lunedì 31 gennaio 2011

Fori: nella casa delle Vestali che riaprirà a fine gennaio

Fori: nella casa delle Vestali che riaprirà a fine gennaio
Lilli Garrone
Corriere della Sera – Roma 12/1/2011

Vestali ritrovate. Prime immagini del percorso ai Fori e della Casa: riapriranno a fine mese
Carandini «Servono nuovi fondi»

Apre a fine mese la Casa delle Vestali alle pendici del Palatino, uno dei luoghi più sacri e simbolici di Roma antica, finora chiuso al pubblico, teatro di 25 anni di scavi. E’ solo il primo di una serie di passi che porteranno il Foro romano ad essere sempre più visitabile: a fine marzo, in occasione della grande mostra su Nerone, sarà possibile ripercorrere la rampa Domizianea, rivedere la fonte di Giuturna con il suo tempietto e ammirare il tempio dei Castori completamente restaurato. L'annuncio del sottosegretario Francesco Giro durante un sopralluogo.
E poco più in là nel tempo, in autunno, sarà di nuovo visibile il Lapis niger, luogo deputato ai comizi in età repubblicana, anch'esso oggetto di attenti lavori di risistemazione, dove sono tornate visibili le gradinate degli ascoltatori. «Le abbiamo ritrovate nello smantellare un pavimento che le ricopriva dagli anni '50 - spiega il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro - vi sarà un concorso di idee per rendere tutto visi-tabile dall'interno». Una visita in anteprima a meraviglie presto non più inaccessibili che il Corriere della Sera ha compiuto ieri con il sottosegretario: «Entrare in quest'area mi commuove - ha detto Francesco Giro percorrendo il lungo porticato della casa delle Vestali con le statue ricollocate su basamenti - Questo è il restauro che considero più importante e significativo sotto il profilo storico e simbolico. E’ antichissima, il cuore della vita religiosa, che fa da contrappunto all'altro, al Lapis niger, il cuore politico davanti alla Curia: ricostruiamo così la bipolarità religiosa e politica di Roma antica». La bella casa delle Vestali, situata tra la Regia e il tempio di Vesta, con il suo peristilio e il giardino dalle rose antiche, deve la sua attuale forma alla ricostruzione compiuta dopo l'incendio neroniano del 64 d.C., quando venne edificata a un livello più alto e con orientamento differente rispetto la precedente costruzione. «È la casa di età imperiale più grandiosa e meglio conservata di Roma - racconta l'archeologo Andrea Carandini - ornata ancora dalle rose fatte piantare dall'archeologo Giacomo Boni, che hanno un valore storico. Anzi molte delle bellezze del Palatino stono dovute alle capacità paesaggistiche degli archeologi all'inizio del secolo scorso». L'apertura, spiega Andrea Carandini sarà anche «l'occasione per sperimentare per la prima volta un sisterna di didascalie informative del Palatino e del Foro che aspettavamo da decenni, altro segnale della fattiva collaborazione fra il commissario Roberto Cecchi e 1a sovrintendenza. Si potrà così illustrare come era fatto e dove era il primo santuario di Vesta, un complesso sacrale molti importante sepolto da Nerone dopo il 64: l'abbiamo scavato, scoprendo che risale proprio alla metà dell'VIII secolo a.C.: un altro tassello che pone così l'origine di Roma in quell'epoca, perché il culto di Vesta è l'indizio che è nata una città». Con tante notizie buone ce n'è, però, una cattiva. E la dà proprio Andrea Carandini: «Noi adesso dobbiamo completare questo lavoro che ha dato tanti risultati e tante pubblicazioni - denuncia - ma non possiamo farlo perché il rettore Luigi Frati e l'università La Sapienza non ci hanno dato i fondi. Hanno azzoppato il merito. Ci hanno dato solo 10 mila euro: con 30 mila possiamo andare avanti con fatica, con 10 mila è impossibile. Mi auguro che il rettore trovi un modo per farci sopravvivere dopo 25 anni di ricerca». Ma interviene subito il sottosegretario Francesco Giro: «Ci penserò io, interverrò personalmente anche con Frati. Alla luce di tutto quanto è stato fatto e di quel che faremo — afferma — abbiamo visto che l'archeologia è la priorità assoluta di Roma, perché è una grande risorsa anche economica. È una grande sfida che il Governo ha lanciato su Roma e che dobbiamo vincere».

Situata tra la Regia e il Tempio di Vesta, la Casa delle Vestali deve la Sua attuale forma alla ricostruzione compiuta dopo l'incendio neroniano del 64 d.C.: l'edificio venne costruito a un livello più alto e con orientamento differente rispetto alla precedente costruzione; in seguito sono stati effettuati restauri in età adrianea e sotto Settimio Severo. L'edificio è costruito intorno a un cortile porticato sui quattro Iati con al centro delle fontane. Al piano superiore erano le stanze dove alloggiavano le Vestali ed erano presenti anche numerosi bagni riscaldati da bocche di stufe ricavate nelle intercapedini dei muri. Tutto il lato settentrionale del portico è occupato da basi in marmo su cui sono collocate statue femminili (le Vestali massime) rinvenute durante gli scavi.

domenica 30 gennaio 2011

Acquedotto di Severo

                                              Acquedotto di Severo nella campagna romana

Allarme sull'Appia Antica

Allarme sull'Appia Antica
Carmine Sarno
Milano Finanza 15/1/2011

Burocrazia e mancanza di fondi ostacolano l'attività dell'Ente Parco che ha in gestione l'area. Previsti interventi di riqualificazione del territorio per oltre 9 milioni, ma soltanto la meta 6 stata realizzata

Per gli antichi romani l'Appia Antica era la regina viarum, la più importante arteria di comunicazione della Repubblica romana e poi dell'Impero. Oggi lungo il tratto iniziale della via si sviluppa una delle aree protette e vincolate più importanti del mondo: il parco regionale dell'Appia Antica, un ente istituito a fine anni 80, guidato dallo scorso agosto dal commissario straordinario Federico Berardi. Gli oltre 3.400 ettari del parco rappresentano la punta di diamante delle oltre 50 aree protette presenti in tutta la Regione, un fiore all'occhiello che per la sua stessa natura si differenzia notevolmente dalle altre riserve laziali. Come testimoniano le cronache di questi giorni (il crollo di un'antica cisterna nella Valle della Caffarella), all'interno del parco dell'Appia Antica convivono esigenze estremamente differenti tra di loro: dalla tutela del patrimonio archeologico a quello naturale, dal contrasto all'abusivismo edilizio al controllo di un territorio densamente popolato che si estende nel cuore della Capitale. Per rendersene conto della complessità della situazione basta soffermarsi sui dati dell'attività di controllo svolta dai guardia-parco in questi anni. Dal 2005 c'è stato un forte incremento dell'attività sanzionatoria, e grazie al monitoraggio continuo del territorio sono state elevate contravvenzioni per oltre 200 mila euro: dalle discariche abusive agli incendi dolosi, dalla cartellonistica abusiva agli accessi non autorizzati nelle aree protette. Una mole notevole di incombenze che spesso si scontra con le esigue risorse messe a disposizione dall'amministrazione. Di fatto, come ha sottolineato lo stesso Berardi, sebbene le risorse siano «scarse, ovvero pari a zero», l'ente si deve occupare della «conservazione, la protezione e la valorizzazione dei caratteri naturali e paesaggistici del proprio ambito territoriale, legati all'accoglienza turistica e alla fruizione del Parco e alle attività agricole». Ad oggi sono stati realizzati o sono in corso di realizzazione progetti di riqualificazione, recupero e fruizione delle aree del Parco per oltre 9 milioni di euro. Di questi poco più della metà (circa 5,5 milioni) è rappresentata da progetti già realizzati, soprattutto per quanto riguarda la tutela e il recupero del patrimonio paesaggistico e storico. Altri 3,5 milioni, invece, rappresentano l'ammontare dei progetti ancora in fase di progettazione. Quando non sono le necessità di bilancio ad ostacolare l'attività di gestione del Parco dell'Appia Antica, ci si mette di mezzo la burocrazia. Sono serviti due anni, infatti, affinché il Campidoglio affidasse la gestione della Valle della Caffarella (situata proprio nel cuore del Parco) all'ente. Sarà un caso ma il recente crollo è avvenuto proprio in questa zona. Come ha ricordato nei giorni scorsi il commissario straordinario «il problema della Caffarella è che le operazioni di messa in efficienza del patrimonio pubblico comunale sono iniziate e terminate nel 2000 con i fondi del Giubileo» e molti interventi necessari sono stati lasciati in sospeso.

venerdì 28 gennaio 2011

Divus Vespasianus. Il bimillenario dei Flavi

Divus Vespasianus. Il bimillenario dei Flavi.
Electa - Mondadori, 2009.

"Ritornato in città con una fama tale e tanto grande, (...) per tutta la durata del suo impero non ritenne nulla più importante del consolidare lo Stato, quasi umiliato e vacillante, e poi di abbellirlo. Realizzò anche nuove opere: il tempio della Pace, vicino al Foro, e quello del Divino Claudio sul Celio, iniziato da Agrippina (...) inoltre l'Anfiteatro al centro della città, avendo appreso che Augusto aveva concepito questo progetto. (De Vita Caesarum, Svetonio). Queste le parole usate da Svetonio per raccontare il regno di Vespasiano, di cui pochi conoscono il new-deal segnato dal suo avvento al potere. Vespasiano ha cambiato il volto dell'impero romano dal punto di vista istituzionale ed economico, oltre ad aver dato un nuovo impulso all'estensione dei confini. Schiacciato tra la fama di Nerone, dispotico personaggio di cui si sono impossessati il cinema e la letteratura, e la grandezza di Adriano, magnificata dalle Mémoires di Marguerite Yourcenar, Tito Flavio Vespasiano ha, con accortezza e decisionismo, saputo cambiare le regole della governance fino ad allora nelle mani dell'aristocrazia romana. Nato a Falacrinae in Sabina, un vicus del territorio di Rieti, esattamente il 17 novembre del 9 d.C., Vespasiano è ricordato come uomo semplice e dotato di un notevole senso dell'umorismo. Proprio le sue modeste origini - sebbene il padre fosse un banchiere, per di più con sede in Svizzera - sono la vera rivoluzione. La sua ascesa rappresentò un evento traumatico e del tutto imprevisto, poiché alla dinastia giulio-claudia, appartenente alla più alta nobiltà repubblicana, si sostituiva una modesta famiglia del ceto equestre, di origini sabine (quindi provinciale). Insomma: la sua famiglia era decisamente priva di tradizioni aristocratiche. Vespasiano era quello che oggi si definirebbe un self made man. Quando arrivò alla massima carica dello Stato aveva già 60 anni. Dopo una lunga e onorata carriera al servizio degli imperatori giulio-claudii nell'ambito dell'amministrazione provinciale e dell'esercito, al momento della morte di Nerone - avvenuta nel 68 d.C. - Vespasiano si trova in Medio Oriente al comando dell'esercito incaricato di reprimere la grande rivolta giudaica, iniziata nel 66 d.C. e che culminerà con la distruzione del tempio di Gerusalemme, fruttando un ricco bottino come rappresentato sull'Arco di Tito, nel Foro. La scomparsa violenta in un solo anno, il 69 d.C., degli imperatori Galba e Otone, e l'eliminazione di un terzo, Vitellio, da parte dello stesso Vespasiano, gli aprono la via al potere e nel 70 si insedia a Roma. Acclamato imperatore dall'esercito ad Alessandria, la sua nomina determina un deciso ridimensionamento del potere gestito dall'aristocrazia senatoria di Roma. La grande mostra al Colosseo, cui si aggiungono due ulteriori sedi espositive - alla Curia, nel Foro, riaperta al pubblico per quest'occasione, e al Criptoportico neroniano, sul Palatino - viene completata da un percorso che guida il visitatore alla scoperta dei monumenti flavi: dall'Arco di Tito alla Domus Flavia, dal Tempio del Divo Vespasiano al Tempio della Pace.

giovedì 27 gennaio 2011

Domus Aurea, Appia Antica e Basilica Ulpia ecco l´elenco dei monumenti in lista d´attesa

Domus Aurea, Appia Antica e Basilica Ulpia ecco l´elenco dei monumenti in lista d´attesa
DOMENICA, 23 GENNAIO 2011 LA REPUBBLICA - Roma

Sovrintendenti e dirigenti cercano mecenati anche per l´acquisto di siti ora in mano ai privati

Cercasi sponsor "etici" disperatamente. Se il Colosseo ha trovato un mecenate doc come l´imprenditore Diego Della Valle, tanti sono i monumenti romani che aspettano la generosità di qualche imprenditore privato che dia un sostegno risolutivo. Prima fra tutti, la Domus Aurea, chiusa per gravi problemi strutturali. Come dicono i tecnici, se per risanare l´Anfiteatro Flavio è stato messo in campo un piano da 25 milioni di euro, per la Casa di Nerone servirebbe una sponsorizzazione "illuminata" di almeno il doppio. Nella lista, non può mancare il Palatino, già al centro col Foro Romano di una serie di interventi urgenti studiati dalla gestione commissariale, che nella stima dei dirigenti archeologi avrebbe ulteriormente bisogno di almeno 9 milioni di euro per essere oggetto di una sana manutenzione programmata. Fondamentale è l´Appia Antica.
"La gestione commissariale ha già finanziato 2 milione di euro per la riqualificazione della tenuta di Santa Maria Nova che sta andando in gara – racconta la responsabile Rita Paris - Ma servirebbero altri 2 milioni per il completamento del restauro del casale grande dove faremo un centro sulla storia della trasformazione del territorio". Ma per l´Appia Antica gli sponsor potrebbero avere anche un altro ruolo: "Da loro potrebbe venire un sostegno per un grande progetto di acquisto dei monumenti dai privati per restituirli al pubblico. Come il Sepolcro degli Equinozi, che risale al I secolo a.C. unico per il mistero di come la luce filtri all´interno in determinati giorni dell´anno. Ci servirebbe 1 milione circa per sostenere la trattativa. Oppure il Complesso di Sant´Urbano, che oggi ci vogliono vendere a 1 milione". Tante sono le "offerte" per sponsor privati cui pensa il sovrintendente comunale ai beni culturali Umberto Broccoli: "Se il capofila reale è il Colosseo, il capofila virtuale è il Museo della Città, una grande opera di mecenatismo da 100 milioni di euro. Quanto agli altri monumenti, sono solo prospettive di integrazione dei lavori perché noi abbiamo già elaborato un programma di finanziamenti complessivi di competenza di Roma Capitale. Per completare il restauro del Circo Massimo avremmo bisogno di un ulteriore finanziamento di 2,9 milioni di euro, e per allestire i sotterranei della Basilica Ulpia con una biblioteca multimediale 3 milioni di euro". Ad un ambizioso progetto tutto da finanziare pensa Federica Galloni, direttore regionale del Lazio: "Si tratta dell´Arsenale pontificio vicino a Porta Portese, luogo di grande suggestione, accessibile anche dal fiume. E´ un complesso demaniale affidato al Mibac, testimonianza dell´attività mercantile dello Stato Pontificio nella Roma del 700, composto da arsenale, corderie e magazzini del Sale. Con un restauro da 12 milioni di euro lo vogliamo trasformare in polo culturale alternativo all´Auditorium". Senza dimenticare Palazzo Barberini: "Sono stati spesi fino ad ora circa 20 milioni di euro – dice Galloni - ma le facciate interne devono essere totalmente restaurate e servono 3 milioni di euro ciascuna". E la soprintendente al polo museale romano Rossella Vodret ricorda due chiese: "Santa Maria della Consolazione e Santa Maria in Aquiro, scrigno della scuola caravaggesca, restaurabili con 2,5 milioni di euro".
(l. lar.)

mercoledì 26 gennaio 2011

L'Africa Romana

L'Africa Romana
Mobilita delle persone e dei popoli, dinamiche migratorie, emigrazioni ed immigrazioni nelle province occidentali dell'Impero romano.
Atti del XVI convegno di studio. Rabat, 15-19 dicembre 2004. (ISBN: 8843039903)
Carocci, 2006.
Publicazioni del Centro di Studi interdisciplinari sulle Province Romane dell'Universita degli Studi di Sassari

Sommario del volume secondo:
MONIQUE DONDIN-PAYRE, Gaulois des Gaules et Gaulois d'Afrique: de la réalité à l'imaginaire; naissance et développement d'un mythe de migration. - FRANCESCA ROMANA STASOLLA, Strutture per l'accoglienza nelle città portuali fra Tarda Antichità e Medioevo. - STEFANO CONTI, Scambi culturali e persistenze: il paganesimo nell'Africa Proconsolare cristiana. - CHRISTOPH EGER, Existait-il des accesoires vestimentaires proprement vandales? Sur l'origine et la distribution de quelques formes de bijoux de l'antiquité tardive en Afrique du Nord. - VINCENZO AIELLO, Un caso di mobilità professionale nell'Africa romana? A proposito degli architecti di CTh, XIII, 4, 1. - ILENIA ACHILLI, Circumcelliones: appunti sul fenomeno del "monachesimo" itinerante. - RIDHA KAABIA, La typologie du mouvement des personnes dans la correspondance de Cyprien de Carthage. - ROSALBA ARCURI, Agostino e il movimento dei pellegrini verso l'Africa romana. - CLAUDIA NERI, La fuga di fronte al pericolo: opportunità politica o esempio morale (Possidio, Vita Augustini, 30)? - GIUSEPPE MARIOTTA, Postumiano in Cirenaica (Sulpicio Severo, Dialogi, I, 3-5). - BRAHIM EL KADIRI BOUTCHICH, Les mouvements migratoires des tribus Sanhadja dans l'antiquité et à l'époque médiévale. - CHRISTINE HAMDOUNE, Mouvements de population dans les carmina funéraires africains. - MARIAGRAZIA ARENA, IRMA BITTO, Il motivo della morte in terra straniera nei CLE bücheleriani. - LUCIETTA DI PAOLA, Sulla mobilità di studenti e di professori nell'Occidente romano tardoantico. - MASSIMILIANO DAVID, VALERIA MARIOTTI, Africani ed Egiziani nel territorio di Mediolanum tra iv e V secolo. - ANTONIO SARTORI, La mobilità delle persone nelle epigrafi' perialpine. - LAURA CHIOFFI, Africani a Capua e Capuani in Africa. - MARIA AMODIO, Note sulla presenza di stranieri a Napoli in età tardo-antica. - DANIELA CANDILIO, La decorazione scultorea della domus degli Aradii. - MARCO AGOSTINO AMUCANO, A proposito della "tradizione" olbiese stil bingo di esilio di papa Ponziano. - PAOLO BENITO SERRA, Popolazioni rurali di ambito tardoromano e altomedievale in Sardegna. - GIOVANNA PIETRA, I Vandali in Sardegna: nuove acquisizioni dai relitti del porto di Olbia. - MATHILDE GRÜNEWALD, In cerca di un popolo: i Burgundi. - JEAN-PAUL MOREL, Notes sur les relations économiques et culturelles entre le Maroc et l'Espagne dans l'Antiquité. - ENRIQUE GOZALBES CRAVIOTO, Documentos epigrdficos acerca de las relaciones entre Hispania y Mauretania Tingitana. - DARÎO BERNAL CASASOLA, La industria conservera romana en el "Circulo del Estrecho". Consideraciones sobre la geografia de la producciôn.

martedì 25 gennaio 2011

Riapre" il Tempio delle Vestali

Riapre" il Tempio delle Vestali
Lucilla Guidi
Italia Sera 25/1/2011

Il sottosegretario Giro fiero dei grandi risultati raggiunti sulle opere restaurate

Giovedì verrà finalmente restituita alla città la Casa delle Vestali. A dare la notizia è stato sottosegretario ai beni culturali, Francesco Giro, durante la presentazione dell'attività operativa del 2010 dei Carabinieri Tutela patrimonio culturale. Giro sottolinea che rappresenta "uno degli eventi più importanti che ha interessato l'area archeologica centrale — aggiunge - Nella stessa circostanza, visiteremo il cantiere di restauro di Santa Maria Antigua, chiesa paleocristiana straordinaria che io definisco la Cappella Sistina del Foro romano, con un ciclo di affreschi del VI secolo". Nel mese di marzo "inaugureremo la cosiddetta 'Rampa Domizianea' che un tempo era percorsa dagli imperatori. Punto strategico, la rampa collega il Foro al Palatino, aprendola permetteremo ai turisti di accedere direttamente dal cuore del Foro alla Domus liberiana. Il percorso sarà dotato anche di illuminazione". Tornando a parlare della cerimonia di giovedì, precisa Giro, saranno presenti anche il presidente del Consiglio superiore dei beni cultura Andrea Carandini, l'assessore capitolino alla Cultura Dino Gasperini, la presidente della Regione Lazio Renata Polverini e Luigi Frati rettore de La Sapienza: "E' la prima volta che sarà presente un rettore universitario - conclude - ma ci tenevamo perchè gli archeologi formati presso questo ateneo hanno collaborato alle operazioni di scavo del sito".

lunedì 24 gennaio 2011

Le città di Dio. Come il cristianesimo ha conquistato l'Impero Romano.

Le città di Dio. Come il cristianesimo ha conquistato l'Impero Romano.
Rodney Stark
Lindau, 2010.

Come riuscì il cristianesimo primitivo a svilupparsi fino a diventare la religione più diffusa nelle trentuno maggiori città dell'Impero romano? Basandosi su dati quantitativi e sui risultati degli studi più recenti, in ambito sia storico sia archeologico, Rodney Stark propone una ricostruzione dei fatti largamente inedita e rovescia molti luoghi comuni. Per esempio, dimostra che: diversamente da quanto sostengono diversi studiosi, lo gnosticismo non fu una forma di cristianesimo più sofisticata o autentica, ma soltanto un tentativo infelice di paganizzare la cristianità. Paolo è stato chiamato l'apostolo dei Gentili, ma per lo più convertì dei giudei. Il paganesimo non fu rapidamente cancellato dalla repressione statale seguita alla conversione di Costantino nel 312, ma scomparì gradualmente perché la gente cominciò ad abbandonare i templi subendo il fascino del cristianesimo. I culti "orientali" prepararono in realtà la strada per la rapida diffusione della cristianità nei territori dell'Impero romano. Il culto misterico di Mitra non costituì affatto una sfida al cristianesimo quale nuova fede dell'Impero, poiché non ammetteva le donne e attraeva solo i soldati. Ancora una volta non è esagerato affermare che l'intero quadro delle interpretazioni ormai consolidate riguardo ai primi secoli del cristianesimo e a come esso sia diventato nel tempo la più importante religione al mondo deve essere profondamente rivisto.

venerdì 21 gennaio 2011

Acquedotto del Serino celebra i due millenni di vita con una manifestazione nel castello di Baia.

Acquedotto del Serino celebra i due millenni di vita con una manifestazione nel castello di Baia.
Franco Mancusi
08/12/2010 IL MATTINO

È l’opera pubblica antica più imponente della Campania. Da sempre croce e delizia dei napoletani, l’acquedotto del Serino celebra i due millenni di vita con una manifestazione nel castello di Baia. Grazie a una singolare festa di compleanno con tanto di torta, ricostruzioni al laser e proiezioni storiche, inaugurazione-bis nello stesso giorno dell’apertura di duemila anni fa, il prossimo 30 dicembre. Soprintendenza Archeologica e Arin (l’azienda municipale che gestisce gli impianti dell'acquedotto napoletano) preparano un programma di eccezione. Caso raro nel corso della storia, sarà possibile ricostruire in tempo reale, senza la minima approssimazione, le vicende del monumentale impianto idrico che dalle fonti irpine del Serino, attraverso 96 chilometri di tracciato, trasferiva le risorse idriche sino alla Piscina Mirabilis e alle navi della flotta imperiale ormeggiata nel porto di Capo Miseno, attraverso Nola, Acerra, Napoli, Puteoli, Baia e gli altri più importanti centri della Campania. Giustamente fiero il professore Giuseppe Camodeca, docente di Epigrafia nell’università Orientale di Napoli, per una scoperta che apre prospettive straordinarie di ricerca non soltanto sulle vicende storiche dei Campi Flegrei. Nel corso di lavori ordinari di scavo, effettuati da una coppia di studiosi nell’area «critica» di Pozzuoli, fra Lucrino e la collina dello Scalandrone, la prima scintilla che ha fatto scattare la mobilitazione della Soprintendenza. Nel profondo di un cunicolo, con l’aiuto di sofisticate apparecchiature azionate dal laser, la scoperta dei resti di una iscrizione parietale celebrativa del giorno d’inaugurazione dell’ultimo tratto del Serino, relativo al comprensorio dei Campi Flegrei. Per il momento impossibile penetrare nella caverna, che collega il lago Lucrino al Fusaro. Grazie alla traccia indicata in profondità dai due appassionati (la naturalista Raffaella Lamagna e lo speleologo Graziano Ferrari), tuttavia è stato possibile ricostruire non soltanto il percorso, ma anche le iscrizioni del prezioso blocco tufaceo, danneggiato dall’incuria del tempo. «Presa d’acqua aperta su permesso e cura di Decimo Satrio Ragoniano, curatore dell’acquedotto augusteo il 30 dicembre dell’anno dei consoli Giunio Bleso e Sevio Lentulo (10 d.C.)». «Con il contributo finanziario dell’Arin - spiega il presidente Maurizio Barracco - è stata realizzata una digitalizzazione dell’iscrizione e della cavità che la contiene, con l’impiego di strumenti laser-scan e a luce strutturata». L’iscrizione si trova all’interno di una galleria romana posta in località Scalandrone pertinente al progetto di riorganizzazione della zona Averno-Lucrino disposta da Agrippa verso il 37 a.C. con lo scopo di realizzare il portus Julius. La Galleria di Scalandrone era costituita da una rampa sotterranea lunga circa 200 metri, che consentiva il collegamento fra il piano del lago Lucrino e l’area attuale del lago Fusaro da cui si poteva giungere a Baia e a Miseno. Anche sul piano della ricerca storica, dunque, le prospettive dello studio si preannunciano esaltanti. Oltre alle operazioni di rilievo eseguite dagli specialisti di Asa studio, la cavità è stata documentata per gli aspetti naturalistici e speleologici. La ricerca riprenderà nei prossimi mesi. «E con le riproduzioni dell’epigrafe che l’Arin farà sistemare nei locali del castello di Baia, il nostro percorso potrà arricchirsi di un pezzo prezioso di grande attrazione turistica», conclude Paola Miniero, direttrice del museo flegreo. Per l’occasione della festa, l’architetto Fabrizio Mangoni realizzerà una speciale sua «opera» gastronomica, una torta a diversi piani per ricordare l’importanza del Serino attraverso le vicende che hanno segnato la storia della Campania.

mercoledì 19 gennaio 2011

«Salviamo le navi pisane» Intanto sono salite a 2.300 le firme raccolte dal Tirreno

«Salviamo le navi pisane» Intanto sono salite a 2.300 le firme raccolte dal Tirreno
SABATO, 15 GENNAIO 2011 IL TIRRENO - Pisa

Il consiglio comunale all’unanimità approva un appello per la salvaguardia del sito

PISA. Il consiglio comunale di Pisa ha approvato all’unanimità un ordine del giorno per la salvaguardia del sito archeologico delle navi antiche, esprimendo forte preoccupazione per il suo futuro. Marco Bani, consigliere comunale Pd e presentatore del documento, afferma che «mentre Pompei è drammaticamente ritornata nel dimenticatoio, un altro grande tesoro sta lentamente sparendo. Una perdita incolmabile per il patrimonio culturale pisano e mondiale».
Tutto ciò mentre la sottoscrizione proposta dal Tirreno e dagli Amici dei musei e dei monumenti pisani per il riconoscimento del Cantiere delle meraviglie come sito dell’Unesco, è arrivata a 2.300 firme.
Nel documento approvato dal consiglio comunale viene riconosciuto il valore scientifico e culturale del luogo: 30 imbarcazioni di epoca romana di cui 10 quasi integre, e con tutto il carico perfettamente conservato, persino le corde, le reti, gli oggetti personali dei marinai. Dal 1998, anno di scoperta dei primi reperti, lo Stato ha stanziato circa 15 milioni di euro complessivamente tra finanziamento agli scavi e al Museo, ma sono ancora molti gli investimenti da fare.
I reperti già scavati necessitano di una manutenzione costante e molto costosa, possibile grazie all’annesso Centro di restauro del legno bagnato, dove si studia e conserva tutto quel che viene alla luce. Ma senza fondi anche questo centro di eccellenza è destinato a affondare. Attualmente non è possibile visitare il sito e i laboratori per mancanza di personale e risorse, privando tutti della possibilità di conoscere meglio questo tesoro.
Il documento fa appello al Governo, al Ministro per i Beni e le attività culturali, al Parlamento ed a tutti i parlamentari toscani affinché venga garantito un flusso di investimenti e di fondi costante, che possa garantire una gestione ordinaria del sito archeologico e del Cantiere secondo gli impegni presi negli anni precedenti, e la possibilità di trovare una forma giuridica consona che possa portare a un parziale autosostentamento del Sistema Sito-Cantiere-Navi, attraverso l’offerta di diverse tipologie di servizi.
Marco Bani conclude: «Anche le realtà locali possono fare molto. Gli enti istituzionali che insistono sul territorio possono collaborare e fare sistema per trovare nuove forme di finanziamento e di promozione del sito archeologico, in modo da evitare l’affondamento in modo definitivo e irreparabile di una delle eccellenze culturali presenti nella nostra città, scongiurando un nuovo disastro culturale sull’esempio di quanto è successo a Pompei».

martedì 18 gennaio 2011

La storia a picco. In mare frammenti della villa di Claudio

La storia a picco. In mare frammenti della villa di Claudio
Elisabetta Froncillo
Il Mattino – Napoli 11/12/2010

Bacoli, segnalazione partita da un gruppo di pescatori
Il costone continua a franare

BACOLI. Ad accorgersene per primi, e a lanciare l'allarme, sono stati i pescatori. Mentre si allontanavano dalla costa per raggiungere il largo e gettare le reti hanno visto quei reperti storici, frammenti di colonne e di pareti che hanno resistito per duemila anni, spuntare a pelo d'acqua. Altri pezzi di muri in reticolatum e pietre affrescate erano accumulate sulla spiaggetta, ai piedi del promontorio. La storia in frantumi, precipitata giù dalla collina amata dagli imperatori romani, quella Punta Epitaffio che fu sede di imponenti complessi termali e ville gentilizie. A pochi giorni dalla segnalazione del crollo dei ruderi della villa di Lucullo a Miseno, questa volta a cedere alle intemperie e all'incuria è il complesso che si ritiene essere appartenuto all'imperatore Claudio. Uno smottamento ha portato giù, oltre a una grossa quantità di cumuli tufacei, anche una mole di parte del maestoso edificio posto a strapiombo sul mare. - Viene tutto giù, i reperti cadono come cocci di cartapesta, dopo abbondanti piogge e mareggiate che per tutto novembre non hanno dato tregua a un territorio provato, dove la manutenzione sistematica sembra mancare. Ma dove le testimonianze di un'epoca di splendore e prestigio sono numerose e imponenti. Baia era uno dei porti di Cuma, la colonia greca fondata nell'VIII sec. a.C. Il suo promontorio, Punta Epitaffio, in epoca romana fu la sede di imponenti complessi termali e ville gentilizie. Territorio permeabile quello flegreo, e delicato, da decenni nel tratto che congiunge Pozzuoli a Bacoli si ripresentano periodicamente delle frane. L'ultima, considerevole, è avvenuta nel 2008: il costone sul versante di Lucrino cedette rendendo impossibile praticare la strada sovrastante, se non con un senso unico alternato, ancora presente, e un muro di contenimento provvisorio, costruito dalla Protezione Civile. Il clima mite, il paesaggio, le acque termali flegree erano ben conosciute nel mondo romano, a tal punto da invogliare addirittura gli imperatori ad ordinare la costruzione delle proprie ville sulla collina di Baia. Un luogo di piaceri, come è stato descritto nelle opere di Cicerone, Properzio e Seneca. Qui Pompeo, Varrone e Cesare avevano le loro residenze. Ai piedi di Punta Epitaffio, ora sommerso dal mare a sette metri di profondità per effetto del bradisismo, si possono vedere un ninfeo del I sec. d.C. e due ville di età imperiale, la Protiro e la Pisoni, racchiuse nel Parco sommerso di Baia. Proprio nel Ninfeo sono presenti statue raffiguranti i genitori dell'imperatore Claudio, il quale fece costruire il grandioso complesso, e probabilmente anche la villa che in questi giorni sta lentamente crollando. Dopo la segnalazione dei pescatori è partita la mobilitazione, gli amministratori bacolesi hanno organizzato una spedizione per scattare foto da piccole barche. C'è chi mette l'accento sulla necessità di un assessore ai Beni Culturali che oggi manca a Bacoli. Di certo i resti dei luoghi di divertimento dei grandi della storia rischiano di scomparire dal patrimonio dell'umanità.

Nella piscina di Diocleziano a due passi da piazza Esedra

Nella piscina di Diocleziano a due passi da piazza Esedra
DOMENICA, 16 GENNAIO 2011 LA REPUBBLICA - Roma

Gran restauro del complesso pubblico più imponente dell´antichità

Un finanziamento di 1 milione 700 mila euro e un anno di lavori

Poi la riapertura della colossale "natatio" chiusa da trent´anni

Erano le terme più grandiose di Roma, con i loro tredici ettari d´estensione, la magnificenza architettonica delle aule e un impianto all´avanguardia che poteva accogliere tremila persone contemporaneamente. Le Terme di Diocleziano, realizzate tra il 298 e il 306 d. C., con una storia di trasformazioni nel corso dei secoli, sono finalmente al centro di un restauro partito in questi giorni grazie all´intervento del commissario all´area archeologica centrale Roberto Cecchi.

Finanziati con 1,728 milioni di euro, i lavori consentiranno di riaprire, dopo una chiusura di oltre trent´anni, la Natatio, ossia la grande piscina scoperta con la sua spettacolare facciata di oltre venti metri, e le cosiddette Aule VIII (di 850 metri quadrati), e IX (690). Tutti ambienti vertiginosi dove riposano da decenni in un´atmosfera che sarebbe piaciuta agli artisti del Grand Tour, statue, sarcofagi e persino un contenitore di olle cinerarie, una sorta di loculo di famiglia, con tanto di nomi dei defunti incisi sulla fronte di travertino.
Spazi talmente giganteschi che nell´Aula IX, identificata con un "apodyterium" (spogliatoio) è stato allestito un laboratorio di restauro per ridare lustro a capitelli e architravi che saranno riposizionati sulle strutture murarie per evocarne l´originaria sontuosità. «I fondi commissariali sono stati provvidenziali - dichiara Rosanna Friggeri, direttrice delle Terme - Contiamo di finire i lavori entro luglio 2012 per restituire alcuni luoghi chiave al percorso di visita delle Terme. Con l´idea di aprire un nuovo accesso anche da piazza Esedra».
Cuore del progetto di restauro è appunto la Natatio, la più grande piscina dell´antichità, in origine di oltre 2500 metri quadrati, profonda un metro e mezzo e rivestita di lastre di marmo, che poteva contenere cinquemila metri cubi d´acqua. «Era urgente intervenire sulla facciata assai deteriorata», osserva la responsabile del restauro Marina Magnani. Che spiega anche come si tratti di un esemplare unico, ritratto da Palladio a Piranesi: la sua bellezza risiede nell´andamento mistilineo del prospetto, dove alterna esedre rettangolari e semicircolari. A impreziosirle, tre ordini di nicchie, incorniciate da colonnine sorrette da mensole scolpite e coronate da timpani. All´interno delle nicchie, un tempo ornate di statue, sono state ritrovate anche tracce di mosaico.
Tra i progetti anche quello di un sistema multimediale che ne restituisca la suggestione antica. Ma qui l´archeologia deve fare i conti col Rinascimento. Nel 1561 papa Pio IV ordinò la costruzione della basilica di Santa Maria degli Angeli sulla parte centrale delle terme, col progetto della certosa affidato all´anziano Michelangelo. Con un intervento commissariale di 600 mila euro si sta completando il restauro del cosiddetto chiostrino Ludovisi, attribuibile a Giacomo del Duca assistente di Michelangelo. Chiuso da sessant´anni svela oggi, a circa due mesi dalla fine dei lavori, la sua eleganza, con un giardino all´italiana decorato da roseti e aranceti e da un pozzo centrale. «Qui - annuncia Friggeri - porteremo le lastre di marmo incise con gli atti della confraternita dei Fratelli Arvali, reperti fondamentali degli albori della religione romana. Insieme, i pilastri dedicati alle cerimonie dei Ludi Seculares voluti da Augusto. Il tutto abbinato a statue di personalità e divinità». Le sale dell´attico che si apre sopra i portici saranno invece dedicate agli strumenti della vita quotidiana di Roma. Per l´allestimento servono altri 800 mila euro da finanziare e un anno di lavori.

domenica 16 gennaio 2011

Nel complesso di Santa Giulia riemerge il mosaico di Minerva

Nel complesso di Santa Giulia riemerge il mosaico di Minerva
Spatola Giuseppe
(16 dicembre 2010) - Corriere della Sera

Brescia
La domus e i tappeti di pietra È tornata alla luce la Medusa
Verranno estesi i percorsi di visita delle aree archeologiche Epoca augustea Lo stato di conservazione dei mosaici e degli intonaci dipinti si è rivelato ottimo Lo scavo evidenzia un' interessante sequenza di riutilizzo dei piani antichi

Per secoli è rimasto sotterrato, protetto come uno scrigno da due metri di terra. Adesso il mosaico di Minerva, sul lato sud del pavimento della «Domus B» all' interno del complesso archeologico di Santa Giulia, è tornato alla luce perfettamente conservato. La scoperta è stata fatta durante i saggi di scavo nell' area del monastero. «I sondaggi - spiegano alla Soprintendenza ai beni archeologici della Lombardia, che sta coordinando gli studi sulla Brixia longobarda e romana - avevano l' obbiettivo di verificare quali e quanti gioielli archeologici si trovano sotto i pavimenti del monastero e di valutare l' opportunità o meno di estendere le aree archeologiche annesse ai percorsi di visita del Museo della città». E i nuovi studi hanno confermato come le strutture delle domus bresciane sono parallele a quelle già studiate a nord e nel vicino cardo. Non solo. Proseguono alla Soprintendenza: «Ci troviamo davanti a un' interessante sequenza di modifiche e di riutilizzo dei piani antichi per edifici e strutture tardoantiche e altomedievali. Questo conferma la vivacità costruttiva in dell' area urbana annessa a Santa Giulia e fornisce dati interessanti sulle modalità di costruzione di periodi meno noti». E gli archeologi sono al lavoro pure nel cortile meridionale di San Salvatore, dove è riapparsa la Medusa dell' ortaglia. Confermano i tecnici della Regione Lombardia: «È stata riaperta una porzione dello scavo condotto tra il 1980 e il 1992 per verificare lo stato di conservazione delle strutture che vent' anni fa erano state interrate. In particolare si è raggiunto nuovamente il pavimento della domus B, decorato con un mosaico geometrico bianco e nero, risalente al I-II secolo d. C.». Qui, in un angolo a sud del sito archeologico, all' interno di una cornice policroma, è apparsa la raffigurazione di Medusa, caratterizzata da tessere di pietra e marmo di dimensioni minori per ottenere una resa quasi pittorica del volto di questa figura mitologica. «Lo stato di conservazione - proseguono gli studiosi - si è rivelato ottimo, sia dei piani pavimentali a mosaico sia dei muri, anche di quelli con intonaco dipinto». Questi dati saranno utili per poter pianificare l' entità di un eventuale intervento di restauro complessivo delle strutture. Il complesso delle «Domus dell' Ortaglia» era stato studiato e restaurato per la prima volta tra il 1967 ed il 1971. Gli scavi sono poi ripresi con una vasta campagna tra il 1980 ed il 1992 e completati nel 2002 in occasione dell' annessione della struttura al Museo romano situato nell' adiacente Monastero di Santa Giulia. Un percorso che oggi consente a turisti e appassionati di arte di calarsi nella vita quotidiana dei cittadini di Brixia, «entrando» nel cuore dell' antica città romana. Giuseppe Spatola

Nel monastero È stata la costruzione del monastero di Santa Giulia iniziata nel 753 d.C. a garantire la sopravvivenza delle domus. L' edificazione del luogo di preghiera, infatti, ha preservato tutta la zona da interventi edilizi successivi, consegnando un autentico tesoro

venerdì 14 gennaio 2011

Un magnifico cratere. Gli archeologi romani ne hanno rivelato i segreti

Un magnifico cratere. Gli archeologi romani ne hanno rivelato i segreti
Lauretta Colonnelli
Corriere della sera 13 dic 2010 Roma

È dedicata a uno splendido vaso in bronzo, la mostra «L’Italia e il restauro del magnifico cratere», organizzata da Civita e aperta al palazzo del Quirinale fino al 6 febbraio. Ma gli oggetti esposti sono molti: elmi bronzei decorati da applicazioni in oro, bicchieri in argento di raffinatissima fattura, sandali d’oro lavorati a sbalzo. In oro sono anche le imponenti cinture e la maschera funeraria destinata a ricoprire il volto del defunto e a conservarne l’incorruttibilità spirituale. Ci sono anche collane in vetro policromo e statuette in ambra. Appartenevano a un principe sconosciuto, sepolto a Trebeniste intorno al VI secolo avanti Cristo.
Visita Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mentre visita la mostra; accanto due reperti delle tombe principesche di Trebeniste

Trebeniste è una località nei pressi di Ocrida, Macedonia, a pochi chilometri dal confine con l’Albania. Il grande vaso in bronzo, oggi emblema della collezione greca del Museo nazionale di Belgrado, fu ritrovato da una missione archeologica iugoslava nel 1931. Ma il sito di Trebeniste era entrato nella letteratura archeologica un paio di decenni prima, quando alcuni soldati bulgari scoprirono per caso nelle vicinanze sette tombe con ricchi corredi. Da allora gli scavi sono proseguiti ininterrottamente e sono tuttora in corso. Le numerose sepolture, alcune principesche, risalgono al periodo compreso tra il VI e il IV secolo a. C.

Il cratere è arrivato per la prima volta in Italia nel 2007, in occasione di una mostra sui balcani e le antiche civiltà tra il Danubio e l’Adriatico organizzata ad Adria. Era in precarie condizioni di conservazione e presentava problemi di struttura a causa del supporto poco adatto sul quale erano stati incollati i frammenti di bronzo. Fu perciò stipulato un accordo tra la Soprintendenza per i beni archeologici di Roma e il museo di Belgrado per procedere al restauro e alle indagini scientifiche approfondite che prevedevano, oltre alla necessaria documentazione fotografica, una serie di esami per scoprire la composizione delle leghe metalliche, la provenienza dei residui di terra di fusione, i processi di esecuzione delle varie parti dell’opera. Bisognava inoltre fabbricare un nuovo supporto, più idoneo e storicamente corretto.

Dopo tre anni di lavori il cratere esce dai laboratori completamente trasformato, restituito per quanto possibile a come doveva essere in origine e con qualche segreto in meno. La presenza di biotite e le inclusioni di anfibolo, due minerali identificati nella terra di fusione del vaso, hanno rivelato che non venne fabbricato in Macedonia, ma nell’isola di Egina, una delle più vicine ad Atene e nel V secolo la sua più grande rivale. «La scoperta - nota l’archeologo Louis Godart, curatore della mostra e del catalogo che l’accompagna - apre un nuovo capitolo nella storia complessa dei rapporti tra il mondo greco arcaico e l’intera area balcanica». E la studiosa Vera Krstic aggiunge che mentre finora si riteneva che la maggior parte dei reperti in oro e argento delle tombe principesche di Trebeniste fosse stata importata dall’area di Salonicco, oppure fabbricata sul posto da abili artigiani provenienti dalla Tessaglia, il cratere dimostra che i contatti tra i Balcani e il mondo greco non si limitavano alle zone periferiche dell’Ellade.

Ma soprattutto il cratere ha rivelato la sua bellezza. Alto 81 centimetri e largo 44 e mezzo, racconta storie spettacolari: intorno al collo galoppano quattro cavalieri su destrieri con criniere al vento; al centro delle anse due gorgoni alate fanno linguacce strette in un busti di scaglie di pesce e fiancheggiate da serpenti; sul treppiede altre gorgoni, questa volta a figura intera e circondate da coppie di cani e di volpi.

mercoledì 12 gennaio 2011

Già mille firme per salvare le Navi romane

Già mille firme per salvare le Navi romane
MARCO BARABOTTI
GIOVEDÌ, 16 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO - Pisa

La campagna per il cantiere. L’ex soprintendente Bottini ricorda che fu D’Alema a convincere le Ferrovie a trasferirsi

Anche Enrico Letta sottoscrive la petizione per promuovere il sito all’Unesco

PISA. Ieri sera alle 20 siamo arrivati a quasi mille firme al nostro sito Internet www.iltirreno.it, per inserire gli scavi delle Antiche Navi di Pisa e il museo come sito dell’Unesco. Tra i nuovi firmatari spiccano i nomi dei deputati Enrico Letta ed Ermete Realacci del Pd.
Ha firmato anche l’ex comandante del nucleo carabinieri del patrimonio artistico, generale Roberto Conforti, oggi presidente della società italiana tutela del patrimonio dei Beni culturali.
Ieri abbiamo parlato con l’ex soprintendente ai beni archeologici della Toscana, Angelo Bottini, che si occupò del Cantiere delle Meravaglie fino ai primi anni Duemila. «È meglio chiarire a scanso di equivoci - ci ha detto Bottini, che recentemente ha curato una mostra archeologica al Quirinale - che quando aprì il cantiere nel 1998, fu in conseguenza degli scavi ad opera delle Ferrovie dello Stato che dovevano costruire lì, a fianco della stazione di San Rossore, il loro centro direzionale. Non era quindi un cantiere voluto dalla soprintendenza che allora io dirigevo. Era uno scavo di emergenza fatto in assoluta non conoscenza dei tesori che poi sarebbero venuti alla luce. Quando ci si rese conto della quantità delle imbarcazioni e del loro buon stato di conservazione considerando che sono passati due millenni e anche oltre, non fu facile convincere le Ferrovie, che pure avevano finanziato gli scavi archeologici, a cercare una soluzione alternativa al loro progetto. Se non ricordo male fu l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, vista l’eccezionale importanza archeologica di quell’area, a convincere le Ferrovie, nel 1999, a cambiare sito, tant’è che il centro direzionale venne spostato vicino alla stazione di Pisa centrale».
«Successivamente - dice ancora Bottini -, nel 2001, posi all’amministrazione centrale un invito di sistema. Le soluzioni erano due: procedere a uno scavo in grande per recuperare le decine di navi rinvenute nel fango o interrare gran parte dell’area così le imbarcazioni non si sarebbero danneggiate, facendo invece il massimo sforzo in un’area ridotta. Il ministero decise per la prima soluzione. Era un progetto di grande respiro, molto oneroso. Fino a che il Cantiere di Pisa San Rossore è stato sulla cresta dell’onda, si è andati avanti bene. Poi, quando è scemato il senso di eccezionalità dell’evento, sono cominciati a sorgere i problemi. Io sono uscito di scena da sei anni, non sono più venuto a Pisa, ma mi dicono che non si scava più da diversi mesi e che c’è il rischio di un collasso. Peccato».
L’altro progetto che rischia di arenarsi è quello del Centro di restauro di caratura mondiale. È infatti in condizioni di degrado anche il centro di restauro del legno bagnato, che resta un tour, a parte le vicissitudini degli allagamenti, di grandissimo interesse storico e archeologico che consente, in poco più di un’ora, di visitare gli scavi e i laboratori dove vengono sperimentate le tecniche di restauro e conservazione, uniche al mondo.

lunedì 10 gennaio 2011

dal Mondo - Scoperta archeologica in Israele, il maltempo fa ritrovare una statua romana (scanagatta)

dal Mondo - Scoperta archeologica in Israele, il maltempo fa ritrovare una statua romana (scanagatta)
In Israele invece, il maltempo ha fatto scoprire una statua risalente ad epoca romana. Segno del destino, non c’è dubbio. Lì dove non ci è arriva l’uomo ci ha pensato la natura, la stessa che molto spesso gli uomini non hanno la delicatezza di lasciarla incontaminata.

La domus dei gladiatori riprodotta in tre istallazioni

La domus dei gladiatori riprodotta in tre istallazioni
Il Giornale di Napoli 18/12/2010

ERCOLANO. Rivive in tutto il suo splendore e in 3D la Schola Armaturarum al Museo Archeologico Virtuale di Ercolano: da questa mattina tre installazioni che riproducono la casa crollata il 6 novembre a Pompei consentono al visitatore un'immersione nel passato tra effetti speciali e un excursus storico di pregevole valore. Ad inaugurare l'opera, il presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, il sindaco di Ercolano Vincenzo Strazzullo, il presidente della Fondazione Cives-Mav Nino Daniele e il direttore generale del May Ciro Cacciola. Un'opera innovativa e unica nel suo genere: una prima installazione di tipo immersivo consente di ammirare la ricostruzione virtuale del 79 d.C.: il visitatore è immerso attraverso un salto nel tempo nella Schola e riceve una percezione 3d grazie alle proiezioni sincronizzate sulle tre pareti. Una seconda installazione di tipo didattico-scientifico racconta con un filmato la storia della Schola: dagli interventi di protezione di Vittorio Spinazzola nel 1915 con l'apposizione di una tettoia metallica dotata di una copertura in eternit, si passa al bombardamento alleato del 19 settembre 1943 che divelse la copertura e portò al crollo quasi parziale del muro ovest e ai danni alle pitture. A questo segue la ricostruzione dell'ambiente nel 1946 dell'archeologo Amedeo Maiuri. In occasione dei lavori fu realizzata la struttura in cemento armato che per oltre sessanta anni ha protetto l'edificio gravando però le strutture antiche per il peso eccessivo fino al recente crollo. Nell'ambiente, una grande aula a forma quadrata con ampia apertura verso la strada così come era in origine, anche le pitture del IV stile pompeiano a fondo rosso. La terza installazione propone scudi, spade ed elmi utilizzati dagli antichi romani nelle parate militari. «È una opportunità che il May ha saputo raccogliere realizzando in tempi rapidissimi una iniziativa di grande marketing e di lungimirante innovazione - ha detto il presidente della Provincia, Luigi Cesaro - ed è una operazione che, partendo in pieno periodo natalizio, può essere una grande opportunità per turisti che visiteranno i nostri territori». Sulla iniziativa anche il presidente della Fondazione Cives Nino Daniele: «Il Mav è una struttura unica che valorizza la tecnologia avanzata e la applica al patrimonio culturale e noi oggi ribadiamo questo nostro primato ma lo facciamo in un contesto diventato difficile per il Mav». A tal proposito, Daniele ha lanciato un monito alla Regione Campania che insieme a Comune e Provincia è un ente fondatore, per l'erogazione di fondi che potranno consentire le attività culturali. «Se abbiamo un primato dobbiamo mantenerlo altrimenti, in assenza di investimenti, anche noi crolleremo». Alla inaugurazione hanno preso parte amministratori comunali e gli assessori provinciali Antonio Pentangelo (Trasporti) e Maria Lucia Galdieri (Lavoro) componenti del Cda della Fondazione Cives.

sabato 8 gennaio 2011

Un viaggio virtuale tra i resti romani

Un viaggio virtuale tra i resti romani
CORRIERE ADRIATICO - 25 NOVEMBRE 2010

Elaborato dal professor Paolo Taus

Fano Uno dei più recenti contributi allo studio sulla Fano Romana è stato dato dal professor Paolo Taus, docente al corso di laurea di disegno dell’architettura del Politecnico delle Marche, il quale ha relazionato anche al 17° Congresso Internazionale di Archeologia Classica che si è svolto a Roma. Si tratta del risultato di una ricerca corredata da ricostruzioni virtuali che mostrano lo stato originario dei monumenti. Lo studio parte dall’esame dei reperti preistorici e protostorici , con particolare riferimento all’esistenza di un “fanum” alla foce dell’Arzilla, dove più tardi sorse un santuario dedicato alla Madonna che conobbe grande importanza in epoca malatestiana; si esamina poi l’assetto della città in epoca repubblicana, quando le coorti di Cesare giunsero in città dopo aver attraversato il Rubicone, per soffermarsi in modo particolare sull’epoca augustea, quando Fano divenne colonia romana. Doveva accogliere all’interno delle sue fortificazioni il gomito della Flaminia per proteggerlo da incursioni via terra e via mare. Alla funzionalità militare fu perciò abbinata la magnificenza artistica, in cui Taus riconosce un impianto vitruviano.

venerdì 7 gennaio 2011

Nuove firme per salvare le navi romane

Nuove firme per salvare le navi romane
GIOVEDÌ, 23 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO - Pisa

PISA. Sono salite a 1.568 (ore 18 di ieri) le firme a sostegno dell’appello lanciato dagli Amici dei Musei e portata avanti da “Il Tirreno” sul sito web per far diventare lo scavo archeologico delle navi romane e il museo collegato patrimonio dell’Unesco. Quella che è stata ribattezzata la “Pompei del mare” rischia di essere cancellata entro l’estate se non arrivano fondi sufficienti. Diventare patrimonio dell’Unesco darebbe a questa grande scoperta un risalto ed una visibilità che potrebbero tenerla in vita ed evitare ciò che sta succedendo in luoghi come Pompei. Se questo non avverrà, nel 2011 alle navi romane saranno destinati solo 20.000 euro. Numerose le firme di personaggi di spicco del panorama regionale e nazionale, tra cui Enrico Rossi, Enrico Letta e Remo Bodei.

giovedì 6 gennaio 2011

Bacoli. Acquedotto di Serino, che festeggia duemila anni di servizio.

Bacoli. Acquedotto di Serino, che festeggia duemila anni di servizio.
Franco Mancusi
30/12/2010 IL MATTINO

Per un giorno niente polemiche su bollette e privatizzazioni, ma soltanto brindisi e candeline in onore dello storico acquedotto di Serino, che festeggia duemila anni di servizio. Fu il capolavoro dell’ingegneria idraulica, nei giorni dello splendore augusteo. Serbatoio prezioso della Campania, dagli anni dell’impero romano, il Serino sta per essere trasformato in uno degli impianti più moderni d’Europa. Con la riscoperta dell’iscrizione inaugurale, l’acquedotto romano festeggia questa mattina, i suoi primi due millenni di vita. Previsti, alle 10 nel castello di Baia un convegno celebrativo e il taglio di una gigantesca torta modellata dall’architetto Fabrizio Mangoni sulla sagoma della Piscina Mirabilis. Occasione storica, naturalmente, per esaltare l’importanza strategica di un’opera pubblica che nei secoli ha attraversato il territorio regionale. «La spinta ideale per completare i lavori di trasformazione dell’impianto del terzo millennio» sottolinea Maurizio Barracco, presidente dell’Arin, l’azienda che gestisce il servizio di rifornimento idrico nell’area napoletana. Una sorta di seconda inaugurazione ufficiale, dopo l’apertura di duemila anni fa. Soprintendenza Archeologica e Arin hanno predisposto un programma d’eccezione. Sarà possibile ricostruire in tempo reale, senza la minima approssimazione le vicende del monumentale impianto idrico che dalle fonti irpine del Serino, attraverso 96 chilometri di tracciato, trasferiva l’acqua sino alla Piscina Mirabilis e alle navi della flotta imperiale ormeggiata nel porto di Capo Miseno, attraverso Nola, Acerra, Napoli, Puteoli, Baia e gli altri più importanti centri della Campania. Nel corso di lavori ordinari di scavo, effettuati da una coppia di studiosi nell’area «critica» di Pozzuoli, fra Lucrino e la collina dello Scalandrone, la prima scintilla che ha fatto scattare la mobilitazione della Soprintendenza. Nel profondo di un cunicolo, con l’aiuto di sofisticate apparecchiature azionate dal laser, la scoperta dei resti di una iscrizione parietale celebrativa del giorno d’inaugurazione dell’ultimo tratto del Serino, relativo al comprensorio dei Campi Flegrei, il 30 dicembre dell’anno 10. Per il momento impossibile penetrare nella caverna, che collega il lago Lucrino al Fusaro, sulla base dei dati raccolti da due ricercatori, la naturalista Raffaella Lamagna e lo speleologo Graziano Ferrari, tuttavia è stato possibile ricostruire non soltanto il percorso, ma anche le iscrizioni del prezioso blocco tufaceo, danneggiato dall’incuria del tempo. Grazie al professor Giuseppe Camodeca, ordinario di Epigrafia Latina nell’Orientale di Napoli, è stato possibile ricostruire il testo della preziosa iscrizione celebrativa, che da oggi farà parte del patrimonio archeologico del museo di Baia, diretto dall’archeologa Paola Miniero. Dopo il convegno e la scoperta dell’iscrizione, prevista una visita nelle sale del castello.

mercoledì 5 gennaio 2011

Torre del Greco. Domus imperiale: sì al passaggio pedonale per Villa Sora.

Torre del Greco. Domus imperiale: sì al passaggio pedonale per Villa Sora.
Francesca Raspavolo
27/12/2010 IL MATTINO

Torre del Greco. Domus imperiale: sì al passaggio pedonale per Villa Sora. È arrivato nei giorni scorsi tra la soddisfazione generale il lasciapassare per il viale pedonale che condurrà all’antica residenza romana di Torre del Greco: dopo aver analizzato le piante e verificato la compatibilità ambientale, la Soprintendenza dei Beni Archeologici di Napoli e Pompei ha autorizzato la realizzazione del percorso pedonale. Un passaggio a piedi, tra il parco pubblico a verde attrezzato in località La Salle e l’area archeologica di Villa Sora, che consentirà a turisti e visitatori di muoversi in piena libertà tra le rovine. «Abbiamo ricevuto il parere favorevole dalla Soprintendenza. Un’autorizzazione fondamentale - spiega il sindaco Ciro Borriello - per consentire un’agevole fruizione e ammirare le origini di Torre del Greco, in particolare la domus imperiale Villa Giulia. Sono interventi e opportunità notevoli e senza precedenti - prosegue il primo cittadino - fortemente voluti da questa amministrazione, nel rispetto del programma di governo. Fin da adesso ringrazio il soprintendente Jeanette Papadopoulos e la direttrice degli scavi di Ercolano Maria Paola Guidobaldi per la concreta attenzione mostrata. La riqualificazione della prima periferia urbana continuerà mediante un articolato progetto finalizzato alla valorizzazione dell’area archeologica di Villa Sora. Si prevede, attraverso un percorso paesaggistico e ambientale, il collegamento del parco pubblico, ormai in fase conclusiva, con la preziosa area archeologica». A metà del nuovo anno infatti, il parco sarà consegnato alla città e collegato alla Domus Imperiale. «Sarà una testimonianza di alta civiltà è al tempo stesso un provvedimento concreto per attrarre turismo di qualità e consequenziali benefici economici e commerciali. Con questi propositi l’amministrazione sta mettendo in campo ogni possibile strategia, anche nell’ambito del Piano Integrato Urbano di Più Europa affinché possa rinascere il prestigioso e singolare parco della Domus Imperiale. Anzi, il recupero e la valorizzazione ambientale dell’area sarebbe un eccezionale risultato sia per la città che per la Campania, nonché per la ricerca storico-artistica, scientifica e culturale nazionale e internazionale». Insomma, una svolta decisiva sul fronte del turismo all’ombra del Vesuvio. «Straordinarie memorie di ieri e concreti propositi di oggi - conclude Ciro Borriello - che consentiranno di riscoprire e apprezzare un’area in cui è rappresentato non solo un percorso di civiltà, ma anche il ruolo che la città storica ha svolto nei confronti del territorio stesso. A breve, avremo l’inaugurazione del parco antistante Palazzo la Salle, che andrà idealmente a congiungersi con quello archeologico di Sora. Un momento attuativo importantissimo che diventerà una splendida e naturale unione tra presente e passato. Con questi auspici Torre del Greco deve ritrovare, attraverso il recupero e la valorizzazione dei suoi beni archeologici e ambientali, l’antica vocazione di città culturale e produttiva». Il rilancio delle risorse storiche e paesaggistiche, dunque, a cominciare dal mare: antica attrattiva turistica, anche per i residenti, da anni costretti ad andare in vacanze altrove

martedì 4 gennaio 2011

Pompei. Piovono avvisi di garanzia ma la Domus risorge in 3D

Pompei. Piovono avvisi di garanzia ma la Domus risorge in 3D
Arianna Di Genova
Il Manifesto 18/12/2010

Il sito sotto inchiesta e la Schola Armaturarum diventa virtuale

Per chi non avesse fatto in tempo a vedere la Casa dei Gladiatori lungo la via dell'Abbondanza nella città antica di Pompei, prima che crollasse rovinosamente il 6 novembre scorso, la tecnologia virtuale può essere d'aiuto. E sostituire l'originale con un doppione immateriale. È così che gli orfani del prezioso bene culturale, travolto da incuria e meteo inclemente, verranno risarciti: con tre installazioni in 3D della Schola Armaturarum, ad opera del museo archeologico virtuale di Ercolano. La prima propone una macchina del tempo, con la marcia ingranata all'indietro e offre una ricostruzione del luogo come doveva apparire nel 79 d.C.; la seconda, più didattica, racconta attraverso un filmato la storia della Schola, dagli interventi di protezione di Vittorio Spinazzola nel 1915 con l'apposizione di una tettoia metallica dotata di una copertura in eternit, fino al bombardamento alleato del 19 settembre 1943 che la squarciò, provocando un crollo parziale del muro ovest e danni alle pitture. A questa «narrazione» drammatica, segue la ricostruzione dell'ambiente nel 1946 dell'archeologo Amedeo Maiuri. In occasione dei lavori di restauro fu realizzata la struttura in cemento armato che per sessanta anni ha protetto l'edificio gravando però le strutture antiche con un peso eccessivo fino al recente collasso. Nella grande aula a forma quadrata - con un'ampia apertura verso la strada - figurano anche le pitture del IV stile pompeiano a fondo rosso. La terza installazione propone invece gli oggetti ritrovati al suo interno, al momento degli scavi: scudi, spade ed elmi utilizzati dai romani nelle parate militari. Se quindi Pompei degradata, minacciata da crolli quotidiani e sotto indagine (la magistratura ha già inviato nove avvisi di garanzia), rischia di perdere il suo appeal che ne ha fatto uno dei siti archeologici più visitati al mondo, la terza dimensione su schermo e parete tenta l'impossibile: far rivivere il fascino di quella città antica in un pullulare di pixel, un'operazione di marketing natalizio, dal sapore spregiudicato, per valorizzare un bene che, in realtà, vanterebbe un primato anche dal «vero». Una Domus ghost al posto di una costruita in mattoni più di duemila anni fa. Anche quella del Moralista attende una sua «copia» e l'elenco potrebbe continuare all'infinito perché, con i tagli operati al ministero e alla cultura, il patrimonio archeologico del Belpaese più che mantenuto in vita può risorgere soltanto con fantasiosi parchi a tema che lo reinventano. La novità è che, in fondo, anche le macerie attirano curiosi e un pellegrinaggio completo finisce per comprendere anche quelle, così da non provare la sensazione sgradita di aver sprecato il biglietto d'ingresso e perso un'occasione ghiotta: fotografare il disastro. Intanto, Pompei è diventato l'oggetto scottante di un'inchiesta giudiziaria. Lunedì prossimo, il 20 dicembre, la procura di Torre Annunziata affiderà a un esperto, l'ingegnere Nicola Augenti nominato come Ctu (consulente tecnico d'ufficio), l'incarico di accertare le cause che determinarono il cedimento delle strutture. Per i magistrati che hanno inviato gli avvisi di garanzia (fra cui all'ex soprintendente Pietro Giovanni Guzzo e l'attuale direttore degli scavi Antonio Varone, nonché l'architetto della soprintendenza Paola Rispoli e Anna Maria Laccavo, rappresentante della ditta che fece i lavori sul tetto della Schola del 2009). L'ipotesi di reato formulata è quella di crollo colposo. Nessuna calamità naturale. Nell'avviso, il pm informa della convocazione per «accertamenti tecnici non ripetibili» ricordando che le persone sottoposte a indagine possono, a loro volta, indicare dei loro consulenti. E mentre Guzzo e Varone non commentano e si dichiarano tranquilli, il ministro Bondi sembra invece scalpitare, tanto da «piegarsi» a inviare quella lettera post-comunista e piena di acredine al Pd, per scongiurare l'ipotesi della sfiducia sul suo operato. Un voto che si abbatterà sudi lui al ritorno dalle festività natalizie. E se un suo commissario (dell'area archeologica centrale romana e di Ostia antica) come Roberto Cecchi, nonché segretario generale del ministero, lancia appelli disperati che si trasformano in accuse sulla gestione noncurante del patrimonio tipo «abbiamo un solo archeologo per 1500 edifici, guadagna 1500 euro al mese e lavora anche 12 ore al giorno», per Sandro Bondi non si mette proprio benissimo.

lunedì 3 gennaio 2011

Navi romane a picco tra scavi fermi e restauri a singhiozzo

Navi romane a picco tra scavi fermi e restauri a singhiozzo
LUCIANO DONZELLA
LUNEDÌ, 27 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO - PISA

Entri nel cantiere delle navi romane e ti viene da pensare cosa farebbero gli americani se scoprissero un porto di duemila anni fa con 30 imbarcazioni e il loro carico ben conservato. Loro che intorno a una palude di acque stagnanti o a incerti graffiti sulle rocce vecchi di 7 secoli hanno costruito parchi nazionali come l’Everglades o il Canyon de Chelly, attirando milioni di turisti. Dietro la stazione di San Rossore gli scavi archeologici sono deserti, il cantiere è fermo da molti mesi. Nei laboratori all’interno gli archeologi e i restauratori, - pochi per l’enorme massa di reperti restituiti dallo scavo - continuano a lavorare stoicamente, con i liberi professionisti in scadenza di contratto, e consapevoli che ben difficilmente ci saranno i soldi per andare avanti. Altro che attrezzatissimi visitor center con musei, mostre, negozi e librerie, o lodge e villaggi di alberghi sorti intorno al sito per ospitare i turisti.
Qui non si mette insieme il pranzo con la cena, e il problema non è la miglior gestione dei reperti ritrovati in termini di marketing, ma evitare che dopo esser sopravvissuti duemila anni, questi tesori vadano distrutti da qui a pochi mesi. Con l’amara consapevolezza che sarebbe già molto riuscire a salvaguardare quanto recuperato fino ad oggi. E con la certezza che lo scavo non è esaurito, e lì intorno ci sono altre meraviglie.
“Il Tirreno” ha promosso una raccolta di firme sul sito internet (arrivate già a oltre 1600) perché il cantiere sia inserito nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità.
C’era di tutto, sulle antiche navi romane: anfore ancora sigillate e piene dei cibi dell’epoca e statue di grande bellezza, oggetti di uso quotidiano dei marinai e intere partite di prodotti “industriali”, dai balsami ai vasi di terracotta ai cesti in vimini pronti per la spedizione in porti lontani. Un mondo intero che torna a vivere nell’ordinato caos dei magazzini adiacenti agli scavi. Parte del materiale andrà a costituire il museo “in progress” (navi romane e anche dei secoli successivi) che aprirà a fine gennaio negli Arsenali medicei. Migliaia di altri pezzi sono oggetto di restauro, a partire dalle grandi navi, quelle più a rischio degrado. Perché nonostante la crisi, e grazie ai finanziamenti (14 milioni) arrivati negli anni passati, il Porto delle meraviglie oggi è comunque una realtà. Cosa che non era per niente scontata. Una realtà che ruota intorno a tre elementi, una sorta di circo a tre piste: gli scavi archeologici, il Centro di restauro del legno bagnato e il museo. Se uno solo dei tre anelli salta, rischia di saltare l’intera catena. Lo conferma il professor Camilli, direttore degli scavi archeologici. «Non può esistere uno senza l’altro. Il fatto che il museo sia stato finanziato e siamo in grado esporre la prima parte degli oggetti restaurati, non esclude, anzi implica che sia necessario continuare a scavare quanto sta ancora sotto».
Allestire il museo è costato circa un milione, più i lavori strutturali fatti dalla sovrintendenza ai monumenti. Per completarlo serve un milione e mezzo «Ma è molto più facile trovare soldi e sponsor per il museo, che è un qualcosa di tangibile, che far capire qual è la necessità reale del cantiere: e se non si manda avanti il cantiere si ferma anche il museo».
Il cantiere è fermo già da oltre un anno. I restauri invece stanno andando avanti col personale disponibile e i pochi materiali che è possibile acquistare. «Per una corretta gestione - va avanti Camilli - lo scavo dovrebbe esser chiuso in 5 anni con una spesa di un milione e 200 mila euro l’anno. E’ frustrante arrivare quasi alla meta e non poter proseguire, basterebbe poco ormai».
«Per evitarlo basterebbe appunto reperire un milione e 200 mila euro l’anno per 5 anni. Una volta finito lo scavo se si riuscisse a traformare il centro di restauro del legno bagnato in uno spin off, un ente che possa esser pagato per lavori all’esterno, l’intero complesso potrebbe essere quasi autosufficiente. È un passaggio che richiede attenzione, anche politica. Ma in Italia purtroppo i beni culturali sono considerati un semplice peso non produttivo. Il problema è che per evitare il degrado, i tempi sono ristretti: mancano i soldi per il restauro dei pezzi, che è indispensabile, ma anche per la manutenzione. Ci sono materiali che vanno trattati in tempi brevi altrimenti si rovinano. Ci sono quintali di ceramica da restaurare, ma il problema più grosso è quello dei materiali organici, a partire dal legno, che necessita di risorse urgenti.
«Se in primavera non riapriamo gli scavi - avverte Camilli - alcune imbarcazioni, soprattutto la D, sono in serio pericolo: temo il collasso del legno. L’intero patrimionio è a forte rischio, eppure manca così poco per concludere lo scavo. Però bisogna essere realisti, è impensabile continuare ad espandere il cantiere ad libitum. Meglio non mettere altra carne al fuoco, lasciare ulteriori scoperte ad ere future quando ci saranno disponbilità maggiori». Ricapitolando, nell’anno del signore 2010 il museo delle navi romane sta per aprire i battenti con 4 delle 9 sezioni visitabili, dal 16 luglio scorso dopo 6 anni di attività non è più possibile effettuare visite guidate agli scavi e ai laboratori, lo scavo archeologico è fermo da oltre un anno, il Centro di restauro del legno bagnato va avanti a scartamento ridotto e con molta fatica.

domenica 2 gennaio 2011

Il Quirinale che prende il nome dal dio Quirino poi identificato con Romolo è ancora oggi la sede della più alta istituzione

La Repubblica 21.12.10
Un libro racconta le radici dell´identità italiana nei centri urbani
Le nostre città costruite sul mito
Il Quirinale che prende il nome dal dio Quirino poi identificato con Romolo è ancora oggi la sede della più alta istituzione
di Marino Niola

Ogni città si trova all´incrocio di tre strade. Il sogno, il desiderio e la memoria. Non ce n´è una che non ripercorra continuamente questi cammini per ritrovare se stessa. Per costruire il suo passato e vivere il suo presente. In altri termini per fondarsi e rifondarsi. Ieri come oggi la città non è che la forma spaziale di un´identità collettiva. Nulla di più concreto e al tempo stesso nulla di più astratto. La materializzazione di un mito.
E proprio ai miti che raccontano l´origine delle principali città italiane è dedicato un bellissimo volume splendidamente illustrato, edito dal Monte dei Paschi di Siena (Miti di città, pagg. 444, euro 28).
Il libro, curato da Maurizio Bettini, Maurizio Boldrini, Omar Calabrese e Gabriella Piccinni, affronta di petto una grande questione. A che servono i miti di fondazione. Sono solo delle fantasie ingenue, dei travisamenti della storia, delle invenzioni poetiche, delle millantate origini?
Per rispondere alla domanda i quattro curatori hanno convocato fior di studiosi. Come Antonio Prete, Donatella Puliga, Maria Cristina La Rocca, Lionello Puppi, Monica Granchi, Luigi Spina. Fino ad Antonio Tabucchi e molti altri.
La risposta è concorde. La città senza mito è come un edificio senza fondamenta. Solo che queste fondamenta non sono poste all´inizio, ma servono a raccontare l´inizio. Sono architettate a posteriori. Come un´introduzione, che viene scritta dopo aver terminato il libro, per valorizzarne dei particolari, per orientarne la lettura. E, quel che più conta, l´inizio non è dato una volta per tutte, ma ogni epoca lo riscrive. E in questo modo rifonda la città, ne ristilizza il passato per adattarlo alle esigenze del presente.
L´esempio più noto è quello del racconto delle origini di Roma, cui Maurizio Bettini dedica un illuminante intervento. La celebre storia di Romolo e Remo, figli del dio Marte e di Rea Silvia, allevati dalla lupa capitolina viene riformulata innumerevoli volte, sia in età repubblicana che in età imperiale. Con una significativa ripresa novecentesca da parte del regime fascista. E sempre per ragioni strategiche e politiche. Come quelle di Augusto, che incarica un drago della poesia come Virgilio di trovare alla sua famiglia un´origine all´altezza delle sue ambizioni imperiali. E il poeta gli serve su un piatto d´argento l´Eneide che fa del divo Cesare il discendente del mitico Enea e di Iulo, figlio dell´eroe troiano, il capostipite della gens iulia. Cioè del lignaggio augusteo.
In questo modo l´intera vicenda di Roma viene ripensata mescolando, in una sorta di bricolage mitologico, storia e leggenda, realtà e immaginazione. Una vera e propria ricerca di padri, un´adozione a distanza. Come dire che sono sempre le ragioni del presente a costruire la narrazione e l´interpretazione del passato. E spesso la sua reinvenzione. Esattamente quel che fa oggi, peraltro senza l´eleganza virgiliana, la Lega Nord quando mescola pezzi del mito di Eridano, antico nome del Po, con brandelli di folklore celtico e frammenti di medioevo comunale per fondare un´identità padana che non ha riscontri nella storia. Ma in compenso ha molta presa politica ed emotiva perché evidentemente supporta l´attuale revisione padanocentrica della vicenda nazionale.
Spesso sono i nomi stessi dei luoghi a far riaffiorare la voce remota del mito alla superficie della città. Come avviene a Roma la cui topografia simbolica affonda nelle radici remote degli inizi. Non a caso il Quirinale, che prende nome dal dio civico Quirino, poi identificato con Romolo, è ancora oggi la residenza della prima istituzione del paese, il luogo simbolo dello Stato.
Anche Napoli è così profondamente abitata dal mito che i Napoletani si chiamano tuttora partenopei dal nome della sirena Partenope, leggendaria fondatrice della città e non si sono mai identificati con il nome del patrono san Gennaro. A differenza dei Bolognesi che si chiamano petroniani per san Petronio e dei Milanesi, ambrosiani da sant´Ambrogio.
Il mito è dunque come un palinsesto. In certi casi conserva, in altri casi sostituisce una memoria ad un´altra. E alla fondazione pagana sovrappone la rifondazione cristiana. A conferma del fatto che l´immagine della città è sempre un secolare compromesso fra memoria e oblio. Di cui il mito ogni volta verbalizza i termini. E tiene aggiornato l´archivio.

sabato 1 gennaio 2011

Rischio collasso per la Pompei del Mare

La Repubblica 13.12.10
Rischio collasso per la Pompei del Mare
Pisa, ridotti del 90 per cento i fondi per il museo delle navi antiche
Il direttore: i soldi bastano solo per la vigilanza. Appello per ottenere la tutela dell´Unesco
di Cinzia Dal Maso

PISA - «Siamo al limite dell´emergenza. Altri sei mesi senza scavare, e quest´estate ci sarà il collasso». È disperato Andrea Camilli, direttore scientifico del Cantiere delle navi antiche di Pisa. E arrabbiato per la mancanza di fondi che da due anni blocca pericolosamente i lavori nel cosiddetto "porto delle meraviglie", la "Pompei del mare". Il più grande giacimento di navi antiche mai rinvenuto: 30 imbarcazioni di cui 10 quasi integre, e con tutto il carico perfettamente conservato, persino le corde, le reti, gli oggetti personali dei marinai. Tutto sigillato dalle sabbie umide che, nelle molte alluvioni dell´Arno, hanno travolto quell´approdo fluviale per mille anni fino alle soglie del Medioevo. «La scoperta più importante di fine millennio», si gridò nel 1998 quando venne alla luce durante i lavori per un centro direzionale delle ferrovie. Si mobilitarono tutti, nell´entusiasmo generale. Le Ferrovie migrarono altrove e si scavò alla grande grazie ai proventi del gioco del Lotto. Ma, spente le luci e terminate le passerelle dei politici, la situazione cambiò. Si risollevò un poco nel 2001 e 2002 quando vennero asportate le prime due navi, emerse dal fango tutte intere con grande spettacolo. Poi di nuovo l´oblio. Mentre le navi e tutto il resto, un po´ scavati e un po´ no, rischiavano di svanire.
«Il problema è che si è voluto aprire tutto lo scavo subito, anziché scavare poco alla volta», spiega Camilli. Si è insomma scoperchiato tutto insieme il sigillo che ha conservato fino a oggi quei materiali delicatissimi in assenza di ossigeno. Per questo bisognava poi recuperare tutto al più presto. «Finora siamo sempre riusciti a tenere comunque la situazione sotto controllo - continua Camilli - Ora non più. E l´anno scorso il cantiere è stato pure travolto dall´alluvione». Nel 2002, coi riflettori puntati, al Ministero dei beni culturali si decise di proseguire lo scavo come cantiere-scuola aperto a studenti da tutto il mondo. Finanziamento previsto: un milione di euro l´anno per dieci anni. «Ma sono diminuiti sempre più, e i 300mila euro l´anno degli ultimi due anni sono bastati appena per le spese vive. Per l´anno prossimo, poi, sono previsti solo 20mila euro. Non ci si paga neppure la guardiania».
Anche perché dal 2005 quei soldi hanno tenuto in vita pure l´annesso Centro di restauro del legno bagnato, dove si studia e conserva tutto quel che viene alla luce. Realizzato solo allora (con 1.200.000 euro di fondi Cipe) grazie al ministro Urbani, dopo anni di commissioni speciali e riunioni con enti locali, università, possibili sponsor. Con la scoperta delle navi antiche, Pisa pareva aver ritrovato la sua vocazione marinara. Si progettavano sia un Centro di restauro di caratura mondiale che un grande Museo delle navi agli Arsenali Medicei. Si pensava di offrire una seconda importante attrattiva turistica a chi oggi visita solo il Campo dei Miracoli o poco più. L´università Bocconi e la Normale di Pisa elaborarono un piano di ampio respiro per una spesa di 25 milioni di euro. Poi però il ministero dovette limitarsi a un progetto da soli 2,5 milioni di euro. La prima sezione del museo (1 milione di euro da Arcus) doveva aprire in questi giorni ma, assicura Camilli, «mancano solo gli ultimi ritocchi». Aprirà probabilmente col nuovo anno. Rischiando però di diventare uno dei tanti musei statali al limite della sopravvivenza. Non erano questi i progetti, le idee, i sogni. Mauro Del Corso, presidente nazionale degli Amici dei Musei, ha lanciato un appello per candidare scavi e museo come sito Unesco (da oggi sul sito www.iltirreno.it). Si preparano interrogazioni parlamentari di deputati Pd (Realacci e Fontanelli) e Idv (Evangelisti). Si sta insomma tentando di tutto per attirare l´attenzione dell´Italia e del mondo. Perché la Pompei del mare non merita di finire così.