venerdì 12 marzo 2010

L’età della conquista. Quando Roma s´innamorò della Grecia

La Repubblica 12.3.10
L’età della conquista. Quando Roma s´innamorò della Grecia

Ai musei Capitolini la prima di cinque mostre sull´arte dell´Impero: così nacque quell´idea di classicità che fonda il pensiero occidentale
Si possono vedere alcune "Teste grandiose", fregi e una serie di arredi
Alcune opere provengono da Santuari altre da Monumenti onorari
Viene proposta una ricostruzione del patrimonio artistico dell´epoca

ROMA. Il ciclo di cinque mostre sull´Antico concepito da Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce comincia ora con la prima dedicata a L´Età della conquista. Il fascino dell´arte greca a Roma quando Roma pone le basi di quello che sarà l´Impero dilagando dalla Spagna all´Oriente, tra il terzo e il primo secolo a.C. E´ il tempo in cui i romani, guerrieri poco dediti alle arti e alla cultura, conquistano la Grecia e ne restano conquistati quando scoprono il fascino di una eccelsa tradizione rendendosi progressivamente conto della necessità di assimilare quel sapere che rafforza i potenti nobilitando l´esistenza.
La mostra vuole raccontare un momento decisivo nella storia delle culture, un fenomeno che si può riscontrare in tante altre tradizioni orientali e occidentali. La stessa cosa accadde, infatti, in Giappone nel momento della assimilazione della cultura cinese, lo stesso è accaduto ben oltre la caduta dell´Impero romano nell´impatto tra culture nomadi, che non costruiscono edifici perché si spostano in continuazione, e culture stanziali che utilizzano il marmo e la pietra formando la struttura urbana.
Ma non c´è dubbio che l´impatto della cultura greca su quella romana costituisce quasi il fondamento stesso della nostra cultura e del nostro modo di vedere le cose a distanza di oltre duemila anni. Siamo alle radici del nostro sapere.
Gli antichi romani avevano sviluppato una formidabile macchina militare e organizzativa, avevano forme di tecnologia avanzata specie nel campo dell´idraulica e dell´ingegneria, ma per molto tempo non ebbero i presupposti per una maturazione in senso umanistico. Scaturiti da una complessa commistione di popoli italici e etruschi furono poi giudicati dalla storiografia, a partire dal quinto secolo d.C. fino a oggi, come esponenti della suprema civiltà antica ma solo tardi giunta a un´idea ben precisa di classicità. Ecco il punto ed ecco il problema storico-critico che la prima mostra del ciclo de I Giorni di Roma vuole affrontare. Come nasce il concetto della classicità e in che misura è vero che la eletta cultura greca riuscì a penetrare nelle teste dure dei romani fino a civilizzarli e orientarli verso ideali oggi considerati come la quintessenza dell´Antichità capace di nutrire poi in egual misura i geni del Rinascimento italiano, i rivoluzionari francesi del diciottesimo secolo, i padri della nostra Costituzione dopo la seconda guerra mondiale?
Il patrimonio artistico risalente al III-I secolo a.C. ci è pervenuto disgregato e danneggiato. Gli ordinatori della mostra hanno proposto una acuta ricostruzione con una intelligenza e una dottrina incomparabili. Il criterio storiografico di indagine è semplicissimo. Siamo nell´epoca ellenistica caratterizzata da fervore e animazione delle immagini, cariche di pathos e di ardenti passioni. I personaggi veri e quelli della mitologia sono raffigurati sovente da artisti di alto livello per presentare al mondo intero una sorta di saga in cui la storia reale transita sul piano dell´arte con l´orgoglio e la magnificenza di una civiltà che avverte oscuramente di aver raggiunto esiti difficilmente superabili nel campo della politica, dell´economia, della stabilità sociale, dell´idea stessa di progresso. I Romani conquistano militarmente questo mondo e opere d´arte greca affluiscono a Roma nei trionfi dei condottieri che considerano l´opera d´arte come un trofeo attestante un traguardo conseguito.
Così i curatori della mostra hanno convocato una ampia messe di opere che devono farci capire questo fenomeno epocale. Alcune provengono da Santuari per ricordarci la immensa produzione di statue votive o di culto. L´ellenismo era scaturito dalle acquisizioni definitive di giganti dell´arte come Fidia. E proprio di gigantismo è necessario parlare perché si sviluppa nella cultura greca l´idea dello ieratico e del colossale. Le immense sculture che giacevano sovente come compresse nelle celle dei Templi venivano a affiancarsi e talvolta a sostituirsi agli antichi idoli in terracotta, di minori dimensioni e di più sobria formulazione. Tutto o quasi è annichilito di quel mondo orgoglioso e solenne ma alcune Teste grandiose, alcune sculture come quella della Giunione Cesi dei Musei capitolini o certi fregi come quello bellissimo della Galatomachia fungono da efficace ricordo. Poi ci sono i Monumenti onorari tra cui alcuni frammenti notevoli dei Cavalieri dal Tempio di Giunone Sospita di Lanuvio ( oggi a Leeds) e ritratti importanti di persone celebri come Cicerone. Infine tutta una serie di arredi che fanno vedere come si vivesse "alla greca" mentre i costumi funerari evidenziano una più forte sopravvivenza di quella semplicità romana che Catone il censore tentò di opporre al dilagare della moda ellenica. Si capisce come fosse fondamentale il dibattito interno alla società romana tra i magistrati e i militari, tutti orientati verso l´assimilazione della dottrina e del fascino greco ma in modi diversi. A Roma arrivano artigiani, medici, artisti, studiosi, provenienti dalla Grecia e la vicenda storica si dipana tra la presa di Siracusa e Taranto nel terzo secolo e quella di Corinto nel primo. L´immagine del Dio greco diventa un modello di riferimento nella cultura romana fino a sollecitarne comportamenti trasgressivi in un´ottica non troppo diversa dalla diffusione della cultura rock nell´Italia democristiana.
La Rocca, nel suo bellissimo saggio in catalogo, si diverte a ricordare come emblematica una vicenda raccontata da Vitruvio. Il sommo architetto Deinokrates non riusciva a farsi ricevere da Alessandro Magno, uomo dottissimo ma troppo preso dal lavoro militare e amministrativo. Un giorno Alessandro è in tribunale e entra nell´aula Deinokrates, che pare fosse un gran bell´uomo dall´ aspetto maestoso, nudo unto d´olio, coronato di foglie di pioppo, coperto solo da un vello di leone e con la clava in mano. Insomma si era travestito da Ercole secondo le prescrizioni della grande statuaria. Alessandro lo invitò immediatamente a un colloquio.