giovedì 29 aprile 2010

Nuova luce ai Fori per il Natale di Roma

Nuova luce ai Fori per il Natale di Roma
Gabriele Farro
Secolo d’Italia – 20/4/2010

Oggi, vigilia del Natale di Roma, in occasione del centoquarantesimo anniversario di Roma capitale, la luce tornerà a illuminare il Foro romano. L'interruttore verrà azionato alle ore 19 e secondo quanto spiega il sottosegretario ai Beni e alle attività culturali, Francesco Giro darà vita a «un’anticipazione minimalista di un progetto complessivo di illuminazione del Foro romano dalle pendici del Campidoglio fino a giungere all’Arco di Tito al quale l’architetto Castiglioni sta lavorando all’interno di una collaborazione con gli uffici del Commissario Cecchi della soprintendenza ai beni archeologici del prof. Giuseppe Proietti. Entro il mese di maggio - precisa Giro - avremo la stesura definitiva dell'intero progetto». «Nell'occasione fa sapere il sottosegretario con riferimento a quello che succederà questa sera - verrà data vita a una mostra, promossa dalla soprintendenza ai beni archeologici di Roma, sulla Gens Aemilia, la famiglia degli Emii, la più antica di Roma. E la basilica Emilia verrà illuminata integralmente». «Sarà visibile al pubblico aggiunge lo straordinario fregio decorativo della Basilica Emilia i cui frammmenti verranno esposti per la prima volta nella Curia Iulia raffiguranti episodi celebri della fondazione di Roma come il ratto delle sabine e la punizione di Tarpea. Questi rilievi in parte esposti al Museo nazionale romano di palazzo Massimo e in parte da tempo invisibili al grande pubblico saranno così illustrati dalla mostra nella loro originaria coerenza filologica. La mostra sarà anche l’occasione per esporre un ciclo di statue provenienti dalla Basilica Emilia, dalla Basilica noniana di Ercolano, da Luni, da Velleia e da Lucus Feroniae, per ricostruire e ricreare uno degli aspetti fondamentali di tutte le basiliche romane, anche della basilica Emilia, come edifici politici dove venivano esibite le immagini del potere.

martedì 27 aprile 2010

Le antiche terme si svelano sotto il cantiere

Le antiche terme si svelano sotto il cantiere
LA PROVINCIA DI COMO - Domenica 25 Aprile 2010

Como 24 aprile 2010, viale Lecco, visita guidata alle terme romane nel cantiere dell’autosilo, con Stefania Jorio della Sovrintendenza Archeologica della LombardiaTra i piloni dell’autosilo di viale Lecco i resti di epoca romana. Ieri boom di visitatori
Si è rivelata un vero successo l’apertura al pubblico del cantiere in viale Lecco, a Como. Dove, sotto gli imponenti piloni dell’autosilo in fase di realizzazione, si estende, su una superficie di oltre 2.500 metri quadrati, un vasto complesso di reperti delle antiche terme romane. In queste ultime ore sono arrivati più di cento visitatori per andare alla scoperta di quest’area archeologica.
Le visite guidate fanno parte delle iniziative preparate per la Settimana della Cultura che si conclude quest’oggi. «Erano tutti molto incuriositi e affascinati dalla possibilità di poter scendere al livello dello scavo e passeggiare in mezzo ai reperti – ha detto Stefania Jorio, responsabile della Soprintendenza per i Beni archeologici della Lombardia, nonché guida d’eccezione – e la decisione di aprirlo al pubblico con il cantiere ancora in corso si è rivelata azzeccata».
Va detto come siano sempre in corso, sull’area, i lavori per la realizzazione di un nuovo autosilo. E proprio sotto si estende questo scavo i cui lavori sono stati diretti da Stefania Jorio. «Il doppio cantiere sta seguendo la tempistica prevista. Nessun intoppo – aggiunge la responsabile della Soprintendenza – A lavori ultimati ci sarà un accesso riservato (in prossimità del vecchio Cinema Plinio) dal quale, su prenotazione, si potranno continuare a vedere gli scavi. Varcata la porta, i visitatori scenderanno tramite un’apposita scala all’interno di un percorso guidato. Predisporremo anche pannelli esplicativi».
Quando l’autosilo sarà in funzione, durante il giorno si potrà percorrere un passaggio pedonale (che collega viale Lecco a via Dante) dal quale ci si potrà affacciare sugli scavi sottostanti. «In fondo al corridoio coperto si trovano le casse del parcheggio. Speriamo che gli incivili, passando, non gettino rifiuti di sotto. Altrimenti dovremmo prendere provvedimenti».

Fabrizio Barabesi

lunedì 26 aprile 2010

Troppi ritardi e disattenzioni così affonda Roma imperiale

Troppi ritardi e disattenzioni così affonda Roma imperiale
ANDREA CARANDINI
La Repubblica, 31-03-10, pagina 25 sezione CRONACA

LA DOMUS Aurea, la Versailles di un tiranno che ha occupato grande parte di Roma, si interponeva tra i palazzi del Palatino e gli horti di Mecenate sull' Esquilino, di proprietà imperiale. Senza l' incendio del 64 d. C. questo progetto di Nerone non si sarebbe potuto realizzare. Vi erano due nuclei della domus. Il principale si trovava tra il tempio adrianeo di Venere e Roma costruito sul vestibolo della reggia neroniana - qui era il colosso del principe-sole - e il lago che esisteva dove sarà infine il Colosseo. È per costruire questo anfiteatro che il cuore della domus Aurea venne demolito dall' imperatore Vespasiano (69-79 d. C.): Svetonio, che scrisse al tempo di Adriano, apprezzava questo imperatore quanto Augusto. Il secondo nucleo della domus, a carattere più privato, si trovava sull' Esquilino. Traiano (98-117 d. C.) demolì il suo piano superiore e seppellì il piano terreno sotto le proprie terme, fondate su un enorme basamento voltato. Protetto da questo seppellimento il piano terra con le pitture e il piano superiore per un modesto elevato si sono conservati, rappresentando per Roma una Pompei. Ieri intorno alle ore 9 quaranta metri quadri di volte di queste fondazioni traianee - non la domus Aurea - sono crollati, e con essi il giardino sovrastante. Se in quel punto ci fosse stato un cittadino, sarebbe stato inghiottito nel crollo. Per una serie di anni il restauro di questa parte della domus Aurea ha riguardato solo il piano terreno. Ma dal piano superiore - dal quale si erano calati gli artisti del Rinascimento - hanno continuato a infiltrarsi radici e acque, che hanno compromesso quanto è stato fatto ed ora la domus è chiusa al pubblico. Poi la svolta. Si è deciso finalmente di partire da sopra. Ci sono voluti due anni e mezzo per l' insieme delle procedure e un anno solo per la validazione del progetto - lungaggini che non convengono al nostro patrimonio. Appena il Comune consegnerà l' area del sovrastante giardino, comincerà lo scavo del piano superiore e il suo isolamento, premessa di ogni successiva manutenzione. Mai crolli non attendonoi nostri tempi burocraticie improvvisamente si manifestano, confermando l' allarme lanciato ormai da anni: il centro archeologico di Roma è pericolante e cede. Se non interveniamo e con prontezza, come ora si sta facendo, rischiamo una rapida rovina. È questa una emergenza vera. È uscito sull' argomento un libro di Robero Cecchi, Roma Archaeologia (Electa), che è un primo rapporto, cui ne seguiranno altri. Il Consiglio superiore per i Beni culturali, segue da vicino l' operazione e ha già esaminato e approvato un secondo rapporto. Che fare? Cominciare subito il primo lotto di lavori, pari a due milioni e mezzo di euro,e per questo mi appello al Sindaco, sicuro di un suo immediato intervento nel concedere il giardino. Questo primo lotto (tratto dai fondi per Roma Capitale) riguarda la parte affrescata del monumentoe sarà completato entro un anno e mezzo. Devono poi seguire, in rapida successione, altri quattro lotti di lavori, per una cifra complessiva di dieci milioni di euro. Il rilievo al laser skanner e la progettazione, attuata in collaborazione con l' Università di Roma La Sapienza, sono stati finanziati dalla protezione civile. Il commissario per la domus Aurea è l' ingegnere Luciano Marchetti (senza poteri speciali), già funzionario del Ministero per i Beni Culturali: lo stesso che si occupa del patrimonio dell' Aquila. Solo la prevenzione consentirà di evitare i crolli, il cui il triste rimedio risulta sempre assai più caro della cura preventiva. Ad esempio, il ripristino dei 40 metri quadri di volta crollata costerà 350.000 euro circa. Ora bisogna prima puntellare e poi ricostruire quanto crollato, ma non avremo più che quel che si aveva fino a ieri, ma un simulacro, certamente necessario, ma pur sempre un simulacro. Mentre si attuanoi lavori, occorre predisporre anche a un progetto di valorizzazione, che, oltre a offrire ottimi servizi, sappia raccontare Nerone e la sua folle reggia, in cui invitava anche il popolino: era il set televisivo di allora. Si potrebbe pensare a qualcosa di analogo a quanto ha ottimamente realizzato Piero Angela sotto il palazzo della Provincia. Che quel giorno possa venire, al più presto!

sabato 24 aprile 2010

C'era una volta la città eterna. Ora Roma crolla a pezzi

C'era una volta la città eterna. Ora Roma crolla a pezzi
di Stefano Ciavatta
mercoledì, 31 marzo 2010 IL RIFORMISTA

Archeologia. In un giorno solo viene giù il soffitto di una delle gallerie nella zona della Domus Aurea e si stacca un pezzo delle Mura Aureliane. Un «rischio fisiologico» per Broccoli che cita Flaiano: «Meno inaugurazioni, più manutenzione». Per Coarelli mancano i fondi ordinari ma «attenti ai privati: investiranno solo sul Colosseo». Per Carandini l'emergenza «è un incubo».
Una voragine nei giardini di Colle Oppio, di fronte al Colosseo e all’interno del complesso della Domus Aurea. Un crollo che ha allarmato molti, sia per la vistosità delle dimensioni, con i 60 mq delle volte di una delle gallerie traianee e lo smottamento del terreno che ha coinvolto 130 metri quadri dell'intera area. Ma anche per l’imprecisione della notizia data in mattinata: «Il crollo non ha riguardato un ambiente della Domus Aurea - ha spiegato Giuseppe Proietti, sovrintendente archeologico di Roma - ma una delle gallerie delle terme di Traiano, un ambiente chiuso, assegnato dagli anni venti del Novecento al comune di Roma e adibito a deposito di materiali archeologici». Un ridimensionamento della preoccupazione che conferma anche il sovrintendente ai Beni culturali del Comune di Roma, Umberto Broccoli: «Sotto quelle volte c'era un magazzino di secondo scarto, un punto mai stato aperto ai turisti». Ma evidentemente era giornata, perché una porzione delle Mura Aureliane ieri si è staccata all'altezza dell'Arco di via Nola e i frammenti hanno colpito una macchina di passaggio senza provocare feriti. Particolarmente delicata è anche la situazione degli acquedotti, nella zona a sud di Roma, alle Capannelle. Sorvegliati speciali sono gli acquedotti Claudio, Felice e la Villa dei Sette Bassi.

Roma vacilla? «A Roma la situazione è complessa - spiega al Riformista Broccoli - quel muro aveva soltanto millenovecento anni... Siamo a contatto ogni giorno con il patrimonio più antico del mondo. Il rischio è fisiologico. Piuttosto dobbiamo creare la consapevolezza che bisogna vivere con l'idea di una manutenzione ordinaria, non affidata a interventi straordinari. Ennio Flaiano diceva “Non fondiamo l’Italia solo sulle inaugurazioni”, quindi lavoriamo su quello che c’è».

Per l'autore della più celebre guida archeologica della capitale, Filippo Coarelli, archeologo e professore di antichità greche e romane all'Università di Perugia, i problemi sono due: «È molto chiaro che c'è chi grida al lupo per altri fini. Sono secoli che crolla il Palatino ma in realtà è stato anche ben restaurato. Così come il Colosseo a cui manca solo la manutenzione ordinaria. Si fanno solo grandi appalti che producono enormi e costosissimi restauri, mentre sarebbe meglio dare i fondi per l'ordinaria amministrazione. Insomma, dovrebbe funzionare come se dentro ai monumenti ci abitassimo e potessimo accorgerci anche della minima crepa o perdita».

Alla lunga questa assenza di ordinarietà cosa può comportare? «La mia impressione quando si vuole gridare al lupo è che si voglia premere sull'amministrativo. La tendenza per la privatizzazione c'è. Non si danno i fondi alla sovrintendenza. L'Istituto del restauro, il più importante del mondo, un modello che ha fatto scuola, non ha da pagare l'affitto della propria sede, e infatti lo sbattono fuori. Se questi luoghi diventano fondazioni, i privati saranno interessati a mantenere le cose redditizie, dal Colosseo a Pompei ma non le altre che spesso però sono le più importanti. Ogni anno i fondi si dimezzano, la Scuola italiana di Atene, la nostra facciata più prestigiosa all'estero, non ha i soldi per pagare le bollette». Ci sono altre zone della capitale in pericolo? «Per forza ci sono, la stessa zona della Domus Aurea è soggetta a infiltrazioni per via dei giardini. Ma un restauro vero costa, e dopo alcuni anni viene giù tutto. Poi c'è sempre meno personale ed è sempre meno motivato, la situazione è drammatica».

Tanto drammatica che per l'archeologo Andrea Carandini, presidente del consiglio superiore dei Beni Culturali, i crolli «sono un autentico incubo: possono avvenire qui alla Domus Aurea, alle Mura Aureliane, al Palatino. La situazione è precaria, lo vado dicendo da tempo e il ministero lo sa. È una corsa contro il tempo. La cosa importante è che comincino subito il lavoro di scoperchiatura della Domus Aurea, per garantirne l'impermeabilità. Si tratterà di un intervento delicato e importante. Per il primo lotto ci vorrà un anno e mezzo». Quindi l'allarme è giustificato? «É giusto che ci sia l'allarme. Anche se non amo le soluzioni eccezionali, la situazione è veramente d'emergenza e non sarà cosa da poco questo intervento alla Domus Aurea. Per fortuna esistono dei commissari come Cecchi e Marchetti che stanno affrontando bene la situazione ma si comincia soltanto ora, ovvio che si sconti tutto il regresso. Ho fiducia nel ministero, se gli si da il tempo per intervenire i problemi si risolvono».

Che tempistiche ci sono? «Aspettiamo l'inizio dei lavori da due anni e mezzo, purtroppo ci sono delle lunghezze burocratiche insite nel lavoro delle soprintendenze che sono fatali. Il commissario Marchetti ha dovuto aspettare un anno solo per l'approvazione del progetto. Sarebbe già tanto se entro quattro anni al massimo si riuscisse a concludere tutto». Errori precedenti? «Nel passato si è partiti dal basso senza pensare alle volte e soprattutto al fatto che sopra a quelle volte c'è un giardino, con acqua che scende. L'importante ora è che si cominci. Anche se le volte crollate oggi, per esempio, saranno ricostruite ma da Marchetti che è un ingegnere, non da Traiano».

Intanto ieri sopralluogo immediato di Sandro Bondi: «Sono preoccupato, abbiamo fondi ragguardevoli e questo episodio può indicare al governo che ci vorrebbe un piano straordinario per salvaguardare il patrimonio storico del Paese soprattutto quello di Roma».

lunedì 19 aprile 2010

Sarcofago romano scoperto a Sant’Abbondio

Sarcofago romano scoperto a Sant’Abbondio
Lorenzo Morandotti
Corriere di Como, 31-3-2010

Como 29 marzo 2010, manica lunga della basilica di Sant'Abbondio dove è stato rinvenuto un sarcofago durante gli scavi

ARCHEOLOGIA LARIANA Gli scavi preliminari della Soprintendenza previsti prima dell’intervento sulla “Manica lunga”

Il mistero da dipanare è chi, in quel sudario di pietra, fosse sepolto. Forse si tratta di una persona importante. Non resta nulla dell’antico inquilino. Né lo scheletro né monili o insegne.
Qualcosa di più potrà dirlo forse, se sarà possibile decifrarla compiutamente, l’iscrizione che è stata ritrovata sul sarcofago di epoca romana scoperto di recente durante una serie di scavi preliminari, propedeutici all’avvio dell’intervento per la riqualificazione dell’edificio “Manica lunga” nel compendio di Sant’Abbondio, tra Chiostro e chiesetta dei Santi Cosma e Damiano.
Un edificio che, una volta ristrutturato, ospiterà gli studi per i docenti della facoltà di Giurisprudenza dell’Università dell’Insubria di Como.
I lavori, per cui la Regione Lombardia staccherà un assegno di 1,7 milioni di euro, dovrebbero iniziare entro la primavera e dovrebbero terminare entro 760 giorni, riducendo al termine del cantiere la frammentazione delle sedi universitarie comasche.
La scoperta del sarcofago era dunque preventivata, come spiega il responsabile dell’Ufficio Tecnico dell’Università degli Studi dell’Insubria, l’ingegner Enrico Cossovich: «Abbiamo concordato le indagini preliminari al piano interrato con la Soprintendenza, dato che si sospettava che la zona fosse di interesse archeologico».
La stessa Soprintendenza sta stilando come prescrive la prassi in questi casi una relazione che pubblicherà sul proprio bollettino. Stefania Jorio, responsabile della Soprintendenza per i Beni archeologici della Lombardia, anticipa qualche dettaglio: «Siamo intervenuti in tre ambienti distinti della “Manica lunga”. Abbiamo trovato la vasca in pietra di un sarcofago priva di coperchio, e già riutilizzata come vasca per altri impieghi. Il sarcofago è di epoca tardoantica o romana, ed è già stato messo in sicurezza al centro dell’ambiente in cui è stato rinvenuto e avvolto in un telo. Al termine dei lavori, sarà collocato in un luogo idoneo per poter essere ammirato dai visitatori».
Ma non è tutto. L’intervento archeologico previsto nell’ambito degli studi preliminari alla realizzazione della nuova “Manica lunga” nell’area di Sant’Abbondio ha permesso di scoprire altre tracce più recenti della Como del passato, in una zona adibita secondo gli studiosi a necropoli: in un altro dei tre ambienti scavati nello studio preliminare della Soprintendenza è stata scoperta una vasca circolare impermeabilizzata con cocciopesto (una sabbia ottenuta da laterizi frantumati molto usata in antichità) che veniva probabilmente utilizzata per qualche attività artigianale. Ed è stata trovata anche una grande fossa di cinque metri di lato riempita con materiale edilizio di età romana.
Ulteriori indagini sono in agenda quando si provvederà allo scavo di una base per un vano ascensore. L’importante è ora individuare l’iscrizione nella sua corretta leggibilità, per quanto è possibile. «È molto deteriorata», commenta Stefania Jorio.

Lorenzo Morandotti

Segreti, denari e sculture luce sulla Basilica Emilia una storia di famiglia

Segreti, denari e sculture luce sulla Basilica Emilia una storia di famiglia
CARLO ALBERTO BUCCI
MERCOLEDÌ, 21 APRILE 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Nella Curia splendono i denarii coniati da M. Emilio Lepido con la raffigurazione del suo omonimo antenato che incorona Tolomeo V d´Egitto. Ma fuori ci sono anche le monete squagliate sul pavimento della Basilica Emilia quando venne incendiata dai Visigoti nel 410 d.C. Tra l´interno della Julia e l´esterno del Foro si articola la mostra che ricostruisce la storia degli Aemilii attraverso i frammenti del loro glorioso passato, tra scultura e architettura, memorie familiari e storia di Roma.
Curata da Maria Antonietta Tomei e Patrizia Fortini (in catalogo testi di Klaus Stefan Freyberger e Matteo Cadario) l´esposizione ha un carattere permanente poiché i bassorilievi della basilica, da almeno cinquant´anni ricoverati e nascosti in un ufficio della Soprintendenza archeologica, e l´edificio stesso fondato nel 179 a.C. dagli Emili nel Foro, godono da oggi di un inedito allestimento e di una nuova luce.
Le scene con il Ratto delle Sabine e con la Punizione di Tarpea sono accompagnate da busti e statue provenienti anche da altre basiliche (Ercolano, Lucus Feroniae, Luni) per ricreare idealmente la galleria di ritratti di famiglia che ornava l´edificio dedicato alla giustizia e ai commerci. I quattro bassorilievi superstiti, alti 75 centimetri e frutto di un paziente restauro e rimontaggio dei frammenti, decoravano l´interno della Basilica Emilia e furono ritrovati a pezzi negli scavi degli inizi del secolo scorso. Opera d´età augustea, ma per studiosi come Filippo Coarelli invece dell´80 a.C., questa narrazione in marmo pentelico è una riscoperta e resterà per sempre, insieme agli straordinari bassorilievi d´età traianea, dentro la Curia.
A far rivivere all´esterno il portico della Basilica Emilia, ci ha pensato Piero Castiglioni con un´illuminazione che suggerisce l´alzato delle magnifiche colonne in marmo africano, all´interno di un progetto di nuova illuminazione dei Fori che, ha detto ieri il sottosegretario Francesco Giro, si completerà nel 2011. A maggio intanto riaprirà alle visite il tempio di Venere e Roma mentre si prevede che per l´estate sia visitabile anche la casa delle Vestali.

domenica 18 aprile 2010

Le vestigia romane dell'antica Kroton

Le vestigia romane dell'antica Kroton
Giuliano Carella
LA GAZZETTA DEL SUD, 18 APRILE 2010

Affiorati i resti di un edificio disposto su più piani databile tra il primo e il sesto secolo d.C.

Crotone scopre di essere stata anche una splendida e monumentale colonia romana, con terme, mausolei ed edifici gentilizi. Non solo, dunque, una città-stato tra le più potenti della Magna Grecia che, tra la fine del VI e la metà del V secolo a.C., sulla spinta di Pitagora, estese i suoi confini dallo Jonio al Tirreno, dalla Sibaritide (parte nord-orientale della Calabria) allo Stretto; nel periodo di maggior espansione, economica e territoriale, dopo l'epica vittoria su Sibari (510 a.C.). La gloriosa città ionica fu, con ogni probabilità, anche una delle mete più frequentate dai discendenti di Romolo e Remo. A testimoniarlo è la straordinaria scoperta archeologica fatta lo scorso 8 aprile in un cantiere cittadino del centro storico. Dagli scavi di Discesa Fosso sono affiorati i resti di un edificio d'età romana, disposto su più piani, provvisto d'impianto termale e con vista mare, databile tra il primo e il sesto secolo dopo Cristo. «Dal 1970 ad oggi – spiega il responsabile territoriale della Soprintendenza dei Beni archeologici e culturali della Calabria, Domenico Marino –, ovvero dagli anni in cui si avvia a Crotone l'attività archeologica in senso stretto, non erano mai stati rinvenuti insediamenti romani di tali proporzioni in città, tantomeno nell'abitato medievale».
Tracce romane a Crotone erano state rintracciate solo qualche chilometro più a sud del centro storico, nelle vicinanze del promontorio di Capocolonna, dove era anche situato il santuario di Hera Lacinia. Nel centro cittadino, invece, erano stati rinvenuti alcuni mausolei funebri, ma mai costruzioni civili. Il ritrovamento di questa "domus", adesso, riscrive la storia antica di Crotone. Gli archeologi non sono ancora risaliti all'originario utilizzo della struttura: si pensa potesse essere sia di proprietà gentilizia, che di uso pubblico. Ma l'impianto termale rinvenuto all'interno dell'edificio e la panoramicità del suo posizionamento presuppongono, comunque, tutta una serie di ulteriori opere d'urbanizzazione - come l'acquedotto e un sistema di cisterne per portare l'acqua a monte - che individuano, quell'area, al pari di un cosiddetto "quartiere in" dell'età romana. Dalle poche fonti storiche disponibili si era ricostruito che l'epoca della dominazione romana fosse stata il periodo di maggior ridimensionamento per l'antica Kroton. La città, infatti, aveva subito prima i saccheggi e le scorribande dei popoli italici, lucani e bruzi (379- 205 a.C.); poi, la punizione "esemplare" da Roma per aver dato il proprio appoggio a Pirro e ad Annibale nella guerra contro i Cartaginesi (seconda Guerra punica, 202 a.C.). Kroton fu così ridotta al rango di colonia come "ager publicus" per i soldati romani. Con questo ritrovamento, invece, l'età imperiale si rivelerebbe essere stata, per Crotone, un ultimo scorcio di magnificenza, consumato tra agi e viste panoramiche. Se non per tutti, almeno per i più possidenti fra i circa 300 coloni di stirpe romana che si spostarono nel centro ionico. La data d'abbandono della struttura, secondo gli esperti della Soprintendenza, dovrebbe coincidere col V-VI secolo dopo Cristo: pressappoco con la distruzione della città ad opera dei Longobardi guidati da Arechi (596 d.C.). Quella rinvenuta nella parte terminale di discesa Fosso, a Crotone, doveva essere proprio una costruzione magnificente. Basti sapere che in appena 19 giorni di scavi sono venuti alla luce i rivestimenti marmorei, le pareti intonacate col rosso e col nero in pieno stile pompeiano, la fine scalinata interna, i passaggi con pavimentazione a mosaico e il classico reticolato murario tipico dell'architettura imperiale. Discesa fosso, a Crotone, è una via dell'abitato medievale che conduce a piazza Castello. Da qui è possibile accedere alla fortezza aragonese di Carlo V. In principio, però, la via non esisteva: era il dislivello che separava il rivellino del fosso (zona mare) dal bastione Pedro Nigro del Castello. Successiva all'epoca dell'impero di Carlo V, fu la realizzazione di questa grande rampa, sostenuta da archi in pietra, che permetteva di accedere alla parte più alta della fortificazione. A piazza Villaroja, solo poche settimane prima del ritrovamento della "domus" romana, erano affiorati i resti di una struttura di culto d'età paleocristiana. In Discesa Fosso gli scavi (condotti dall'equipe guidata dall'archeologa Chiara Raimondo) andranno avanti anche nelle prossime settimane. Lo ha assicurato il sindaco della città Peppino Vallone. Amministrazione comunale e Soprintendenza calabrese, di concerto, stanno adesso valutando come rendere per sempre fruibile ai visitatori gli straordinari reperti archeologici di Discesa Fosso.

Se crolla la Domus Aurea la casa maledetta di Nerone

Se crolla la Domus Aurea la casa maledetta di Nerone
CORRADO AUGIAS
La Repubblica, 31-03-10, pagina 134 sezione PRIMA PAGINA

LA STRANEZZA non è il crollo avvenuto ieri mattina nella volta di un corridoio. La vera, miracolosa, stranezza è che la Domus Aurea stia ancora in piedi, anche se ridotta quasi alle sole strutture, dopo tutto quello che ha passato nei secoli, ridotta da splendida dimora a tenebroso luogo sotterraneo. Averla resa di nuovo visitabile, qualche anno fa, è stata un' opera meritoria perché l' ex dimora neronianaè senza dubbio uno dei luoghi più affascinanti rimasti dalla Roma classica. Da dove viene questo fascino? In fondo si tratta di nude mura, di ambulacri, opere in laterizio ravvivate solo a tratti da resti di affreschi o di mosaici. La prima volta che potei visitarla, molti anni fa, una delle cose che più mi colpirono furono alcune tracce di nerofumo sugli alti soffitti affrescati di una delle sale. Erano le tracce emozionanti (tuttora visibili) lasciate dai visitatori che per un paio di secoli, tra Cinquee Seicento, si calavano in quelle stanze aprendo a colpi di piccone un foro nel prato soprastante. Sotto un esiguo spessore di terra s' incontrava la resistenza di una struttura in mattoni, bucati anche quelli, i colpi rimbombavano nell' oscuro vuoto sotterraneo. Quegli esploratori erano per lo più archeologi e artisti. Si calavano nella stretta apertura e rannicchiati nel ridottissimo spazio tra la volta e la terra che colmava quasi per intero l' ambiente, scrutavano gli affreschi all' incerta luce di fiaccole: forme vegetali miste a figurette umane o animali di rado realistiche, quasi sempre immaginarie, un mondo fantastico in cui umano, vegetale e animale si fondono in figurazioni tra lo scherzo e l' allucinazione. L' aggettivo "grottesco" per indicare qualcosa di stravagante, bizzarro, innaturale, viene appunto da quelle "grotte". Ma come mai quegli ambienti che erano nati per essere inondati dalla luce e dallo splendore degli ornamenti, si erano trasformati in oscuri antri sotterranei riempiti quasi per intero di terra? Nerone aveva concepito la sua nuova dimora imperiale dopo il devastante incendio del 64 di cui era stato accusato di essere l' autore. Per rivalsa, per megalomania, per quella follia che pareva averlo colto anche se giovanissimo (al momento dell' incendio aveva solo 27 anni, morirà avendone 32), per una qualche ragione legata al capriccioso esercizio del potere assoluto, l' imperatore s' era fatto progettare una smisurata magione. Per capirne la magnificenza e le dimensioni basta pensare che una statua alta trentacinque metri (un edificio di dodici piani) entrava nel vestibolo. È considerato probabile che da questa immane figura abbia preso nome, nel Medio Evo, il Colosseo. Lo scultore greco Zenodoro aveva raffigurato l' imperatore nudo, con attributi solari, il braccio destro proteso, il sinistro ripiegato a sorreggere un globo. Da una corona posta sulla fronte si dipartivano sette raggi (lunghi sei metri l' uno) raffigurazione del potere assoluto e di quel Sole con il quale l' uomo voleva essere identificato. La casa, assicura Svetonio nelle sue Vite dei Cesari, comprendeva tre portici lunghi un miglio «uno stagno, anzi quasi un mare, circondato da edifici grandi come città. Alle spalle ville con campi, vigneti e pascoli, boschi pieni di animali domestici e selvatici». Ancora: «Le sale da pranzo avevano soffitti coperti di lastre d' avorio mobili e forate in modo da consentire la caduta di fiori e di profumi». Abbondavano i marmi spesso alternati tra di loro a formare quelle policromie nelle qualii romani eccellevano. Erano pietre che arrivavano dalla Spagna, dalla Numidia, dalla Tripolitania, dall' Egitto, dall' Asia, dalla Grecia, dalle Gallie, dalla Cappadocia. Diverse per coloree tessitura, uniche per durezza e bellezza del disegno, per secoli i marmorari romani le chiameranno con nomi che evocano da soli un' epoca: "portasanta", "lumachella orientale", "pavonazzetto", "serpentino", "granito degli obelischi", "africano", e la più pregiata di tutte, il "porfido rosso" riservato all' imperatore. C' era poi il grande lago che a sentire Svetonio, che talvolta esagera, sembrava un mare; riempiva la valle dove più tardi sarebbe sorto l' anfiteatro Flavio (il "Colosseo"). La dimora era talmente vasta che, si dice, Nerone non ebbe mai il tempo di visitarla per intero anche perché nemmeno quattro anni dopo averla fatta costruire sopraffatto dalla rivolta delle legioni preferì farsi trafiggere da un liberto. Quelle meraviglie gli sopravvissero di poco. Già i suoi successori provvidero a demolirle in larga parte. Domiziano fece abbattere gli edifici sul Palatino, altri fecero colmare di macerie il lago per predisporre il terreno alla costruzione dell' anfiteatro, Adriano fece demolire il vestibolo della Domus per innalzare il tempio di Veneree Roma. Il padiglione sul Colle Oppio (quello che ha subito il crollo della volta) sopravvisse fino al 104 quando un incendio lo distrusse in parte. Poi arrivò Traiano che sull' area volle che sorgessero le sue terme. L' architetto Apollodoro di Damasco fece abbattere gli ambienti superiori, colmare di terra i sottostanti trasformandoli così in un immenso cubo da sfruttare come fondazione per i nuovi edifici. Ori, affreschi, marmi annegarono sotto tonnellate di terra e di detriti, alla magnificenza si sostituì la rovina, alla luce le tenebre. Proprio a quella rovina si deve, per paradosso, la parziale conservazione di questa testimonianza. E forse anche al crollo di ieri dovremo gratitudine: Il ministro della Cultura Bondi ha commentato: «Questo episodio può indicare al governo che ci vorrebbe un piano straordinario per salvaguardare il patrimonio storico del Paese soprattutto quello di Roma». Meglio tardi che mai.

sabato 17 aprile 2010

Agricoltore trova un sarcofago in un campo

Agricoltore trova un sarcofago in un campo
31 MARZO 2010, CORRIERE ADRIATICO

La bara è stata posta sotto sequestro. Risalirebbe a circa 2000 anni fa, interessata la Soprintendenza

Corridonia Un sarcofago in un campo. A fare l’incredibile scoperta è stato un agricoltore di Corridonia, che ieri pomeriggio ha notato l’antichissima bara, che stando a quanto emerso dai primi accertamenti risalirebbe a circa 2000 anni fa. Un contenitore di grande valore. L’uomo ha subito avvertito i carabinieri, che sono giunti sul posto. Insieme ai militari dell’Arma della locale stazione, sono arrivati anche i vigili del fuoco del comando provinciale di Macerata, i quali hanno provveduto a portare il sarcofago al centro archeologico di Urbisaglia, dove è posto sotto sequestro. E’ stata interessata anche la Soprintendenza ai beni archeologici, che studierà il reperto per collocarlo dal punto di vista temporale e per stabilire la sua provenienza. Non si esclude che la bara (al cui interno non sarebbero stati rinvenuti resti umani) possa essere stata oggetto di furto. In tal caso qualcuno potrebbe avere lasciato provvisoriamente il sarcofago nel campo (vicino al tiro a volo), per poi portarlo via in un secondo momento. Ma il piano non è andato per il verso giusto a causa del curioso agricoltore di Corridonia, a cui quella strana presenza non è passata affatto inosservata. I carabinieri hanno avviato le indagini di rito. Al momento gli accertamenti proseguono a trecentosessanta gradi e non viene esclusa alcuna ipotesi. Il sarcofago è un contenitore, solitamente di pietra, destinato a custodire una bara o il corpo di un defunto. L'uso del sarcofago è strettamente connesso con il rito funebre dell'inumazione. Nell'Antico Egitto, il sarcofago era lo strato esterno di protezione per una mummia reale egizia, con diversi strati di bare uno dentro l'altro. I sarcofagi non erano molto conosciuti in Grecia (dove si praticava la cremazione), ma piuttosto nelle zone di influenza egizia e fenicia. I sarcofaghi sono di solito dei cassoni rettangolari, scolpiti o dipinti. Alcuni erano costruiti come parte di una tomba elaborata, altri per essere sepolti o messi in cripte. Nel mondo romano gli esempi sono scarsi fino al I secolo dopo Cristo, quando, per effetto di religioni come quella cristiana, si andò diffondendo l'inumazione. Dopo un periodo in cui la forma tipica fu quella a cassone rettangolare, dopo il II secolo si andarono diffondendo quelli a tinozza.

venerdì 16 aprile 2010

Rivivono le domus della "città sepolta" - Così Pompei cambia volto

Rivivono le domus della "città sepolta" - Così Pompei cambia volto
STELLA CERVASIO
VENERDÌ, 16 APRILE 2010 LA REPUBBLICA - Napoli

Per la "Settimana della Cultura" visitabili gratis i Casti Amanti e la Casa di Giulio Polibio, prima dimora "multimediale"

Due nuove domus da visitare in maniera insolita, la Casa dei Casti Amanti dove si potrà assistere agli scavi in diretta e quella di Giulio Polibio, con ologrammi di antichi pompeiani che si raccontano. Il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi ha voluto far partire da Pompei anche le iniziative della Settimana della Cultura: uno spot e una sciarpa da portare allo stadio, con lo striscione e musei gratis per tutti per il dodicesimo anno. E nell´area archeologica tante iniziative annunciate dal commissario Fiori, da giugno prorogato: la Baby Pompei a cura dell´"inventore di Città della Scienza" Silvestrini, il teatro restaurato e con una nuova stagione, come nei primi anni Ottanta. E ancora: un percorso per cicloamatori, un archeoristorante nella Casina dell´Aquila con il meglio del made in Campania.

Giulio Polibio è un signore bassino, con i capelli sale e pepe e le mani grosse da ex liberto. Parla e gesticola sul pavimento di marmo, "status symbol" da nuovo ricco, e sembra che un vento colorato lo attraversi. Racconta della sua vita a Pompei, di sua figlia che aspetta un bambino, della paura per l´eruzione del Vesuvio. Quello vestito con la toga romana è un ologramma, compare sulla porta per guidare la visita multimediale alla sua domus nell´area archeologica di Pompei. È un nuovo episodio del programma "PompeiViva" avviato dal commissario delegato per l´emergenza Marcello Fiori presentato ieri dal ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, che ha elogiato i risultati ottenuti per il sito e per la prima volta è apparso anche con il neo governatore della Campania Stefano Caldoro.
Dati in crescita, quelli forniti dal direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale Mario Resca (più 25 per cento di visitatori, aumenti anche nell´indotto). Bilancio positivo quello del commissario Fiori («il primo budget era di 40 milioni di euro, ne abbiamo già spesi 37, oltre il 90 per cento di risorse è stato destinato alla messa in sicurezza e alla tutela del patrimonio»).
Due le novità per la dodicesima Settimana della Cultura che il ministro ha voluto lanciare da Pompei. La prima è la visita alla domus di Giulio Polibio, con la proiezione animata del proprietario, volto e aspetto fisico ricostruiti grazie allo studio degli scheletri ritrovati nella casa. In altre cinque zone si è fatto uso di installazioni sonore: nell´atrio risuonano i rumori della strada e il battere del martello nelle stanze che erano in corso di ristrutturazione quando il vulcano la seppellì. Rivive anche la cucina, con i suoni delle suppellettili, il pestare del mortaio e del fuoco scoppiettante, di una piccola macina. Nel peristilio e nell´impluvium lo scroscio dell´acqua e la voce sottile del vento, ma anche quella degli uccelli.
È la prima volta che nelle stanze vuote di Pompei vengono collocati elementi di arredo, come tavoli, letti o armadi, tratti dai soli modelli disponibili, quelli di Ercolano. Il percorso sonoro "Opera regio IX" è di Claudio Rodolfo Salerno, presidente dell´Istituto per la diffusione di scienze naturali, mentre le retroproiezioni sono di Pfm Multimedia.
I primi a realizzare nel 2001 la ricostruzione virtuale in 3D della casa, con un bellissimo video, che viene riproposto, furono gli esperti di Altair4 Multimedia, con la supervisione degli studiosi autori dello scavo e delle scoperte, per un progetto dell´Università di Tokyo. Il complesso delle ricerche condotte sulla parte naturalistica della Casa di Polibio è del laboratorio di ricerche applicate di Pompei, diretto da Annamaria Ciarallo.
L´altra novità viene chiamata "cantiere evento" perché l´anno scorso una pioggia di fango rischiò di seppellire daccapo tutta la domus dei Casti Amanti, trovata nel 1987 e aperta ora al pubblico per la prima volta. Un fittissimo labirinto di passerelle metalliche sovrasta i resti, consentendo ai visitatori di avere una visione d´insieme dell´intera insula, secondo il progetto dell´archeologo Antonio Varone, direttore dell´Area archeologica di Pompei. Si vedono da vicino la dentatura e le ossa rotte dei sette muli bardotti morti per lo sprofondamento del tetto delle due stalle. I poveri equini dell´antica Pompei, ormai raro risultato di incrocio tra cavallo e asina, sono stati studiati per anni nell´ambito delle ricerche dello stesso laboratorio che è il fiore all´occhiello di Pompei, ma ancora non erano stati mai mostrati. Si vede anche una cisterna che forniva acqua alla panetteria: tutto era in movimento quando i gas bollenti del vulcano lo bloccarono in una tragica fotografia.


Gli orari

Ingressi fino al 25 aprile un tesoro trovato nel 1987 e mai aperto al pubblico

La Casa dei Casti Amanti e quella di Giulio Polibio, la prima domus di Pompei con installazioni multimediali, saranno visitabili gratuitamente in occasione della "Settimana della cultura", da oggi al 25 aprile. La casa dei Casti Amanti, che prende il nome dal famoso affresco, venuta alla luce nel 1987, non era mai stata visitabile. Oggi è stata un trasformata in un cantiere "trasparente" dove è possibile seguire il lavoro degli archeologi. Nella casa di Polibio, la novità lanciata per la Settimana della Cultura, un ologramma raffigurante il proprietario della casa accoglie i visitatori e narra la storia della sua famiglia e dell´eruzione. Le sue fattezze sono state riprodotte grazie allo studio dei calchi. Orari di visita: 10-12,16-18 per Giulio Polibio con visita in inglese alle 14; 9-11-15-17 con visita in inglese alle 13 per la Casa dei Casti Amanti. La prenotazione è obbligatoria: 199 104 114; dall´estero e cellulari 06 3996 7850 dal lunedi al venerdi dalle 9-18, sabato 9-14.

Alla scoperta del monumento mai visto visitatori sul "terzo anello" e negli ipogei

Alla scoperta del monumento mai visto visitatori sul "terzo anello" e negli ipogei
CARLO ALBERTO BUCCI
MARTEDÌ, 13 APRILE 2010 LA REPUBBLICA - Roma

Per i restauri servono 23 milioni di euro. Il ministero cerca sponsor ma promette: "Niente pubblicità sui ponteggi" Alla fine di luglio l´apertura del livello più alto dell´Anfiteatro e quella degli spazi sotterranei dopo gli interventi di pulitura


Il paesaggio mozzafiato sulla città, e sul Colosseo stesso, che si gode dal "terzo anello", piano dal quale si sporse Alberto Sordi interpretando il tragicomico tentativo di suicidio di Nando Moriconi in Un americano a Roma. Ma anche un terzo dei sotterranei nei quali venivano tenute le belve prima che venissero immesse nell´arena. Entro luglio due nuovi spazi dell´anfiteatro Flavio verranno restituiti finalmente al pubblico.
L´apertura, inedita per gli ambienti ipogei, avviene nel complesso degli interventi di pulitura, restauri e miglioramento del percorso di visita che coinvolge altri ambienti del monumento più visitato di Roma. Il cantiere è stato finanziato con i circa 940mila euro che Soprintendenza speciale e commissario per l´area archeologica centrale (Roberto Cecchi) hanno ricavato dal budget di Roma, alimentato quasi solo grazie proprio al "botteghino" del Colosseo (più di 32 milioni l´anno). Ma per restituire a tutti i marmi dell´anfiteatro il candore della pulitura (ormai da ripetere) effettuata quindici anni fa sulla porzione che dà su via dei Fori imperiali, di soldi ce ne vogliono molti di più: 23 milioni, almeno.
Quindi, parecchi anni ancora prima di veder riportate al colore originario la facciata settentrionale (3,5 milioni la spesa prevista), il prospetto sud (altrettanti) e gli ambulacri del primo e secondo ordine (7 milioni); di assistere al restauro completo dei sotterranei (4,5); o, tra l´altro, di contemplare finalmente la sostituzione dei tubi tra i fornici con la cancellata in stile di cui esiste già il prototipo (1,5 milioni). «Il restauro del Colosseo è una priorità assoluta. I fondi necessari saranno reperiti attraverso stanziamenti del ministero Beni culturali e tramite l´intervento dei privati» ha annunciato il sottosegretario Francesco Giro durante il sopralluogo di ieri.
È partita insomma la caccia agli sponsor (che dovranno intervenire - ha assicurato Giro - «senza mettere pubblicità sui ponteggi: sono contrario»). Ma è partita anche la caccia alle guide abusive protagoniste la settimana scorsa addirittura di una rissa al coltello per aggiudicarsi i visitatori da spennare: e il vicesindaco Mauro Cutrufo (lo Stato è responsabile del monumento, il Comune della piazza) ha convocato per domani un tavolo, intorno al quale sederà anche la Provincia, nella speranza di cacciare (o regolarizzare) falsi centurioni, furgoncini, bancarelle.
La rinascita del gigante di pietra passa attraverso un mix di studi scientifici e iniziative didattiche di alto livello, come la mostra aperta fino al 3 ottobre con originali e ricostruzioni delle armature dei gladiatori. E passa anche per i prossimi interventi che, spiega la direttrice, l´archeologa Rossella Rea, «riguarderanno la pulitura e il restauro dei pilastri nella galleria del secondo ordine e del piano terra, ma anche il miglioramento dello spazio e delle strutture di accesso del pubblico». Ci sono in ballo 400 e 120mila euro (le gare per l´appalto stanno per partire). E all´orizzonte c´è la nuova fermata-museo della metro che ospiterà anche tutti i servizi del Colosseo, meta obbligata di milioni di turisti.

giovedì 15 aprile 2010

“A rischio tutta Roma antica”. “Manca la manutenzione, ma ora parte un piano d'emergenza”

“A rischio tutta Roma antica”. “Manca la manutenzione, ma ora parte un piano d'emergenza” Intervista a Roberto Cecchi commissario per l’area archeologica
La Stampa, mercoledì 31 marzo 2010

Roberto Cecchi, dopo essere stato a lungo direttore generale per i musei, attualmente lei è commissario per l'area archeologica di Roma e Ostia Antica. La Domus Aurea è malata, ma il resto del patrimonio archeologico di Roma come sta?

Cecchi: «Abbastanza male, direi, ma in via di guarigione».

Si spieghi.

Cecchi: «La Domus aurea ha subito un crollo e questo dice molto sulla sua situazione. Ma bisogna considerare che questo monumento è inserito in un'area archeologica immensa, tra le pi grandi del mondo, e tutta in gravi difficoltà, prima di tutto statiche».

Traduciamo: la Domus aurea è crollata, ma altri monumenti potrebbero crollare. E' così?

Cecchi: «Potrebbero crollare, se trascurassimo gli interventi più urgenti. Ma questo non avverrà perché l'amministrazione dello Stato sta agendo per mettere tutto in sicurezza».

Cecchi: Questa è una lodevole intenzione. Ma i fatti?

Cecchi: «Delle buone intenzioni possiamo fare a meno. Ora c'è un commissariamento in atto proprio perché sono i fatti ad interessare. E basta».

Qual è il più grave malato tra i monumenti di Roma antica?

Cecchi: «Tutta l'area archeologica presenta forti criticità. Se vuole delle priorità, potrei dire che il Palatino è il monumento a cui si sta dedicando maggiore attenzione. Intanto, per metterlo in sicurezza ed evitare altri crolli, dopo quelli degli ultimi anni. Poi si passerà alla fase del restauro e della possibile fruizione da parte del pubblico».

Dopo di che?

Cecchi: «Non dopo, ma contemporaneamente, si sta lavorando sul Colosseo e sul Circo Massimo che non è stato ancora scavato. Molto c'è la fare anche per le Terme di Diocleziano e per quelle di Caracalla. Esistono progetti avviati anche per i Fori. Senza dire di due grandi monumenti, molto estesi, quali sono la via Appia, i grandi acquedotti e i 18 chilometri delle mura aureliane».

Quando scade il suo mandato di commissario?

Cecchi: «Il 31 dicembre prossimo».

Non pretenderà di fare tutto entro quella data?

Cecchi: «Ovviamente no. Quello che stiamo facendo è un grande lavoro di monitoraggio e vorremmo impostare un criterio di intervento: questo è l'importante. Non si tratta, infatti, di spendere grandi cifre una volta ogni tanto, ma di creare un sistema di manutenzione ordinaria e costante di tutti i monumenti. Occorre lavorare in maniera sistematica: senza fretta ma anche senza sosta».

Quindi non tanti soldi, ma pochi e costantemente?

Cecchi: «Esattamente. Ci che serve, e che invece è mancato negli ultimi 30 anni, è stato un flusso costante di risorse che garantisse la manutenzione ordinaria». Colpa della politica. Verrebbe da dire. O no?

Cecchi: «C'è un fatto sotto i nostri occhi: la Francia, che ha un patrimonio molto inferiore al nostro, destina alla sua tutela l'1% del bilancio dello Stato. Noi abbiamo oscilliamo tra lo 0,18 e lo 0,21».

Quanti soldi ha a disposizione come commissario e quanti ne ha spesi?

Cecchi: «Ho 33 milioni, ne ho già investiti 22 in 70 progetti. Tra 20 giorni farò un rapporto di 400 pagine su quello che abbiamo fatto e quello che stiamo facendo. Il 31 dicembre vorrei lasciare un metodo di lavoro consolidato e mi aspetterei, come contropartita, che venisse garantito non un grande budget, ma un flusso di soldi contenuto ma costante. Agire sotto l'impulso delle emergenze e dei crolli è del tutto inutile».

mercoledì 14 aprile 2010

Ancient lead sarcophagus contains Roman VIP

Ancient lead sarcophagus contains Roman VIP
By Bija Knowles
Wednesday, 31 March 2010

Archaeologists unearthed a lead coffin buried 11 miles east of Rome, an exceedingly rare find for this region in this time period.

Photo courtesy Jeffrey Becker


Who's in the Lead Coffin? “Very unusual and very intriguing” is how Nicola Terrenato from the University of Michigan describes a Roman-era lead coffin that has been uncovered in the ancient city of Gabii, 11 miles east of Rome.

The professor of classical studies is the leader of an archaeological project to excavate the site. He added: “It's definitely the most unusual finding of the campaign so far.”

The lead sarcophagus, weighing about 450 kg, was found during last summer's dig and is thought to date from the second to the fourth centuries AD. Researchers can't be more exact about the date until a series of tests are carried out in the coming months.

The location of the lead coffin, found in the central area of the city, suggests that by the second to fourth centuries AD, burials were taking place in an area that was previously inhabited. This suggests that Gabii was a shrinking city by this period.

At the moment very little is known about the occupant of the lead coffin. Any guesses as to the person's status and occupation are pure conjecture. Suppositions that he (or she?) could have been a bishop or a gladiator could be quite wide of the mark, although that the individual was someone of some importance seems like a fair guess.

What remains clear is that the burial is highly unusual, not least because the use of such an unusually large piece of lead would have been a great expense for the family of the deceased. Terrenato said: “It's a sheet of lead folded onto itself an inch thick. A thousand pounds of metal is an enormous amount of wealth in this era. To waste so much of it in a burial is pretty unusual."

Romans didn't often use coffins for burial and those that they did use were usually wooden. Terrenato adds: “There are only a handful of other examples from Italy of lead coffins from this age – the second, third or fourth century AD. We know of virtually no others in this region."

Lead coffins tend to preserve bodies well, so there is every hope that the contents may provide interesting information about the individual. However, the researchers are keen to avoid opening the coffin if possible, as this could damage the occupant's remains. Other techniques such as endoscopy, thermal testing and possibly an MRI scan will be tried first.

Terrenato hopes that some of these questions will be answered when the coffin and its occupant are transferred to the American Academy in Rome for testing, which will be carried out before the end of May. The team working on the project are currently putting in place the host of permits, safety procedures and insurance needed to get the coffin into the laboratory.

Two Child Burials Discovered

Several other interesting discoveries have emerged at the site, including the presence of two child burials dating from the eighth and seventh centuries BC.

According to Terrenato, these sites weren't unexpected because it was common during this time, when infant mortality was very high, to bury a child near the house, a bit like a pet, rather than bury them in an official graveyard. However, there are expensive items, such as bronze objects and pots, buried in the graves, suggesting the children came from a rich family. The household associated with the two graves has also been located and this will be excavated in the coming season, which begins in mid June.

During the eighth and seventh centuries BC, Gabii was a Latin city, populated by the ethnic group that eventually gave its language to the Roman civilization and was finally absorbed into the growing Roman territory. The city of Gabii would have emerged at the same time that ancient Rome was growing into a powerful kingdom and eventually a republic. But it seems that, by Augustan times, the city had gone into decline. While there doesn't seem to be any catastrophic or violent end for Gabii, Terrenato believes that it was slowly overshadowed by the thriving Roman metropolis. He said: “It's not easy to be a medium-sized city in the hinterland of a big city. Rome was attracting people away and this may have led to Gabii's decline.”

All Roads Lead to Rome

Evidence of a very early orthogonal road layout has also been observed at Gabii. Many Italian towns are laid out along orthogonal lines, but it's believed that the Romans didn't begin to plan cities like this until after their period of colonisation and expansion. This orthogonal layout pre-dates Rome's colonisation period. Terrenato explains that, since Gabii wasn't a colony, it would be expected to have grown organically and without a grid – as did ancient Rome.

The site of Gabii lies on undeveloped land 11 miles east of Rome in modern-day Lazio. The land is state-owned and the Italian State Archaeological Service (Soprintendenza di Roma) is facilitating and authorizing the project. Terrenato believes it's very lucky that there has been no post-Roman construction at Gabii because it gives archaeologists freedom to excavate without disturbing later buildings.
http://www.independent.co.uk/news/science/archaeology/news/ancient-lead-sarcophagus-contains-roman-vip-1932247.html

lunedì 12 aprile 2010

«Cisterne romane sotto il campetto di calcio»

«Cisterne romane sotto il campetto di calcio»
Unione Sarda 2/4/2010

Appello degli speleologi in vista dei lavori di riqualificazione del rione

Ci sono cisterne di epoca romana sotto il campetto di calcio a Stampace, destinato a scomparire per consentire i lavori di riqualificazione del quartiere. La segnalazione arriva dal Gruppo speleo-archeologico cavità cagliaritane (Gcc) che lancia un appello al Comune affinché le ditte incaricate dei lavori prestino la massima attenzione per evitare di distruggere le antiche vestigia. Il comitato scientifico del Gcc certificò la presenza di almeno tre cisterne sotterranee, scavate nelle viva roccia calcarea, negli anni 90, quando furono abbattute le palazzine pericolanti lesionate dalle bombe del 1943. Da allora sono stati archiviati rilievi e immagini dei siti e ora il gruppo speleologico punta alla loro salvaguardia e valorizzazione. «Con una spesa di soli cinquemila euro - spiega il presidente Marcello Polastri - si potrebbe ripulire dalle macerie le cisterne, chiudere l'imbocco con un vetro di plexiglass e sistemare nelle vicinanze un pannello con la storia dei siti». Gli speleologi sono pronti a farsi carico dei lavori di pulizia e di preparazione dei pannelli.
«Nella conferenza sul Centro Storico abbiamo studiato e dibattuto gli indirizzi per il Piano particolareggiato» dire Antonello Gregorini, responsabile dell'Urban Center. «E’ emersa una volontà pianificatoria d' insieme da parte dell'amministrazione comunale. Il voto del Consiglio è pertanto contraddittorio rispetto al metodo evocato e gli enunciati dichiarati». Secondo il piano, il vuoto strategico di via Fara (dove dovrebbero invece sorgere nuovi edifici) deve svolgere una funzione di cerniera tra l'area portuale e il Castello. «Non si riesce a comprendere come e dove il progetto rispetti questo indirizzo». «La pianificazione urbanistica é alla base della buona amministrazione in quanto lo sviluppo della città non può essere lasciato in balia delle regolazioni utilitariste e della logica di mercato. Intendiamo fare quanto sarà possibile per evitare all'amministrazione comunale di sbagliare intestardendosi su atteggiamenti e scelte chiaramente sbagliate, nel metodo e nel merito. Nel quartiere, continua Gregorini, esiste un nucleo di persone disposte a battersi per le proprie buone ragioni. Noi dell'Urban Center vorremmo ascoltarle ed eventualmente supportarle. Per questo motivo promuoviamo lo svolgimento di un'assemblea pubblica in programma martedì 6 aprile nella piazza del Cammino Nuovo alle 17.

domenica 11 aprile 2010

Crollo alla Domus Aurea Scaricabarile sulle responsabilità

Crollo alla Domus Aurea Scaricabarile sulle responsabilità
STEFANO MILIANI
Unità, mercoledì 31 marzo 2010

È come una vasta bocca di terra bruna mista a brandelli di mura e mattoni che con ferocia ferisce il Colle Oppio: una voragine, il terreno è franato e qualcuno poteva morire, accanto alla Domus Aurea di Nerone con vista sul Colosseo a Roma. Ieri mattina poco dopo le 9 una porzione delle gallerie costruite dall'imperatore Traiano nel 104. d.C. è franata con uno schianto trascinando l'inferriata e il terrapieno, semi-seppellendo le volte a botta delle terme traianee. Con il fiuto dei cani e con le sonde i vigili del fuoco hanno accertato: nessuno era rimasto intrappolato tra quelle zolle. Una paura motivata: nel prato lì sopra, nel giardino - che è del Comune, il quale usa il Dal governo un anno fa (il che coinvolge nel lavori la Protezione civile) per interventi urgenti. Orfini del Pd: «Com'è possibile questo crollo?» monumento di proprietà dello Stato - passeggiano tranquille mamme con bambini, romani, turisti, di notte qualcuno ci dorme e, denunciano gli abitanti, c'è delinquenza.
La superficie del giardino implosa su se stessa è di 130 metri quadri. Sotto le gallerie antiche, chiuse al pubblico ma aperte agli addetti ai lavori, sono alte una decina di metri. Un crollo del genere non si era registrato da almeno 50 anni e supera l'allarme rosso: è la dimostrazione - lo dicono dei tecnici - che il Colle Oppio con i suoi monumenti corre il serio pericolo di sbriciolarsi, AntonelloVodret è l'architetto della soprintendienza statale per la Domus. a il polso della situazione. «Le murature cedono di schianto: il terreno s'imbibisce d'acqua, l'acqua penetra nelle volte, ai piccoli cedimenti è seguito il crollo. Provocato da più cause, come le piogge prolungate e l'invecchiamento delle murature». La frana segnala anche che il quadro è più fosco di quanto si pensasse. «Le volte di Traiano non avevano pitture. Invece - avverte - ora sugli affreschi della Domus soffieranno correnti d'aria pericolose». Lo stato delle cose l'architetto lo descrive così: «Siccome mancano i finanziamenti, solo il 10% Domus è impermeabilizzato». Da notare: già il soprintendente di prima, Bottini, denunci il guaio invocando una bonifica anni fa. «Stiamo per provvedere in 150 spazi - prosegue Vodret - Ciononostante senza un intervento urbanistico vero non si risolverà mai: Colle Oppio non ha un sistema di drenaggio delle acque». E’ il nocciolo del problema. E il Colle appartiene al Campidoglio. Nella gestione del magnifico affaccio sull'anfiteatro Flavio complica tutto la sovrapposizione di chi decide e fa: il Comune da un lato, la soprintendenza archeologica del ministero dei beni culturali dall'altro che ha in carico quei mattoni imperiali. E un autentico intreccio di responsabili e istituzioni: c'è il soprintendente diciamo «regolare», dal 10 marzo Giuseppe Proietti; poi c'è il commissario per la Domus Aurea Luciano Marchetti, mentre pure la soprintendenza romana ha il suo commissario, Roberto Cecchi; poiché del giardino e del colle risponde il Campidoglio, hanno voce in capitolo l'assessore alla cultura Croppi e il soprintendente dei beni culturali Broccoli. Una folla. Dove l'arrivo salvifico dei commissari governativi a quanto pare non è bastato a evitare il disastro
Del ripristino del crollo si occuperà per l'appunto Marchetti che ha fatto un sopralluogo con la Protezione civile: doveva iniziate a giorni dei lavori li vicino, cambierà piani con «una variante di programma». Ammette il commissario: un primo lotto da 2 milioni di euro di un progetto complessivo è stato finanziato, eppure non è partito per problemi burocrati ci (ma va'!) e, aggiunge, perché il Comune non ha ancora consegnato le aree sopra la Domus. I lavori di messa in sicurezza partono oggi ma sempre Marchetti, si affretta a riferire il sottosegretario Giro, «ha spiegato che la parte di soffitto crollata è di una galleria di accesso alla Domus in consegna al Comune». Il ministero scarica la patata bollente ad Alemanno? Tanto per ribadire il ginepraio. O meglio: tra i tecnici, e non solo tra loro, serpeggia malumore verso il Campidoglio. Anche se il soprintendente capitoli prova a buttarla sul fato: «Le strutture antiche tendenzialmente crollano». Già, ma gli antichi romani erano ottimi architetti. E le loro costruzioni a tutt'oggi sono rimaste in piedi.

sabato 10 aprile 2010

Torna a splendere la Casa della Fontana Piccola

Torna a splendere la Casa della Fontana Piccola
02 APRILE 2010, CORRIERE ADRIATICO

Napoli Torna a splendere la Casa della Fontana Piccola di Pompei: dopo circa tre mesi di lavori, si è concluso il restauro del dipinto murale di IV stile, raffigurante una scena di paesaggio marittimo. Il restauro è stato realizzato grazie alla Fondazione CittàItalia d’intesa con la Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei e il Commissario Delegato per l’emergenza nell’Area Archeologica Marcello Fiori. La domus fa parte di una serie di eleganti abitazioni riportate alla luce nel 1827 non lontano dal Foro e prende il nome dalla famosa fontana mosaicata dagli splendidi colori. “In tempi così difficili, solo il contributo e la partecipazione di tutti può consentire di promuovere la bellezza dell’Italia - spiega Ledo Prato, segretario generale della Fondazione CittàItalia - Restituire questa straordinaria opera a Pompei e a tutti coloro che amano l'arte e questo sito unico al mondo, ci riempie di orgoglio”.

Per Fiori “un più moderno modello di gestione dei beni culturali, in particolare a Pompei, non può prescindere da una virtuosa integrazione tra la missione del pubblico e l'intervento dei privati, che siano aziende o associazioni di cittadini, per concorrere insieme alla conservazione e alla valorizzazione di questo straordinario patrimonio dell’umanità”.

Il lavoro di recupero del dipinto è stato affidato al restauratore Francesco Esposito, con la supervisione dell’archeologo della soprintendenza Ernesto De Carolis. Sulla superficie dipinta, le infiltrazioni di umidità provenienti dall’esterno avevano infatti provocato fenomeni di disgregazione progressiva dell’intonaco, la formazione di sali di vario spessore e incrostazioni superficiali sulla pellicola pittorica. Molte le stuccature in cemento, probabilmente realizzate durante un intervento degli anni 60, che alteravano la lettura dell’immagine. Oggi la presentazione del restauro che sarà subito visibile al pubblico.

venerdì 9 aprile 2010

Tempio di Venere, riapre dopo 30 anni

Tempio di Venere, riapre dopo 30 anni
CARLO ALBERTO BUCCI
VENERDÌ, 02 APRILE 2010 LA REPUBBLICA - - Roma

Da maggio nuova terrazza sulle antichità. Giro: "Basta con la pubblicità sui monumenti"

Venere e Roma finalmente riapre. Il più grande tempio romano, disegnato dalla mano stessa dell´imperatore Adriano, è stato restaurato per il Giubileo. E ha ospitato nel 2007 le contestate colonne di perspex issate per la cena dedicata allo stilista Valentino. Ma tra un mese sarà di nuovo accessibile anche ai "non vip" la cella di Venere. E a novembre sarà visitabile anche il lato che guarda verso i Fori: la cella della Dea Roma.
«È almeno dagli anni Settanta che è chiuso alle visite. Con una spesa di 250mila euro rimettiamo a posto il piano in coccio pesto e risolviamo il problema della fogna maleodorante che corre lungo i fianchi» dice l´archeologa Mariantonietta Tomei responsabile dell´area. «Sì, da molto tempo è chiuso. Ma da maggio tornerà ad essere visitabile grazie a un accordo con i sindacati che andremo a discutere martedì prossimo e che prevede un piano radicale per risolvere il problema cronico della custodia», aggiunge il soprintendente Giuseppe Proietti. Di nuove assunzioni non se ne parla. Ma gli inquilini della soprintendenza - prima Angelo Bottini, da marzo Proietti, con sempre accanto il commissario Roberto Cecchi - si ingegnano per fare le nozze con i fichi secchi: e allora l´uscita del Foro romano verso il Carcere Mamertino verrà forse dotata di tornelli (quattro i custodi che torneranno utili per altri servizi) e poi ci sono da spartirsi (ma su tutta Roma) i dieci i assistenti "tecnico-museale" di nuova assunzione dopo regolare concorso.
In cima alla Velia riecheggia ancora il rumore del tonfo della volta della galleria che porta alla Domus Aura, sprofondata martedì scorso sotto il peso della terra zuppa d´acqua. Ieri la Commissione stabili pericolanti del Comune ha certificato che non c´è pericolo di nuovi crolli e che i giardinetti di Colle Oppio non saranno chiusi del tutto. Ma non è forse il caso, come ha detto a "Repubblica" lo strutturista Giorgio Macchia, di liberare la Domus dei tre metri di verde e alberi che la sovrastano dotandola di un tetto di vetro? «Vedremo, c´è una ditta che ha vinto la gara per i lavori e bisogna studiare bene l´evolversi della situazione», la risposta "possibilista" di Proietti e Francesco Giro, venuto al Tempio di Venere per vedere lo stato dei lavori interrotti per la via Crucis di stasera.
«Dopo aver riaperto la Vigna Barberini e le arcate Severiane, ora, grazie anche alla nostra felice intuizione del commissariamento, restituiamo alla visita dell´area archeologica centrale questa straordinaria terrazza sul Colosseo», dice Giro, sottosegretario ai Beni culturali. E sull´anfiteatro Flavio ha idee precise: «Con il Comune stiamo cercando sponsor, meglio se romani, per il restauro che costerà inizialmente 25-30 milioni, anche se il sindaco Alemanno pensa a una spesa di 50: comunque i ponteggi non avranno poster pubblicitari, sono contrario». Dallo sport degli antichi a quello dei moderni. E il nuovo stadio della Roma? «Non ne parlano più - rivela Giro - evidentemente c´è stato un ripensamento. Era del resto un progetto fantasma visto che non è stato mai presentato».

giovedì 8 aprile 2010

Le altre emergenze. Caput mundi a rischio. Vulnerabili Colosseo Palatino e gli acquedotti

Le altre emergenze. Caput mundi a rischio. Vulnerabili Colosseo Palatino e gli acquedotti
Il Tempo, mercoledì 31 marzo 2010

Una reggia grandiosa, il sogno di un imperatore che - non era pazzo ma che pensava in grande, che amava il bello, come il suo successore Adriano. Ecco che cosa era la Domus Aurea, colosos del primo secolo dopo Cristo, estesa assai di quanto mostrato ai turisti dal 1999, dopo. un restauro durato venti armi. Un complesso che comprendeva l'Esquilino e il Palatino. L'ha confermato di recente il ritrovamento della cosiddetta coenatio rotonda: una sorta di camera da pranzo dell'imperatore incardinata su un perno che la faceva girare a 360 gradi sulla valle popolata di arbusti e animali selvatici. E sul lago, dove poi, nell'ora della damnatio memoriae di Nerone, sorse il Colosseo. Erano ottanta ettari, «riempiva tutta Roma», ironizzava Marziale. E, dentro, affreschi e mosaici, marmi colo rati e statue, stucchi, avo rio, oro. Una villa delle meraviglie, un'icona di quel patrimonio fragile della Capita le che avrebbe bisogno di continue manutenzioni. Ma gli interventi scarseggiano e il motivo è sempre lo stesso: mancanza di fondi. Eccolo, ll catalogo delle vestigia più vulnerabili di Roma. Colle Oppio è tutto in un problema endemico, sei ettari fragili per le infiltrazioni d'acqua. Ad essere a rischio sono poi le Terme di Traiano con la Cisterna delle Sette Sale, le varie esedre traianee ed il Criptoportico. Bisognoso dì interventi di consolidamento il Foro Romano, che si estende fra il Campidoglio e il Palatino. Quest'ultimo colle è particolarmente malato. Nel 2001, in occasione dei festeggiamenti per lo scudetto della Roma, alcuni tifosi si arrampicarono sulle strutture archeologiche danneggiandole e causando il distacco di alcuni pezzi. Ma è il Colosseo la prima delle emergenze. Il sindaco Alemanno l'ha definito la sua spina quotidiana. E ha annunciato un intervento di risanamento che inizierà entro il 2010 e avrà uno sponsor. Delicata la situazione delle Mura Aureliane, come scriviamo qui sotto. E la zona a sud di Roma, alle Capannelle. Sorvegliati speciali gli acquedotti Claudio, Felice e la Villa dei Sette Bassi.

mercoledì 7 aprile 2010

Archeologia Rivive la casa di Polibio donato anche un triclinio. A giorni sarà visitabile la famosa domus di Pompei.

Archeologia Rivive la casa di Polibio donato anche un triclinio. A giorni sarà visitabile la famosa domus di Pompei.
CARLO AVVISATI
IL MATTINO – 6 aprile 2010

Difficilmente potrà dimenticare i secondi di silenzio rimandati dal grande schermo al plasma posizionato lungo la parete nord di un triclinio, nella casa di Polibio, chi visiterà la domus affacciata su via dell'Abbondanza e che tra qualche settimana riapre alle visite, come annunciato Marcello Fiori, commissario all'area archeologica di Pompei. Pochi attimi di calma irreale. Eppure, interminabili e assordanti, visto che in loro sta racchiusa tutta la tragedia vissuta da due esseri umani: duemila anni fa, tra le sei e le Otto del mattino di quel 25 agosto del 79 dopo Cristo, in quella stanza persero la vita una giovanetta poco più che sedicenne e il bambino che portava in grembo. Assieme a loro, altri undici individui, tra adulti e bambini, rifugiatisi nelle stanze adiacenti rimasero uccisi dalla furia del Vesuvio. A far scoppiare letteralmente le vene dei fuggiaschi fu il calore infernale che accompagnava la nuvola di gas e ceneri abbattutasi sulla città. La scena è stata ricostruita in realtà virtuale dagli specialisti dell'Altair4 Multimedia che, assieme agli scienziati della Università di Tokio, alcuni anni fa analizzarono la gran mole di dati ricavati dai gruppi di studiosi (archeologi, vulcanologi, antropologi, zooarcheologi, biologi molecolari) che nell'ultimo decennio hanno lavorato su ogni dato di quelli emersi dallo scavo. Per l'elaborazione del video, poi, è stato effettuato il restauro digitale di decine di affreschi, la ricostruzione virtuale di tutta l'abitazione e l'animazione dell'eruzione e del suo impatto sulla casa. Tutto riprodotto fedelmente: dalla muratura ai dipinti, dalla suppellettile che vi si conservava alle statue, alle monete, alle casse per il guardaroba. E agli scheletri. Un gruppo di famiglia, quest'ultimo, costituito complessivamente da tredici individui (tra cui i genitori della giovanetta, rinvenuti con la mano nella mano) alcuni dei quali sicuramente imparentati tra loro, come accettarono le analisi sul Dna antico effettuate dall'equipe di scienziati della Il Università di Napoli coordinato da Antonino Cascino e Marilena Cepollaro. Di tre individui, tra cui forse lo stesso Giulio Polibio, della giovanetta e di un altro maschio adulto, l'antropologo australiano Maciej Hannenbergh a ricostruito le sembianze dallo studio dei teschi. Le loro fattezze saranno rimandate dagli ologrammi mostrati sullo schermo al plasma, assieme alle immagini di alcuni calchi ricavati con la tecnica del «colaggio» di gesso negli spazi lasciati nel terreno dal degrado dei corpi. Tuttavia, il fumato è solo una parte di quanto sarà proposto. E questo perché non solo la casa è stata recuperata in ogni sua struttura: pitture, stucchi, intonaci, affreschi (tra cui quello del larario) e bronzi, ma anche alcuni ambienti, senza pavimento e pericolosi per i turisti, sono stati resi percorribili attraverso passerelle e pedane in grado anche di abbattere le barriere architettoniche. Di più. Alcune stanze della domus saranno arredate così com'erano un attimo prima dell'eruzione. E così, nel triclinio più spazioso di quelli che si trovano a nord della casa saranno riposizionati gli oggetti che vi furono trovati all'atto dello scavo: vasi di vetro, statue e, assieme ai letti in legno e bronzo che lo arredavano, anche i tavoli a tre piedi leonini che servivano da appoggio ai piatti da portata e alle brocche con il vino. Alcuni reperti sono originali; per altri, invece, si tratterà dei loro doni. Accanto, sarà esposto anche il plastico che riproduce la casa nei minini particolari. La domus; scavata tra 1966 e 1978, tra quelle pompeiane è stimata difatti come una delle più belle, per le pitture, e interessanti, per i graffiti. Appartenne a Giulio Polibio, un liberto, candidato edile (assessore) e forse duumviro (sindaco), testimone in contratti e compravendite; tenutario di bordelli e proprietario di panifici. Un'attività tanto importante quest'ultima, che fece dire a un suo elettore «Votatelo perché fa il pane buono».

martedì 6 aprile 2010

O Domus Aurea o parco di Colle Oppio

O Domus Aurea o parco di Colle Oppio
Romolo A. Staccioli
06/04/2010 IL TEMPO

Crolla una parte della volta della Domus Aurea. Nella foto l'aula della reggia-museo sotterraneo di Nerone, dove l'imperatore visse prima del suicidio a 31 anni Il crollo del "voltone" di uno dei lunghi ambienti che Traiano fece costruire sopra la Domus Aurea debitamente interrata, per sostenere la grande "terrazza" sulla quale edificò le sue Terme del Colle Oppio, ha riproposto il problema che si trascina da anni: quello della conservazione e dell'agibilità della Domus Aurea. Un problema che va affrontato radicalmente e risolto in maniera, per quanto possibile, definitiva. È assurdo che, tra una breve (e assai parziale) apertura e lunghi periodi di chiusura del monumento, si continui coi palliativi e le mezze misure. Ed è sorprendente che, anche in quest'ultima dolorosa circostanza, nessuno di coloro che, con varia responsabilità, sono accorsi al capezzale delle antiche strutture malate e morenti, abbia accennato alla considerazione che il problema della Domus Aurea non si risolve se non affrontando insieme anche quello della "sistemazione" delle soprastanti Terme di Traiano.

Ciò che, a sua volta, significa il radicale "ripensamento" del Parco Oppio che solo sul versante di via Labicana può essere, per ora, conservato come tale, sia pure ritoccato (anche lì sotto ci dovrebbe essere qualcosa d'interessante!). Occorre che tutta la zona - oggetto dell'intervento urbanistico iniziato dal De Vico alla fine degli anni venti del secolo scorso, con l'esproprio dei giardini di Palazzo Brancaccio, e terminato dal Munoz, nel 1936, con l'apertura del viale del Monte Oppio - venga considerata - e trattata - alla stregua di una...Villa Adriana. O del Palatino; o, meglio ancora, dato il genere di monumento, delle Terme di Caracalla. Vuol dire che, al di sopra degli ambienti della Domus, va eliminato il "giardino", con i prati, le aiole e gli alberi dalle invadenti radici (altrimenti è inutile lamentarsi delle infiltrazioni d'acqua!) e che le antiche strutture superstiti debbono restare libere.

E vuol dire pure che i ruderi delle Terme di Traiano vanno tra loro "ricuciti" in un insieme che ripristini la pianta dell'antico edificio, al suo livello originario (più basso, tra i 2 e i 5 metri, di quello attuale del Parco), con i collegamenti da ristabilire attraverso lo scavo di ogni possibile, anche minima, sopravvivenza muraria, o da ridisegnare con ricostruzione, materiale o allusiva (inserti di siepi al posto di muri, e di alberi, al posto di colonne), delle parti perdute. I lavori lodevolmente compiuti di recente - e ancora in corso - dalla Sovrintendenza comunale fanno toccare con mano quanto cambierebbe la situazione con un intervento di carattere organico.