domenica 27 settembre 2009

Astratta, bucolica, privata: quando Roma era a colori. Alle Scuderie del Quirinale cento opere in mostra fino al 17 gennaio

Astratta, bucolica, privata: quando Roma era a colori. Alle Scuderie del Quirinale cento opere in mostra fino al 17 gennaio
FRANCESCA GIULIANI
GIOVEDÌ, 24 SETTEMBRE 2009 LA REPUBBLICA - Roma

Disteso sul triclinio, un signore nella sua domus doveva sentirsi leggero e libero, immerso in qualcosa di aereo, celeste e impalpabile. Sentirsi come un dio in casa propria, guardando la parete dipinta sul fondo della stanza, tra figure volanti, decori sospesi, animali fantastici. «Come attraverso un cannocchiale rovesciato», così Eugenio La Rocca, archeologo e soprintendente comunale di Roma per due decenni gloriosi, sintetizza il senso della pittura romana. Con un´immagine - e non a caso - di vita quotidiana, non diversa dalle tante (sono cento in tutto) esposte nella mostra «Roma, la pittura di un impero», inaugurata ieri alle Scuderie papali del Quirinale e visitata da un «orgoglioso» presidente Napolitano.
Quando Roma era un impero, i colori erano forti, brillanti ed erano ovunque. Nelle case, nelle strade, nelle piazze, sui vetri, sulle sculture, sui monumenti. Della pittura - fragile, sensibile al tempo e per questo preziosissima in ogni frammento arrivato fino a noi - la mostra che La Rocca, insieme a Serena Ensoli e Stefano Tortorella ha curato alle Scuderie con l´organizzazione di Mondomostre, ne sottolinea importanza e valore di snodo culturale. Da una parte in senso retrospettivo, come testimonianza e traccia postuma dell´arte greca completamente perduta da cui tanto ha certamente attinto, ma anche come inesauribile modello e archetipo dell´arte futura, dal grande Rinascimento al trionfo dell´Impressionismo, passando per il Neoclassicismo. È da ricordare, poi, che l´arte figurativa romana è un´arte «senza nomi», tanto la pittura era diffusa da avere più le caratteristiche di alto artigianato che di una forma "alta", legata alla creatività di singoli com´è nell´epoca moderna.
L´allestimento curato da Luca Ronconi e Margherita Palli ha immerso le opere, in arrivo dai musei romani e stranieri ma anche da Ercolano e da Pompei, in una luce fredda che si diffonde da dietro le grandi o piccole tavole su un fondo grigio, metallico. Ed è forse così che viene restituita al meglio la leggerezza delle immagini che «sembrano riposare su un vuoto totale, fatte della materia dell´aria». Dal Colombario di Villa Pamphilj, che accoglie il visitatore sulla scalinata di accesso, passando per i grandi pannelli della villa della Farnesina al piano terra, fino alla serie magnifica delle piccole scene di vita quotidiana, mitologiche, erotiche o di vita pubblica allineate al secondo piano. Il percorso, che è cronologico e spazia dal III secolo avanti Cristo dei primi frammenti esposti, passando per le meraviglie dell´età augustea (Le Nozze Aldobrandini), si conclude con una mostra nella mostra, con la serie dei ritratti egiziani del Fayum, che risalgono II secolo dopo Cristo. Più tarde di tutte le altre opere presentate, sono realizzate con la tecnica dell´encausto, cera fusa passata con una spatola su tavole di tiglio. E sono il segno di una raggiunta koinè iconografica, della lingua comune di un impero per immagini e colori che spalanca gli occhi verso chi osserva, richiamando già le icone della cultura cristiana.
Le Scuderie del Quirinale festeggiano con questa mostra il primo decennale di attività. Tre milioni e mezzo i visitatori, oltre 200mila i cataloghi venduti in occasione di 28 mostre per 2600 giorni di apertura; e cinquantamila bambini sotto gli undici anni hanno partecipato ai laboratori.