervenire sui ferri, ormai arrugginiti, dei massetti di cemento; ripianati i "vulcanelli" e infiltrati nel terreno prodotti risananti; l'idrossido di bario iniettato con aghi inseriti tra le tessere, attraverso centinaia di flaconi di flebo, ha permesso la bonifica da alcuni sali e, al substrato, di recuperare la propria solidità. Si è passati poi al restauro vero e proprio, con l'uso di tessere in malta incisa per i decori geometrici e base incolore neutra per il figurato, che ha permesso di recuperare la lettura di gran parte dei mosaici originari. Alla Villa è stata usata, per la prima volta, una preziosa tecnica ricostruttiva delle lacune, realizzata in alcune parti del figurato di piccole dimensioni, con l'uso di malta incisa a scomposizione cromatica, secondo i colori dominati dal contorno, mutuando tale tecnica dalla reintegrazione pittorica dei dipinti e degli affreschi. Il trattamento finale è previsto con ossalato di ammonio, per consolidare e proteggere le superfici, oltre che rinvigorire l'originario cromatismo delle tessere lapidee".