domenica 23 novembre 2008

BASILICA PALLADIANA: SCOPERTI RESTI ROMANI E 'CARDO'

BASILICA PALLADIANA: SCOPERTI RESTI ROMANI E 'CARDO'
Venezia, 19:18 Repubblica online 21 nov. 2008

Basilica Palladiana: i lavori in corte dei Bissari a Vicenza hanno condotto alla scoperta di resti di due costruzioni romane e di un tratto di strada, un nuovo cardo, del quale non si conosceva l'esistenza. Il sorprendente ritrovamento archeologico e lo stato di avanzamento del cantiere di restauro sono stati illustrati alla presenza dell'assessore comunale ai lavori pubblici Ennio Tosetto, del vicepresidente della Fondazione Cariverona, che finanzia interamente i lavori, Ambrogio Dalla Rovere, e del nuovo Soprintendente ai beni archeologici del Veneto Umberto Spigo. L'esito della campagna di scavi archeologici e' stato illustrato dalla dottoressa Marisa Rigoni, della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto. La campagna di scavi che ha portato alla luce i resti di epoca romana era partita alcuni mesi fa, quando si e' dato inizio ai lavori previsti in corte dei Bissari: nel ventre della corte, infatti, andranno alloggiati i terminali e le centrali impiantistiche che lavoreranno al servizio del salone, delle botteghe e degli ambienti dei piani ammezzati. Era quindi necessario procedere alla cauta rimozione delle strutture in calcestruzzo realizzate a partire dagli anni '50 del Novecento e che formano la struttura che oggi occupa la corte dei Bissari. In quell'occasione alcuni sondaggi effettuati per la verifica delle fondazioni della 'domus comestabilis' hanno messo in evidenza una situazione del tutto imprevista. Si e' constatato infatti che a ridosso della 'domus' una fascia di terreno della larghezza di quattro metri circa per una ventina di metri di lunghezza era stata risparmiata dall'intervento che, dopo la costruzione dell'attuale palazzo degli uffici negli anni '50, aveva visto la realizzazione, nella corte dei Bissari, di un ampio spazio interrato su contra' Catena.

Vicenza romana svela due case e una strada

Vicenza romana svela due case e una strada
Nicoletta Martelletto
Sabato 22 Novembre 2008 IL GIORNALE DI VICENZA

SCAVI AD EST DELLA BASILICA. A lato della Domus comestabilis, il cantiere ritrova un terreno di sorprese urbanistiche

Sorprendente ritrovamento che entusiasma gli studiosi e che diventerà un sito visitabile in corte dei Bissari


Due case romane, un marciapiede e una strada. Non se ne conosceva l’esistenza fino a quando, lavorando in corte dei Bissari sul lato est della Basilica Palladiana, non è venuto alla luce un tratto di terreno risparmiato dalla costruzione del Palazzo degli uffici a metà anni ’50.
Il cantiere di restauro della Basilica e degli annessi aveva aperto in maggio un fronte sulla Domus comestabilis, per verificare la situazione delle fondamenta. I sondaggi hanno rivelato un “ospite”: un’area di 20 metri per 4 che le ruspe per la realizzazione dell’interrato su contrà Catena non avevano distrutto. Lo scavo, che doveva servire a tirar su i sottoservizi esistenti ed ospitare i nuovi impianti a servizio della Basilica e dei piani ammezzati, è diventato archeologico: è emerso così il collegamento tra piazza dei Signori e piazza delle Erbe, ma soprattutto sotto lo strato medievale è stato individuato un cardo, ovvero una strada romana sull’asse nord-sud di cui non si sapeva nulla.
Si tratta di pietre e impasti che parlano soprattutto agli archeologi più che al grande pubblico: ma guidati dagli esperti si riesce ad intuire l’importanza della scoperta. Così ieri mattina l’assessore ai lavori pubblici Ennio Tosetto, con Ambrogio Dalla Rovere vicepresidente della Fondazione Cariverona, il nuovo soprintendente ai beni archeologici del Veneto Umberto Spigo e Marisa Rigoni, nume tutelare della stessa Soprintendenza, hanno svelato l’arcano a scavi ormai ultimati da parte della Sap di Mantova. Per tutta l’estate ha sorvegliato i lavori Mariolina Gamba della Soprintendenza, per la verità con la massima collaborazione della Sacaim che esegue l’intervento complessivo sulla Basilica (finirà nel dicembre 2009), del direttore lavori Eugenio Vassallo e dal suo braccio destro, l’architetto Andrea Donadello.
Il risultato: un fossato ora a cielo aperto in corte dei Bissari, dove la dott.Rigoni individua la facciata lunga 9.50 metri di una casa romana cui si addossa una seconda abitazione probabilmente risalente all III- IV secolo dopo Cristo; la pavimentazione è in cocciopesto, probabilmente fondo per i mosaici sovrastanti di cui restano pochissime tracce a tessere nere. Più coinvolgente per gli studiosi è il tracciato evidente di una strada che corre davanti alla doppia casa: sono evidenti tre lastroni di trachite del marciapiede che fiancheggiava la strada. «Davvero non speravamo di trovare molto, invece siamo stato molto fortunati» sottolinea la Soprintendenza. Anche perchè i mecenati (Cariverona interviene con quasi 15 milioni di euro sui 22 totali) hanno finanziato l’intervento e le conseguenze: le tracce non saranno coperte ma resteranno visibili e si tratterà di un sito archeologico a tutti gli effetti. Probabilmente si deciderà un accesso dall’interrato comunale di contrà Catena, bucando il cemento in bella vista che divide le due aree.
«Dopo l’individuazione del foro romano sotto palazzo Trissino, questo è un altro passo avanti per la comprensione urbanistica della città romana - sottolinea Rigoni - Gli scavi ci hanno inoltre restituito conferme sull’abitato preromano degli antichi Veneti con piani di argilla battuta, già rinvenuti altro a Vicenza». Negli scavi ritrovati anche pezzi di ceramica in fase di datazione.

venerdì 14 novembre 2008

Google Earth brings ancient Rome to life

Google Earth brings ancient Rome to life
John Hooper
The Guardian 12/11/2008

ts creator has called it a "virtual time machine" – a digital reconstruction of ancient Rome that today became available to hundreds of millions of internet users around the world.

Users of Google Earth can now see the city, down to the last aqueduct and arena, just as it looked at midday on April 1 AD320. They can float through the Forum, past the platform or "rostra" from which Cicero once declaimed, admire the statues, read the inscriptions, pry into palaces, and then slip round to the Colosseum or whisk over to the Circus Maximus where the ancient Romans held their chariot races.

There, the virtual traveller will find, not the slightly disappointing, though enormous, oval expanse of grass that confronts the real tourist, but the huge, walled stadium that tourists are forced to conjure up from their imagination.

It is the "Rome of [the emperor] Constantine in which everything is new", said Google Earth's chief technologist, Michael T Jones, at the presentation in Rome's city hall. "It's new. It's modern. It's beautiful".

All that the awe-inspiringly detailed reconstruction lacks is people. Their absence gives a slightly eerie feel to the stadiums and temples, the marketplaces and thoroughfares of classical Rome.

Some 6,700 digitally reconstructed structures have gone towards making up Google Earth's latest layer, which can be superimposed on its images of the city. Users can enter ten of the buildings, including monuments such the Colosseum, where the software enables them to marvel at the architecture and even gaze on details like marble floors whose exact shape and pattern are known because their remains have survived to the present.

The first concerted effort to "recreate" the ancient imperial capital was made by an Italian architect, Italo Gismondi. Three years before his death in 1974, he finished a vast, plaster model of ancient Rome in 1:250 scale that can be seen in the city's Museo della Civilta Romana.

Gismondi's research played an important role in the digital project, which was begun in 1997 by a teacher at the University of Virginia, Bernard Frischer. After 10 years of work and collaboration between his own university, UCLA in California and Milan's Politecnico, Rome Reborn – made up of 50m polygons (the building blocks of three-dimensional computer graphics) – was unveiled last year.

The job of transferring it to the web was shared between Google's 3D unit and a Rome-based firm, Past Perfect Productions, run by a Briton, Joel Myers. He said today it had taken 15 people the best part of a year to complete the operation.

Myers said Rome Reborn was "the largest and most complete reconstruction of an ancient city". Its creator had chosen 320 AD "because it was Rome at its moment of greatest splendour as far as its architecture is concerned. If you went back to periods of more historical interest, like Julius Caesar's, you would not have the Colosseum, for example."

Rome's mayor, Gianni Alemanno, said he hoped the project would get over a "problem of communication" that the city had noted with its visitors who increasingly demanded something more than just ruins. "Obviously, providing a monumental, archaeological reality is fundamental", he said. "But for many people it's insufficient, it's too remote."

And, in a sense, it is much smaller too. Of the real classical Rome, just 300 buildings – and, in most cases, their remains -- have survived.

E su Google ecco le visite virtuali nell`Urbe di 1700 anni fa

E su Google ecco le visite virtuali nell`Urbe di 1700 anni fa
D.Des.
Il Messaggero 13/11/2008

L`Antica Roma a portata di mouse. E` stato presentato ieri il progetto, anticipato dal Messaggero, "Google: il futuro di Roma Antica". A realizzarlo è stata Google in collaborazione con il Comune di Roma. Una ricostruzione virtuale senza precedenti al mondo che permette a chiunque, in qualsiasi parte dei inondo, di
poter visitare la città di Roma esattamente come la vedevano i cittadini nel 320 d.C. Il progetto comprende 6.700 edifici dell`antica Roma ricostruiti in 3D e visualizzabili fin nei
più minimi dettagli. Basterà installare l`applicazione Google Earth per passeggiare nelle strade della Roma di 1.700 anni fa fino ad entrare in 11 dei principali monumenti conce il Colosseo, i Fori Imperiali, il tempio di Venere, l`arco di Costantino.
Al progetto, nella versione italiana, ha partecipato anche la Rai: video-documentari su monumenti, personaggi, edifici e storie della Roma antica sono accessibili direttamente dalle finestre informative di Google Earth, che rimanderanno al nuovo canale YouTube dedicato al progetto: www.youtube.it/romaantica.
Tra le clip già visibili, la Domus Aurea, il Colosseo, le Terme Severiane, per arrivare alle imprese dei grandi imperatori come Traiano, Marco Aurelio, Nerone o alle avventure dei gladiatori.
«E questo solo un primo passo - ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno - Intendiamo arrivare nell`area dei Fori Imperiali e del Colosseo a dotare i turisti di un sistema all`
avanguardia: indossando un casco con un visore virtuale e un sistema satellitare Gps potranno vedere sul dispaly le immagini della ricostruzione virtuale della Roma Imperiale».
E ancora: «Successivamente vorremo utilizzare queste tecnologie anche per contrastare quello che è e resta uno dei principali problemi di Roma, ovvero il traff ìco, magari trasmettendo
in diretta informazioni ai navigatori satellitari delle automobili o chiunque consulti internet».
«Inoltre - aggiunge il sindaco - Potremo sovrapporre le diverse carte catastali per copibattere l`evasione fiscale. In questo modo con Google, usiamo la tecnologia per far conoscere i più antichi valori e, dall`altro, e per combattere i più antichi mali della nostra città».

«Appia Antica contro il cemento marciamo da Roma a Brindisi»

«Appia Antica contro il cemento marciamo da Roma a Brindisi»
ADELE CAMBRIA
l'Unità (Roma) 13/11/2008

Qui ieri si è inaugurato l`Archivio Antonio Cederna (www.archiviocederna_it, aperto per la consultazione non-virtuale il mercoledì mattina o su richiesta). La Villa, riscattata dalla definizione che gli avrebbe riservato Antonio Cederna - «Uno dei canili di lusso dell`Appia Antica!» - con un restauro che, viceversa ne ripristina ove possibile la struttura medioevale, ospita tutti i materiali che appartennero allo «Archeologo, giornalista, uomo, poeta» come recita il sottotitolo
di un libro. Tremila pagine dell'archivio personale di Cederna cartelline che vanno dagli anni`50 alla metà dei`90 del secolo scorso, 4000 foto e 50 video - sono stati già inseriti nell`archivio elettronico curato dall`IBC, l`istituto dei Beni
Culturali della Regione Emilia-Romagna.
La frase citata, scritta da uno dei visitatori di Capo di Bove, fino al 2002 di proprietà privata e che lo si è scoperto dagli scavi - nascondeva nel suo giardino il tropion di Erode Attico uno dei più lussuosi impianti termali del secondo secolo d.C. è stata ripresa Rita Paris, nel suo appassionato intervento: e
giustamente il Soprintendente Angelo Bottini, presentandola, le aveva riconosciuto il ruolo di domina (Signora) «di questa giornata in cui un funzionario dello Stato può essere contento di esserlo!». E dunque la Soprintendente Rita Paris ha detto: «Mi sembra che questa frase, il cancello aperto sull`Appia, dove,
aggiungo io, tutti i cancelli sono chiusi, possa essere simbolica...».
La Soprintendente, cui tocca la tutela dei monumenti dell`Appia Antica, e la direzione dell`Archivio Cederna, ha tracciato una sintesi dello stato attuale delle cose: «L`Appia Antica è Parco naturalistico regionale dal 1998: questo significa che non
visi potrebbe fare niente se non manutenzione e conservazione. E prudenti scavi archeologici, se ci fossero i soldi. Ma in realtà ci si fa di tutto».
Perché l`Appia Antica è considerata "intoccabile" non dalle pubbliche istituzioni, che ne avrebbero il diritto/dovere, nei limiti sopra indicati, "ma dai privati che a vario titolo,
dalle officine alle ville ai vivai, se ne sono i possessati". E qui il cerchio si chiude con la lettura, da parte dell`urbanista Italo Insolera - uno degli amici più sodali di Antonio Cederna
- dell`incipit del primo articolo sull`Appia Antica, firmato da Cederna e pubblicato su Il Mondo di Mario Pannunzio: «Sulla via. Appia. Antica, fuori Porta S. Sebastiano, c`è una stazione di servizio... Ridicola perché nel suo muro, ad edificazione
del turista, sono incastrati frammenti antichi di marmo, iscrizioni... Tutte queste "antichità", in parte false, in parte comprate a via del Babuino, in parte rubate sulla via stessa,
oltre a costituire un degno prologo per chi si accinge per chi si accinge a visitare in macchina i resti di quella che fu "la regina delle vie", hanno un grande valore simbolico: oggi l`antico è tollerato solo se, fatto a pezzi insignificanti, può essere ridotto a fronzolo...». Riallacciandosi alla storica definizione dell`Appia come "Regina Via.rum", Stefano De Caro, Direttore Generale della Soprintendenza Archeologica, ha proposto che l`Appia antica, diventi patrimonio dell`umanità,
legittimato da un sito Unesco.
«Per me, che sono meridionale, l`Appia parte da qui dove siamo ed
arriva a Brindisi. Più volte dalle tre regioni che la strada attraversa, il Lazio, la Campania e la Puglia, mi è stato chiesto come mai nessuno finora ci ha pensato. Il progetto potrebbe partire da Capo di Bove,un archivio multimediale come questo potrebbe facilitarlo, l`Unione Europea potrebbe impegnarsi, anche estendendolo oltre l`Italia: l`Appia, antica, congiunta alla via Ignazia (o Egnazia), fino a Costantinopoli.
Che è anche Istanbul. Un legame euroasiatico estremamente utile per la pace di questi tempi».
Un sogno? De Caro non sembra un sognatore. Ha aperto il suo
intervento in "brutali" termini di finanza. Al nostro è un patrimonio di immenso valore culturale, ma che lo Stato italiano non può gestire da solo da almeno 15 anni».

mercoledì 12 novembre 2008

Il colosseo? Più cliccato di san pietro

Il colosseo? Più cliccato di san pietro
PAOLO BOCCACCI
MERCOLEDÌ, 12 NOVEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Il dato emerge da una ricerca effettuata sulla stampa internazionale dall´"Osservatorio Nathan il Saggio", presentata a Londra al World Travel Market, il più importante appuntamento fieristico internazionale dedicato al turismo.
«I dati confermano - afferma Claudio Mancini, Assessore al Turismo della Regione - che l´offerta turistica della Regione Lazio e della città di Roma catalizzano l´attenzione di massa di un target internazionale giovane e culturalmente qualificato che, in virtù di queste qualità, contribuisce ad allargare il bacino di utenza dei turisti che visitano la nostra Regione».
In particolare il binomio hi-tech e beni culturali è una delle frontiere per lo sviluppo del turismo, sulla quale la Regione ha puntato con un investimento di 40 milioni di euro, cui si aggiungeranno altre risorse statali e private, per un totale di circa 100 milioni di euro. Questi fondi vanno a sostenere una serie di interventi: dalla creazione di un pullman turistico digitale - a bordo del quale utilizzare la strumentazione per godere di ricostruzioni virtuali, scattare foto o riprese video - fino all´entrata in funzione del Museo dell´Impossibile, un percorso virtuale tra opere conservate nei magazzini dei musei.
Non solo. C´è anche TimeMachine, nella versione di un palmare hi-tech, già disponibile per accompagnare il percorso dei visitatori all´interno del Colosseo. È un´applicazione concreta delle nuove tecnologie e simula una passeggiata virtuale nell´Antica Roma, con la ricostruzione in tre dimensioni dei monumenti del passato riportati su uno schermo.

lunedì 10 novembre 2008

Iscrizioni funerarie Romane

Iscrizioni funerarie Romane
A cura di Lidia Storoni Mazzolani
Bur, Milano, 1991

Tra le tante voci del mondo antico che sono giunte fino a noi, quelle incise nel marmo o nel bronzo sono le più autentiche: non hanno subito modifiche o sviste da parte di copisti o di revisori. Socchiudono spiragli sull’esistenza, gli affetti, i valori e sull’atteggiamento di fronte alla morte di persone scomparse da molti secoli; lasciano scorrere davanti a noi, come in una carrellata, quella che Virgilio chiamò la plurima mortis imago, i molteplici aspetti della morte: l’incendio, il naufragio, il duello del gladiatore, la battaglia del legionario, la malattia, la vecchiaia, il parto della giovane donna, il pugnale del bandito o dello schiavo, fino al sortilegio malefico. E’ la poesia umile degli anonimi; prosegue dal sepolcro il colloquio con i vivi, lancia il suo appello a una sosta, a un momento di meditazione, minaccia chi oserà violare o contaminare quel piccolo terreno consacrato; rivela la filosofia del defunto, la sua cultura — quando cita autori famosi — infine la sua verità segreta e profonda.
L.S.M

Dalla quarta di copertina

Attraverso le iscrizioni s’è cercato di ricostruire anche la composizione etnica della Roma imperiale:
T. Franck, in Race Mixture in the Roma,, Empire («American Historical Review», 1916, pp.. 689 sgg.), attraverso un esame degli epitaffi di schiavi e liberti, dai nomi prevalentemente greci e orientali, dedusse che appunto di quella classe era costituita in maggioranza la popolazione di Roma; tesi contrastata da M. L. Gordon, in The Nationalityi af Slaves under the Early Empire (Journal of Roman Studies, 1924, pp. 93 sgg.). Vedi G. La Piana, Foreign Groups in Rome during the I Century of the Roman Empire, in « Harvard Theological Review», l927,pp. 183 sgg.
Si usava, dopo aver aperti e chiusi gli occhi al defunto, mettergli in bocca una moneta (il naulum) per pagare il viaggio nell’Ade. Poi, lo si stendeva su un letto di legno, che veniva collocato sulla catasta di legna alla quale un parente appiccava il fuoco; si chiamava bustum, se l’incinerazione avveniva entro la fossa stessa dove poi le ossa sarebbero state ricoperte di terra, ustrinum invece il luogo dove si innalzava la pira, lontano da quello della sepoltura. L’incinerazione fu un uso prevalente dall’età repubblicana a tutto il I secolo d.C., tranne che nel caso di bambini morti in tenera età e di adulti colpiti dal fulmine.
Le ossa, lavate con latte e vino, venivano deposte entro anfore, in urne di ceramica, di vetro, d’alabastro, in cassette di laterizi, più raramente di marmo; l’urna di vetro, una specie di bottiglia a bocca larga, più spesso destinata alle donne, a volte era inserita entro un’anfora segata, ma avveniva anche che le ossa fossero posate liberamente sulla nuda terra. Tutt’attorno si posavano oggetti d’uso o cari al defunto, attrezzi di lavoro, gioielli, balsamari, giocattoli, alcuni dei quali — e la stessa disposizione in cui venivano posati — rivestivano un significato magico e rituale (per es. i chiodi, gli specchi). La tomba si considerava consacrata soltanto a seguito del sacrificio d’un porco. ossi di animali trovati sulle tombe possono essere residui del banchetto funebre consumato sùbito dopo le esequie e ripetuto nove giorni dopo, oppure alimenti destinati al morto; entro la tomba stessa si versavano libagioni offerte ai Mani.
Il calendario romano segna molte date dedicate alla celebrazione dei defunti: i parerntalia, nell’anniversario della morte, i Feralia in febbraio, i Lemuria — giorno in cui le anime, lasciate libere, cercavano di tornare nelle loro case, in maggio. Il capo famiglia, voltando le spalle alla porta, recitava una formula di scongiuro per allontanarli e gettava a terra una manciata di fave (Ovidio, Fasti, V, 431-444) — l’uso delle fave dolci, consumate il giorno dei morti a Roma (2 novembre) è una inconsapevole reminiscenza, benché in altra stagione, di quel rito remoto.
Dato che le sepolture si trovavano lungo le strade consolari, l’iscrizione rappresenta l’appello postumo del defunto ai vivi, passanti o viaggiatori. In essa, chi non è più vuole attirare ancora l’attenzione e fermare per un momento quel flusso incessante di umanità che scorre davanti a lui, e, nel riassumere la propria esistenza, esprime nella forma più genuina e più breve (appunto, lapidaria) la scala dei valori del suo tempo, la sua concezione della vita e del destino umano.

LIDIA STORONI MAZZOLANI

Pagine XI-XII

domenica 9 novembre 2008

La Religione di Roma antica, dal calendario festivo all’ordine cosmico

Dario Sabbatucci
La Religione di Roma antica, dal calendario festivo all’ordine cosmico
Il Saggiatore, Milano, 1988

« Ho voluto esporre la religione romana per mezzo del suo calendario festivo. E una scelta che ha due spiegazioni. La prima: ho creduto vantaggioso calare la materia in una struttura romana piuttosto che in una nostra, inevitabilmente condizionata dalla nostra religione, dal nostro concetto di religione, e dunque fuorviante in proporzione al condizionamento stesso. In sostanza, ho rifiutato il modello manualistico corrente, per seguire un modello antico, quello che ha indotto Ovidio ad esporre la religione romana per mezzo dei Fasti, appunto per mezzo del calendario festivo. La seconda: ho seguito l’indicazione di uno dei più geniali antichisti che io conosca, K. Kérenyi, il quale ci ha insegnato a considerare “la religione antica come religione della festa”.
Il calendario festivo, dovunque ne sia stato formulato uno, è lo strumento con cui si dà ordine al tempo: lo si cosmicizza, lo si rende agibile all’uomo. Enorme è dunque la sua importanza per le religioni che, come la romana, concernono la vita “temporale”. Chi non si è lasciato fuorviare è giunto a definire il calendario romano la Magna Charta della religione di Roma antica.
Ora la questione è: quale Roma antica? Il calendario che ho utilizzato è riferibile alla Roma medio-repubblicana, alla Roma già pienamente storica. E un calendario che comunque rivela presupposti d’età anteriori, la monarchica e la paleo-repubblicana, che, quando mi è stato possibile senza cadere nel gioco delle congetture, ho debitamente messo in evidenza. Ho dunque lasciato fuori i moltissimi culti d’età imperiale, tranne che nei casi, pochissimi, in cui è stato possibile ravvisare lo sviluppo di culti precedenti. Fuori dalla realtà calendariale da me proposta sono state lasciate le religioni di Iside e di Mithra, per quanto regolarmente quotate dai tardi calendari d’età imperiale. Ha invece trovato un suo spazio il culto di Cibele, e a suo.

Dal risvolto di copertina

Ricostruzione di Oudenburg

Ricostruzione di Oudenburg, la fortificazione faceva parte della linea difensiva erette lungo le coste del Mare del Nord.
Disegno di J. Mertens.

L'Armee Romaine de la republique au bas empire

L'Armee Romaine de la republique au bas empire
per chi avesse difficolta nella visualizzazione del documento,
link per visualizzarlo in formato pdf

L'Armee Romaine de la republique au bas empire

I Romani

R.H. Barrow, I Romani, Mondadori, Milano, 1962

La civiltà di Roma ha contribuito in modo determinante alla formazione di quelle nazioni che un tempo costituivano le province di un immenso impero e che, dopo le invasioni barbariche, assunsero i loro caratteri peculiari. Inoltre la tradizione romana, dalla storia alla letteratura, dal diritto all’architettura, ha improntato di sé tutta la cultura del Medioevo e dell’epoca moderna. Partendo da tali considerazioni l’autore di questo libro si propone di individuare i cardini di una struttura che si è dimostrata cosi vitale anche dopo il suo crollo politico. I rapporti fra stato e individuo, fra libertà e controllo dall’alto, il conflitto fra uso e abuso del potere, il problema della civilizzazione dei popoli più arretrati, la condizione di duplice lealtà dei sudditi verso Roma e verso la propria cittadinanza, sono alcuni degli argomenti trattati dal Barrow in questa rapida ed efficace sintesi. Le direttrici di un’evoluzione che iniziò nel 753 a. C. e che nei suoi riflessi postumi non si è ancora esaurita, emergono dalla lettura di queste pagine con la costante di una perenne attualità.

Dal risvolto di copertina

Il diritto romano

Il diritto romano

La giustizia è la costante e perpetua volontà di dare a ciascuno il suo.
Digesto di GIUSTINIANO

La più grande conquista dei romani, sia per i suoi meriti intrinsechi, sia per l’influenza che ha avuto sulla storia del mondo, è senza dubbio il loro diritto. “Non vi è problema di giurisprudenza”, dice Lord Bryce “che esso non affronti; è difficile trovare anche un solo angolino della scienza politica che la sua luce non abbia illuminato.” “Ciò di cui ha più bisogno il diritto americano oggi” dice uno studioso americano “è un’estensione dell’influenza eterna e corroborante del diritto romano.” E lo stesso scrittore osserva che, mentre la popolazione dell’Impero romano non superava, probabilmente, i 50 milioni, oggi 870 milioni di persone vivono secondo i sistemi giuridici che si rifanno al diritto romano.
Naturalmente è impossibile spiegare in maniera esauriente, nel raggio di un breve capitolo, perché il diritto romano sia una conquista cosi straordinaria; tuttavia nemmeno il più sintetico libro su Roma può, per. questa ragione, trascurare l’argomento. L’inconveniente ineliminabile è che anche lo schema più semplice non può non risultare intricato e di poco agevole lettura.
Nel 527 d. C., Giustiniano divenne imperatore dell’Impero romano d’Oriente, di cui era capitale Costantinopoli. Da circa cento anni l’Italia era sotto la dominazione di re barbari di origine teutonica. .Alla metà del secolo i generali di Giustiniano riconquistarono l’Italia e fino al XII secolo, fra alterne vicende, l’Impero romano d’Oriente mantenne parti più o meno limitate della penisola sotto il suo controllo.
Subito dopo il suo accesso al potere, Giustiniano ordinò che l’opera dei maggiori giurisprudenti romani venisse organicamente raccolta e unificata. L’opera venne pubblicata con il titolo Digesta o Pandectae il 16 dicembre 533. Quando l’Italia fu riconquistata, il diritto giustinianeo fu esteso anche ad essa e sorsero numerose scuole che ne approfondirono l’analisi, sviluppandolo e perfezionandolo. La legislazione giustinianea comprende anche il Codice (raccolta degli statuti imperiali), le Istituzioni (trattato didascalico) e le Novelle (emendamenti aggiunti tra il 535 e il 565 d. C.).
Il problema è: quali furono le ragioni, i pregi grazie ai quali, il diritto romano ha potuto esercitare un’influenza cosi profonda e duratura? La risposta potrà gettare maggior luce, crediamo, sul carattere e sulle qualità di coloro che elaborarono tale diritto.
Il Digesto si apre con queste parole di Ulpiano:
“Chiunque desideri studiare il diritto (ius) deve anzitutto sapere da dove deriva la parola ius. ius da iustitia, poiché, come lo defini egregiamente Celso, il diritta è l’arte del buono e dell’equo. A causa di ciò potrebbero chiamarci sacerdoti, poiché veneriamo la giustizia e professiamo la conoscenza di ciò che è buono ed equo separando l’equo dall’iniquo, distinguendo ciò che è lecito da ciò che non lo è, desiderando rendere buoni gli uomini non semplicemente con la minaccia dei castighi, ma con l’incoraggiamento di ricompense; ‘affermiamo di seguire, se non erro, una vera e non una falsa filosofia”. Queste sembrano parole strane, a prima vista; e tuttavia furono scritte da una delle più acute menti .giuridiche di tutti i tempi.

R.H. Barrow, I Romani, Mondadori, Milano, 1962
Pagine 212-213

La nuova Pisa nasce dalle navi romane

La nuova Pisa nasce dalle navi romane
ANTONIO VALENTINI
DOMENICA, 09 NOVEMBRE 2008 IL TIRRENO - Pisa

Fontanelli passa le consegne a Filippeschi attraverso un libro-intervista

PISA. “Pisa dei miracoli”. È con questo titolo, parafrasando il nome della piazza più bella del mondo, che l’ex sindaco e ora onorevole, Paolo Fontanelli, racconta i dieci anni trascorsi al timone della città. Due lustri tumultuosi, con problemi e intuizioni, fatti di opere incompiute e idee innovative, comunque capaci di cambiare il volto di Pisa, fino alla metà degli anni ’90 ripiegata su se stessa e attonita spettatrice delle alterne fortune di Firenze Siena e Lucca.
L’ex sindaco ha scritto un bel libro, agile e fruibile (Donzelli editore, 128 pagine, prezzo 15 euro) che sa tanto di autentico lascito al proprio erede a Palazzo Gambacorti, quel Marco Filippeschi che lui ha voluto fortemente seduto sulla poltrona più importante della città. Un volumetto che rappresenta la tappa obbligata per chi non vuol limitarsi a leggersi la secolare, bellissima e incomparabile storia cittadina, ma che intende dare una sbirciata nel futuro. Ovvero, cosa accadrà in riva all’Arno quando la Bechi Luserna sarà smantellata per fare posto alla porta d’ingresso in città, quando il sistema museale verrà messo in piedi, quando il Santa Chiara sarà per intero trasferito a Cisanello e quando le caserme finiranno a Ospedaletto.
È vero, a tratti Paolo Fontanelli pare indulgere all’autocelebrazione. Come quando, ad esempio, parla dell’aeroporto, oscurando alquanto il ruolo avuto dal management del “Galilei” nel rilancio e nella triplicazione del volume dei passeggeri. Ma, se anche lo fa, commette un peccato veniale, a fronte dell’orizzonte che ridisegna per la città e il patrimonio d’idee che attiva per il suo sviluppo.
Un’idea di sviluppo nata quasi per caso, con la scoperta delle navi romane a San Rossore: quella “Pompei del mare” dette energia all’appena eletto sindaco Fontanelli, controvoglia dimissionario dall’incarico di assessore regionale e dirottato nella città in cui viveva. Risolutivo fu l’intervento di D’Alema, a cui Fontanelli non ha mai fatto mistero di essere vicino: Massimo dispose e Paolo si mise al servizio del suo partito per evitare che Pisa cadesse nelle mani del centrodestra, anche se a Palazzo Gambacorti si sentiva come un pesce fuori dall’acqua. Il ritrovamento casuale delle navi romane lo riconciliò con l’incarico nuovo di zecca e gli fece balenare, racconta nel libro-intervista scritto a quattro mani con Gianfranco Micali, lo schema di una città diversa, nuova e fortemente proiettata nel futuro. Lo spunto di un moderno sistema museale, capace di valorizzare le potenzialità inespresse di una Pisa divorata da turisti mordi e fuggi, tanto tumultuosi quanto poco redditizi, nacque lì. E lì saltò fuori lo spunto per valorizzare i lungarni, per spostare l’ospedale e liberare il centro dalle caserme, per mettere a punto i piani d’intervento.
Certo, nel decennio vissuto a Palazzo Gambacorti, Paolo Fontanelli ha vissuto tanti problemi. Alcuni, quelli pubblici, risolti positivamente, come la messa in sicurezza della torre pendente. Altri, quelli riservati, tenuti pudicamente nascosti, come le difficili trattative per l’affermazione del polo sanitario pisano o il rilancio dello stesso aeroporto Galilei, ai tempi in cui la Regione tifava smaccatamente per Peretola.
“Pisa dei miracoli” non nasconde le difficoltà che hanno assillato i vecchi e agitano i nuovi inquilini del Comune. Però esse vengono in qualche maniera assorbite dal progetto complessivo di rilancio della città, descritta come quella a maggiori potenzialità della fascia tirrenica toscana, l’unica a poter bilanciare lo strapotere fiorentino. E se anche non tutto va bene, i progetti messi in cantiere sono in grado di cambiare il volto di Pisa e il modo di viverci.
Il libro-intervista di Fontanelli è introdotto da un magistrale intervento di Salvatore Settis, direttore della Normale, il quale offre interpretazioni diverse, e sicuramente, innovative. Il professore racconta di una Pisa divisa in tre parti: la città degli studenti, dell’università, delle scuole di eccellenza e del Cnr; la città dei monumenti e dei turisti; la città dei pisani. «Tre città diverse - argomenta Settis - che si sovrappongono e s’intrecciano». Le interferenze tra l’una e l’altra dimensione vanno riportate ad armonia. L’operazione di saldatura proposta dall’architetto Chipperfield per piazza dei Miracoli e il Santa Chiara costituisce allora l’emblema di quanto importante sia «capovolgere l’abitudine mentale a classificare in zone la città, segmentandola per blocchi a seconda di definite sfere e modalità d’uso». “Pisa dei miracoli” ha dunque il sapore di un lascito, descrive il piano per una città unica e integrata appena entrato nella fase attuativa, lontano dall’essere realizzato e perciò banco di prova per gli amministratori che verranno. Paolo Fontanelli ha voluto raccogliere in un libro i suoi piani e i suoi sogni sulla città che ha amministrato. Toccherà a Marco Filippeschi tradurli in realtà.

venerdì 7 novembre 2008

I Piaceri a Roma

Jean Noel Robert, I Piaceri a Roma, Rizzoli, Milano, 1985
“Le terme, il vino, le donne: questa è la vita.” è il testo di una iscrizione funeraria romana di epoca imperiale. Come molte altre analoghe, essa manifesta senza ipocrisie la concezione dell’esistenza propria di una civiltà che vedeva nella dea Venere — la divinità del piacere — la propria progenitrice. La società romana era attraversata da enormi squilibri sociali: accanto a una classe che aveva ammassato (e che spendeva) immense ricchezze, esisteva la plebe miserabile e oziosa — la cui esistenza è stata descritta in un altro volume di questa collana, I bassifondi dell’antichità, di C. Salles —, mantenuta quasi esclusivamente dai donativi pubblici e dal lavoro degli schiavi. Ricchi e poveri sono dominati da un’uguale ansia di godimento: ciascuna classe elabora una propria “arte di vivere”. Nella metropoli immensa e frenetica, che dobbiamo immaginare più simile a una casbah orientale che a una città moderna, i cittadini passano la maggior parte della loro giornata nelle strade, nel foro, in quei “palazzi per il popolo” che sono le basiliche e soprattutto le terme. Ogni romano, uomo o donna, vi passa in media due ore della sua giornata: a lavarsi, a giocare, a bere, ad amoreggiare, forse soprattutto a chiacchierare — anche questo uno dei piaceri dell’esistenza, a cui i Romani si dedicano ai più vari livelli. Vi sono, nella sola Roma, novecentocinquanta edifici termali, dai più piccoli a quelli giganteschi: un servizio pubblico completamente gratuito (ma vi sono anche, non dimentichiamolo, ventotto biblioteche anch’esse pubbliche, con una media di diecimila volumi ciascuna!). Un numero incredibile di giornate è dedicato alle feste, sempre accompagnate da elargizioni e da spettacoli — naturalmente offerti dallo stato, o da qualche ricco cittadino. Essi sono di una grandiosità senza pari, tali da ricordare i più fastosi kolossal della storia del cinema: solo che a Roma non si trattava di finzioni, e le ricostruzioni di battaglie comportavano centinaia di morti, come le cacce nel circo (magari trasformato in una cera foresta) vedevano l’uccisione di migliaia di animali esotici. I1 fascino atroce del combattimento di gladiatori attirava plebei e patrizi e grandi dame.
Questo gusto per lo spettacolo si riflette anche nell’altra grande occasione di piacere: il banchetto. Gli eccessi barocchi e stravaganti dei ricchi Romani a tavola — oggetto, fin da allora, della satira divertita e feroce di un Orazio, di un Giovenale, di un Petronio — prendono infatti l’aspetto di sorprendenti finzioni teatrali che si riallacciano a complessi e inattesi riferimenti culturali: mitologici, astrologici, letterari.
Se la vita del cittadino comune tende a svolgersi nei grandi spazi pubblici, quella delle classi superiori tende a chiudersi nelle grandi dimore, in cui il ricco romano profonde tesori. Preziose opere d’arte, razziate o acquistate a peso d’oro in Grecia e in Oriente, arredano gli ambienti resi confortevoli da impianti di riscaldamento e attrezzature igieniche in tutto paragonabili a quelli moderni, o popolano i giar1ini destinati a creare l’illusione della natura. E la contemplazione della natura è un altro grande piacere dei Romani, negato ai plebei: ne testimoniano le grandi ville, situate in posizioni stupende, messe in luce dagli archeologi o descritte dagli scrittori antichi. “Quando sono nella mia villa di Laurento — scrive Plinio — non ascolto nulla che mi dispiaccia di avere ascoltato, non dico nulla che mi penta di aver detto: nessun desiderio, nessun timore mi turba.” E il piacere più grande: quello di essere in pace, con se stessi e con gli altri.

Dal risvolto di copertina

Monte Imperatore Macrino

Facciata del tempio di Byblos, da una moneta dell'imperatore Macrino.

LEPTIS MAGNA IL TEATRO

LEPTIS MAGNA IL TEATRO

Costruito al tempo di Augusto da un magistrato lepcitano «amante della patria sua e della concordia», abbellito e restaurato da Domiziano, dagli Antonini e dai Severi, è uno dei più ricchi monumenti della città. Sulla Sommità della cavea un tempietto alla dea Cerere Augusta, protettrice delle messi.

L’ARCO DI TRAIANO DI TIMGAD

L’ARCO DI TRAIANO DI TIMGAD

Questo splendido monumento romano, noto comunemente sotto il nome di «Arco di Traiano», era la porta occidentale della città. Un’iscrizione alla base dice: « L’imperatore Traiano Augusto Germanico, figlio del divino Nerva, pontefice massimo, per la terza volta console, e per la quarta tribuno, Padre della Patria, fondò la colonia di Thamugadi presso la III Legione Augustea, essendo legato propretore Lucio Munazio Gallo ».

LA PORTA DI ADRIANO IN ADALIA

LA PORTA DI ADRIANO IN ADALIA

Costruita in occasione di una visita dell’imperatore Adriano, ricordo grandioso di una delle tante tappe che egli fece nei suoi lunghi viaggi in Oriente, era nello stesso tempo porta di città ed arco onorario. La fotografia riproduce il modello che, in base alle misurazioni e ai saggi condotti dalle Missione archeologiche italiane, l’architetto di questa, prof. Azeglio Benetti, ha ricostruito.

IL «TRILITO » DI BAALBEK

IL «TRILITO » DI BAALBEK

TRE BLOCCHI FRA I MAGGIORI USATI DA COSTRUTTORI

L’enormità dei blocchi usati nel muro di cinta dell’Acropoli di Baalbek non si potrebbe immaginare da questa fotografia senza la figura umana che è posta loro accanto. Verso metà altezza ve ne sono tre che raggiungono le misure di metri 19 X 4 X 3 circa. Il loro sollevamento e la messa in opera su di una struttura alta già circa 7 metri dovettero richiedere un lavoro enorme, e rappresenterebbero anche oggi un difficile problema. E’ stata avanzata l’ipotesi che il nome di « Trilithon » (triplice pietra) dato al tempio di Giove-Baal derivi da questi tre blocchi.

Il vallo di Adriano: i forti

Il vallo di Adriano: i FORTI

Diciassette se ne contano generalmente nell’elenco di quelli che si trovavano lungo la cima del muro; ma di essi solo quattordici furono poi uniti alla sua struttura. Degli altri tre, due rimangono più a sud tanto del Muro quanto del Vallo, sulla Stanegate, e risalgono certamente ad Agricola; il terzo (a Castlesteads nel Cumberland) si trova fra il Muro e il Vallo.
I nomi dei forti, a cui qui poniamo a fianco gli equivalenti romani, quando si conoscono, sono i seguenti, andando da est a ovest.
Wallsend Segedunum
Newcastle Pons Aelii
Benwell Hill Condercum
Rudchester Vindobala
Halton Chesters Hunnum
Chesters Cilurnum
Carrawburgh Procolitia
Housesteads Borcovicium
Chesterholm Vindolanda
Great Chesters Aesica
Carvoran Magnae
Birdoswald Amboglanna
Castlesteads
Stanwix
Burgh-by-Sands
Drumburgh
Bowness


Di questi, Cilurnum, Borcovicium, Aesica ed Amboglanna sono quelli che oggi permettono di studiare meglio sul luogo la costruzione e la pianta dei forti. Il luogo esatto del forte a Burgh fu scoperto nella primavera del 1922.
L’area compresa nelle cinte dei forti varia, secondo i casi, da uno a due ettari. Il piano è sempre a forma di parallelogrammo con gli angoli arrotondati. Lo spessore del muro di cinta era almeno di un metro e mezzo. Vi era un fossato, e quattro ingressi: a nord, est, sud, ovest. Erano a doppio portale, con archi a tutto sesto, e porte di legno a due battenti, che giravano su cardini di ferro.

PORTALE A BORCOVICIUM
È la porta occidentale a Borcovicium rivolta a sud-est. Vi si distinguono i pilastri centrali che sostenevano gli archi dei fornici; le soglie di pietra e gli avanzi dei corpi di guardia. A piè del colle su cui sorge il forte, corre la strada di Wade, dietro luccica lo stagno di Grindon.

Il vallo di Adriano

Il vallo di Adriano
Una grande muraglia, spessa quasi due metri e mezzo, e alta (col parapetto) più di sei, rivestita di pietra egregiamente lavorata, lunga quasi i 27 chilometri, dalla foce del Tyne al Solway Firth, che scalava le colline, discendeva nelle valli, passava ampi fiumi e piccoli ruscelli, seguendo quanto era possibile le creste più elevate, senza evitare gli ostacoli ma continuando indifferente la sua via fino alla meta, segnando una separazione completa fra Nord e Sud. Tale era il muro propriamente detto, che però nel suo percorso allacciava non meno di quattordici fortezze, e comprendeva come parte integrale della sua costruzione ottanta fortini, a circa un miglio d’intervallo, e circa centosessanta torrette di fortificazione o di vedetta.
Come si vede, non si trattava di una lunga costruzione uniforme, ma vi erano fra grandi e piccoli circa duecentocinquanta posti fortificati. I quattordici grandi erano costruiti per alloggiare ciascuno da cinquecento a mille uomini, e comprendevano vie, templi, uffici, corti cinte da colonnati, caserme, alloggi per gli ufficiali, granai, botteghe d’artigiani. Intorno sorgeva una piccola città che albergava le famiglie dei soldati e la gente comunque attaccata alla guarnigione; in mezzo, un ottimo stabilimento di bagni.
Il paese che la gran barriera attraversava era in parte pianeggiante e fertile, in parte incolto e desolato. Piuttosto deserto è quasi tutto anche adesso, ma un tempo lo ridestava l’attività dei legionari che compivano la grande opera, e dopo vi rintronò a lungo il passo cadenzato delle truppe di guarnigione che vi si davano il cambio. Su quella striscia di territorio si ritrovavano soldati provenienti da tutte le parti del mondo allora conosciuto. Dalle sponde del Reno, del Danubio, della Senna, dell’Adriatico e del Mare del Nord, dalla Penisola spagnola venivano, al comando di Roma, per guarnire questo avamposto lontano fra le solitudini della Nortumbria.
cartina geografica del vallo di Adriano

Mosaici DAR BUK AMMERA - ZLITEN

Mosaici DAR BUK AMMERA - ZLITEN

All’altezza dell’oasi di Zliten, sulla costa del mare della Tripolitiana, esiste una grande villa romana. I mosaici che la decorano possono annoverarsi tra i più pregevoli pervenutaci dall’antichità. Famosi sono divenuti quello con scene di anfiteatro, uni altro con le figure delle sragioni e di pesci, ed infine quello cosiddetto « a girali di acanto». Di esso è qui riprodotto un particolare: una murena ed un camaleonti, comuni nel mare e nella terra di Libia.

Ostia: GRANDI ORCI CHE ACCOGLIEVANO PROVVISTE D’OLIO PER L’URBE

Ostia: GRANDI ORCI CHE ACCOGLIEVANO PROVVISTE D’OLIO PER L’URBE


Da occidente, di là dai confini di Ostia, sono i cosiddetti magazzini di olio, divisi in stanze in cui sono interrati grandi orci da olio. Il locale che qui vediamo contiene venti di siffatti « dolia. Lo attraversa un passaggio che, secondo alcuni, serviva per il traffico dei servi a riempire e vuotare i «dolia».

IL «CARDO MAXIMUS» DI OSTIA

IL «CARDO MAXIMUS» DI OSTIA




Presa di là dal teatro, questa fotografia presenta sul davanti quattro colonne superstiti del portico delle Terme. La via corre tra file di case, e un tratto passa dai « Columbaria ». In fondo si vede il castello costruito verso il 1500 da Giuliano della Rovere (papa Giulio Il) a guardia dell’ansa del fiume.

Scoperta antica villa romana

Scoperta antica villa romana
Antonio Procacci
07/11/2008 BARISERA

Clamoroso ritrovamento archeologico nel corso dei lavori alla "seconda spiaggia"

Le fondamenta di una villa di epoca romana, risalente al periodo di Augusto, sono state scoperte nel corso dei lavori di consolidamento della falesia all'altezza della cosiddetta "seconda spiaggia". La scoperta risale a mesi fa, ma si è saputo solo nelle ultime ore, dopo la rivelazione al riguardo dell'emittente Teledehon e del portale cittadino Trani Live. Un ritrovamento di inestimabile valore archeologico, su cui da mesi lavorano gli esperti della Soprintendenza ai beni culturali. Sembra che si tratti di un insediamento stabile datato presumibilmente nel periodo a cavallo dell'anno zero dell'Era Cristiana. "Durante i lavori di restauro del Monastero di Colonna", ha dichiarato al portale www.tranilive.it il senatore Roberto Visibelli, "vennero rinvenuti resti risalenti addirittura al neolitico. Mentre, più recentemente, durante i lavori di costruzione di una villa privata, sempre a Colonna, dove un tempo sorgeva un notissimo locale notturno, vennero scoperti alcuni corpi sepolti con una strana copertura in pietra dal sapore vagamente esoterico". Tombe di vampiri, Barisera ne ha parlato diffusamente qualche tempo fa. La scoperta alla "seconda spiaggia" pare però essere di gran luca più importante. Sempre secondo quanto riferisce Trani Live, lo storico tranese Arcangelo Prologo ritenne che la città fosse sorta nel III sec. d.C.. La villa in questione, invece, anticiperebbe di almeno tre secoli la presenza di insediamenti umani strutturati nell'area.
Il ritrovamento, comunque, non sarebbe casuale. L'amministrazione, infatti, ha previsto da qualche tempo la presenza di un archeologo tra quelli abilitati dalla Soprintendenza nei cantieri pubblici. Una scelta strategica che evidentemente sta già pagando. Non, però, sul fronte dei tempi di esecuzione delle opere, che ovviamente subiranno rallentamenti, anche se Visibelli a Tranilive ha assicurato che i lavori proseguiranno e che entro il prossimo anno i tranesi riavranno anche quella spiaggia. "Abbiamo già provveduto a dare incarico ai nostri progettisti di aggirare l'ostacolo spostando di qualche metro in avanti la linea di costa in modo da salvaguardare il ritrovamento archeologico".

giovedì 6 novembre 2008

Tuvixeddu, la voragine del mistero

Tuvixeddu, la voragine del mistero
La Nuova Sardegna 03/11/2008

CAGLIARI. A Tuvixeddu, a poca distanza dalle tombe romane, le violenti piogge del 22 scorso hanno creato un’enorme voragine. La scoperta è stata fatta ieri dal gruppo Speleo archeologico cavità cagliaritane, che stava operando su invito della circoscrizione di Sant’Avendrace. Il sopralluogo era stato richiesto per verificare eventuali rotture di bacini idrici sotterranei visto il torrente d’acqua che ha invaso il quartiere durante l’alluvione. La voragine (nella foto ) si trova a poca distanza da viale Sant’Avendrace ed è profonda circa cinque metri e larga quindici. Si è aperta all’interno di un opificio industriale dell’ex cantiere italcementi dove, secondo il progetto del parco (attualmente bloccato), sarebbe dovuto sorgere il muse archeologico. Il gruppo Speleo archeologico segnala inoltre il crollo di pareti a volta di cavità e danni notevoli ad acquedotti antichi e gallerie lunghe chilometri ( Lo smottamento del terreno è stato presumibilmente provocato dalle forti acque piovane che, scorrendo a monte sulla necropoli, si sono riversate a valle allagando il fondo del vecchio opificio industriale dove un tempo si estraeva il calcare. Inoltre i chilometri di gallerie sotterranee si mostrano ora intasate da una poltiglia fangosa alta circa un metro, spiega il gruppo Speleo archeologico: un vero e proprio disastro lontano da occhi indiscreti, che ha coinvolto le gallerie che alimentavano l’antico acquedotto romano.

Al via a maggio il recupero del carico della nave più antica del Mediterraneo

Al via a maggio il recupero del carico della nave più antica del Mediterraneo
Antonio Boemo
Il Piccolo 05/11/2008

GRADO Il carico di una delle più antiche e importanti navi del Mediterraneo, risalente attorno al III-IV secolo avanti Cristo, che si trova affondata al largo di Grado e protetta da una rete metallica sarà recuperato nel corso della prossima campagna di scavo subacqueo in programma il prossimo anno e che avrà inizio a maggio. Contestualmente si andrà avanti con l’ultimazione della parte strutturale e di adeguamento tecnico del museo e ne sarà aperta una prima parte che ospiterà i reperti trovati a bordo della nave oneraria romana Iulia Felix risalente al II secolo dopo Cristo, cui si affiancheranno quelli che saranno recuperati appunto il prossimo anno dal relitto che è stato denominato «Grado 2». Nel 2009, dunque, afferma il Soprintendente regionale ai beni archeologici, Luigi Fozzati, riprenderà lo scavo subacqueo con il recupero del carico della “Grado 2” la cui datazione è stata fatta in base alla tipologia di anfore fino a oggi trovate in coperta dopo la segnalazione della presenza del relitto da parte di un pescatore avvenuta un paio d’anni orsono. «Lo scafo è uno dei più antichi e importanti relitti del Mediterraneo – sottolinea Fozzati -; risale addirittura a 400-500 anni prima della Iulia Felix». L’archeologia subacquea sta raccogliendo attorno un gran numero di appassionati tanto che in Germania, per fare un esempio, vi sono dei gruppi di appassionati che organizzano viaggi in tutt’Europa per andare alla scoperta di quanto viene recuperato dal fondo del mare. E’ per questo che il Museo del Mare di Grado dovrebbe diventare un importante catalizzatore di flussi turistici. Di tutto questo si parlerà anche in occasione della prossima Borsa mediterranea del turismo archeologico di Paestum. Dunque non solo del ritrovamento della Iulia Felix risalente al 1987 o il costruendo Museo nazionale di archeologia subacquea (conosciuito come Museo del mare), ma anche, e forse soprattutto, per via di quella che oggi viene identificata come «Grado 2» ovvero uno scafo fra i più antichi e importanti dellarea mediterranea. Nel contesto dell’incontro di Paestum, Fozzati parlerà pure dei programmi del costruendo Museo del mare e della sua apertura: «Verificheremo la possibilità di aprire ogni anno un pezzo del museo e ciò già a partire, sempre in accordo con il Comune, dal prossimo anno». Luigi Fozzati è uno dei relatori ufficiali dell’importante conferenza-tavola rotonda in programma a Paestum nella mattinata di sabato 15 novembre incentrata proprio sul tema: «Archeologia subacquea: prospettive di salvaguardia, valorizzazione e tutela del bene sommerso». L’Isola del Sole continua, dunque, a essere al centro dell’attenzione nazionale. Dopo i due ampi servizi televisivi («Easy Driver» e «Linea Blu») trasmessi sabato scorso da Rai Uno che hanno fatto registrate ottimi livelli di ascolto, si passa a Paestum per una manifestazione fieristica che ha raggiunto ormai livelli internazionali di grande rilevanza dove, grazie all’intervento dell’Aiat e di Turismo Fvg, Grado e Aquileia, ma anche San Canzian, sono stati in passato più volte al centro dell’attenzione. Diversi sono i relatori della tavola rotonda. «Parleremo di quanto avviene in questo settore dell’archeologia subacquea in Italia – afferma il Soprintendente Fozzati - e naturalmente ci soffermeremo anche su Grado». «In specifico parlerò della seconda nave trovata al largo di Grado che risale addirittura al IV-III secolo avanti Cristo; cosa di indubbia rilevanza anche perché dovrebbe essere decisamente meglio conservata rispetto alla Iulia Felix».

Appia Antica, allarme della Soprintendenza

Appia Antica, allarme della Soprintendenza
RAFFAELLA TROILI
Il Messaggero 06/11/2008

E' dalla fine dell`800, in quel monumento a cielo aperto che è l`Appia Antica. Quindici cipressi secolari, sradicati dalla tromba d`aria di martedì sera e caduti su sepolcri, case e strutture.
Il soprintendente Angelo Bottini è preoccupato: «Occorre interpellare un meteorologo per capire che sta succedendo e cosa ci dobbiamo aspettare. Qui ci è andata bene, non c`erano né residenti né turisti, ma se non si interviene con la manutenzione non avremo solo danni, ma vittime».
Il respbnsabile dei Beni archeologici ieri è corso sull`Appia Antica, nel trattotra il Mausoleo di Cecilia Metella e Capo di Bove. Con lui il direttore archeologico della via Appia Antica, Rita Paris.
I1 monitoraggio dei monumenti non è stato possibile, gli alberi caduti hanno impedito il sopralluogo. Il tratto di strada in questione è di proprietà del Comune e fu restaurato per il Giubileo, rimuovendo strati di asfalto per riportare alla luce il più nobile basalato (e danneggiando le radici, secondo residenti e addetti ai lavori). Oggi li rimuoverà il Servizio Giardini e sarà possibile fare la conta dei danni (due sono precipitati su una villa che ingloba a sua volta un monumento funerario, un altro al IV Miglio è caduto sul cosiddetto sepolcro dorico). Intanto Bottini mette in guardia sui rischi per l`incolumità delle persone. «E` impressionante: il turbine ha sollevato cipressi che risalgono alla metà dell`800. E` un campanello d`allarme serio su quanto possa essere pericolosa questa situazione meteorologica e quanto poco sia preparato il territorio romano». Non è di questo avviso Franca Mangianti, direttrice dell`Osservatorio meteorologico del Collegio romano: «Mica è arrivato l`uragano. E` l`albero cittadino indebolito da asfalto e inquinamento che non riesce a sopportare questi eventi. Se stavano bene il vento mica li sradicava, gli alberi dovrebbero reggere, forse bisogna averne più cura».
L`area interessata dalla tromba d`aria è sul tracciato dell`Appia Antica, all`altezza di Capo di Bove: «Uno dei cipressi si è abbattuto vicino a una casa e avrebbe potuto provocare qualche grave incidente, come quello del bambino al Tuscolano - ancora Bottini - Serve un controllo urgente sugli altri cipressi che costeggiano la strada, valutare se saranno in grado di reggere un`altra violenza meteorologica. Il Comune si deve attivare». Intanto i danni da maltempo già sopraggiunti dallo scorso 28 ottobre hanno spinto il presidente della Regione, Piero Marrazzo, a dichiarare lo stato di calamità naturale nei territori dei comuni di Ronna, Guidonia Montecelio e l`isola di Ponza. Permetterà interventi più veloci in caso di danni a strade, abitazioni e strutture produttive.
Già la settenaria scorsa, nel primo tratto dell`Appia antica, in via di Porta San Sebastiano, un muro di contenimento di una proprietà privata era crollato per le forti piogge. «Il muro, che risale al più tardi al XVIII secolo, era destinato a delimitare antiche vigile e non certo a contenere la terra di risulta di lavori per la costruzione di ville e piscine», osserva Rita Paris, che da sempre sottolinea l`urgenza della tutela dell`area.
Se ne parlerà forse mercoledì 12 novembre a villa Capo di Bove, in occasione dell`apertura al pubblico dell`archivio di Antonio Cederna, il più strenuo difensore del parco dell`Appia antica.
Bottini chiede forte una manutenzione del verde cittadino: «Mettiamoci tutti à tavolino, l`allarme c`è: nn una settimana ci sono stati due episodi anomali». «Estendere la zona a traffico limitato con accessi solo peri residenti, alberi a rischio e avvallamenti pericolosi: spero questa sia l`occasione - invece la Paris - per decidere cosa si deve fare dell`Appia Antica». Non comprende questo eccessivo allarme, Bruno Cignini, direttore del Servizio Giardini: «Abbiamo circa 300mila alberi in manutenzione di cui 150mila nelle ville e 150mila lungo le strade. Eli vigiliamo quotidiananiente, quando sono a rischio li abbattiamo tra le proteste generali. E` una responsabilità la nostra. E la soprintendenza chiede una cosa che già facciamo. Anche il pioppo che è precipitato al Tuscolano su quel povero ragazzo era in ottimo stato». Ma anche Samuele Piccolo, delegato alla Sicurezza del Comune, annuncia d`aver chiesto un appuntamento urgente all`assessore all`Ambiente, Fabio De Lillo, «per sviluppare un progetto di sicurezza ambientale: ovvero un monitoraggio e una messa in sicurezza degli alberi ad alto fusto. Occorre riprendere in mano tutte le aree verdi per renderle fruibili in sicurezza».

mercoledì 5 novembre 2008

Anzio, qui Nerone costruì le ville e Fellini si inventò il Grand Hotel

Anzio, qui Nerone costruì le ville e Fellini si inventò il Grand Hotel
PAOLO DI PAOLO
MERCOLEDÌ, 05 NOVEMBRE 2008 LA REPUBBLICA - Roma

Lo scrittore

L´imperatore romano, nato qui, fece edificare un porto e costruire una villa imperiale di grande splendore
Il regista scelse il "Paradiso sul mare", un casinò stile liberty con cupole d´argento, e lo fece passare in Amarcord per l´albergo di Rimini

Verso sera, i ruderi della villa di Nerone sembrano quasi fuori posto. Estranei alla moderna geografia balneare, appartengono a una storia silenziosa e distante. Questo mare di Anzio lo frequentavano già Cicerone e Mecenate, Ottaviano e poi Caligola; ma è Nerone, nato qui, che volle edificarvi un porto e vedere splendere la villa imperiale di tutta la bellezza possibile - le mura oltre la spiaggia, fino nell´acqua. La dolcezza della vita. La ingigantì, la colmò di statue e dipinti. Deciso a goderne in solitudine, una volta per tutte cercò di impedire il rientro a sua madre Agrippina, di ritorno in nave da Bacoli. Non gli riuscì di farla affondare simulando un naufragio: scelse la notte sbagliata, serena e di mare calmo - racconta Tacito: ed è una storia comica e disperata. Come molte altre che hanno Anzio per sfondo, finite al cinema: ne sono stati raccolti i fotogrammi in una piccola mostra l´estate scorsa al Parco Archeologico. Da Cleopatra con Liz Taylor a Amarcord di Fellini, che scelse il "Paradiso sul mare", un casinò stile liberty con cupole d´argento, e lo fece passare per il Grand Hotel di Rimini.
In un libro, "Anzio e i suoi lidi" di Patrizio Colantuono (lo trovo per caso nella libreria sulla piazza), sono raccolte una serie di cartoline d´epoca: ne affiora l´aspetto opaco e arioso di altre Anzio. 1918, Riviera di Levante: piccola folla di donne e bambini in posa. Sguardi quasi accigliati, di una curiosità verso l´obiettivo che oggi appare un poco rozza. Sono a mollo, ma indossano costumi improbabili, senza un lembo di pelle scoperta. Poi salti al 1960 e sulla passerella dello stabilimento Tirrena c´è un´aria diversa: più disinvolta, svagata. Indovini le silhouette di signore già in bikini. Nugoli di bambini in minuscoli slip si guardano attorno. Come sapevano Benjamin e Barthes, le fotografie hanno qualcosa a che vedere con la resurrezione. Di qui, lo stupore che sempre suscitano. La data - ha scritto Barthes - fa parte della foto, «induce a far mente locale, a considerare la vita, la morte, l´inesorabile estinguersi delle generazioni: è possibile che Ernest, scolaretto fotografato da Kertész nel 1931, viva ancora oggi (ma dove? come? Che romanzo!)».
In una cartolina del 1920, due giovani di spalle guardano il porto, sgombro e invaso dalla luce. Lui tiene una mano sulla spalla di lei, che indossa un copricapo bianco. Lo stesso tratto di mare, nel 1944, appare incupito da muri sventrati e relitti bellici. Una veduta aerea nel giorno dello Sbarco ha qualcosa di angoscioso, così pure il passaggio dei mezzi anfibi davanti al "Paradiso sul mare". Delle vicende di quei mesi custodisce la memoria il Museo dello Sbarco, ma una piccola, tragica storia di guerra è ancorata a un monumento eretto alla fine anni Settanta. La storia è quella della bambina Angelita, uccisa per errore da un colpo a salve di artiglieria: la ricorda una minuta sagoma di bronzo che incrocio sulla Riviera di Ponente. Poco oltre, su un muro, una scritta di vernice nera: "25 aprile, partigiano verme".
L´odore di frittura di pesce arriva a sbuffi dai ristoranti. Da poco ha aperto qui un locale curdo-turco - specialità kebab, che già qualcuno addenta in solitudine, seduto ai tavolini di plastica bianca. Le spiagge si fanno in fretta ombrose e umide, i gabbiani le perlustrano a piccoli gruppi con un´aria che pare perplessa. Sono ormai spoglie di ombrelloni e le luci al neon dei bar le raggelano. I traghetti aspettano i passeggeri per Ponza; il viavai verso la piazza si fa meno fitto. Tre vecchie signore discutono su chi debba pagare la cena (una in particolare si adonta seriamente). Con gli occhi rivolti al porto, una donna molto truccata vuole assicurarsi, via telefono, di qualcosa che non capisco. Punge l´odore dell´acquamarina che ristagna sui bordi del porto, un odore salso e muschioso. Alcune piccole imbarcazioni attraccate hanno un aspetto trascurato. Morse dalla ruggine e dal sale, portano nomi che mi divertono: Nunzia, Ombrina 2, Rinascita.
Mi racconta Letizia (lei vive qui da sempre) che è un vero spettacolo l´arrivo del pesce sulle banchine, tutti i giorni, alle tre del pomeriggio. Dopo avere scelto le forniture destinate ai ristoranti, i pescatori riservano ai cittadini cassette di pesce azzurro, gamberi, polpi, a prezzi molto economici. È l´usanza della "mazzana", e spesso basta contrattare un po´. Al dialetto locale si confondono le voci nordafricane.
Anzio, dice Letizia, è soprattutto mare, soprattutto porto. «In un posto senza acqua io non potrei vivere. Mi piace poter guardare il mare in tutte le stagioni, sentirmi in vacanza già da aprile. Scendo in spiaggia e mi dico che è una fortuna vivere qui». Però ricorda le estati di ragazza come mitiche: il lungomare, la piazza erano così affollati da non riuscire a farsi largo. Era epoca di villeggiature che duravano mesi - gente di Roma e dei Castelli che si piantava qui da giugno a settembre. Ora vengono nei fine settimana e scappano via. Roma è a un´ora di treno. I più giovani vanno a cercare movida altrove. Gli affitti da giugno ad agosto si gonfiano parecchio, per poi sgonfiarsi a settembre, quando le case del centro le prendono le maestre. Alle sei di un pomeriggio d´autunno in piazza potresti non incontrare nessuno. Anzio d´inverno diventa un fantasma.
L´idea dell´ex sindaco Candido De Angelis, ora senatore, di riaprire il casinò caro a Fellini, il "Paradiso sul mare", piace a molti. «Potrebbe rivitalizzare la vita cittadina, portare un turismo diverso. Però Anzio è pronta?».
In Piazza Pia si respira rilassatezza. Ma Anzio senza estate sembra davvero un poco orfana. Nelle vecchie cartoline la piazza ha qualcosa di scabro, quasi austero. Resto a guardare a lungo un´immagine datata 1923. Si vede questo spazio invaso da una folla che ascolta la musica. Sulle teste degli uomini, immancabili cappelli di paglia. Le donne indossano abiti chiari. C´è chi si affaccia curioso dalle finestre dei palazzi. Il mare sembra lontano, assente; lo spirito pare di belle époque ritrovata. L´incoscienza della storia mentre avviene si impiglia in istantanee come queste. Dov´è che i luoghi nascondono la memoria di sé? Lo scalpiccio dei cavalli sulla terra battuta di un giorno qualunque del 1858 (lo colgo da un disegno luminoso e geometrico di allora)? E questo brusio di centocinquant´anni dopo, dove va a perdersi? I bambini più piccoli si distraggono già, cercano altro; i più grandi si aggregano a capannelli vivaci. Un ragazzo e una ragazza si tengono per mano, con qualche incertezza. Si fermano a guardare per un attimo la piazza, da lontano. Si sorridono. «Amo´ - le dice in fretta lui - annamo via».

lunedì 3 novembre 2008

PADOVA : nuovo allestimento della sezione romana del museo archeologico

PADOVA : nuovo allestimento della sezione romana del museo archeologico
Notiziario Marketpress di Lunedì 03 Novembre 2008

NUOVO ALLESTIMENTO DELLA SEZIONE ROMANA DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI PADOVA

Padova, 3 novembre 2008 - “I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che dai Greci furono trascurate, cioè nell’aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache” (Plinio il Vecchio) Era una delle fondamentali vie di comunicazione nell’ambito dell’Impero Romano, essenziale per consentire il collegamento con il centro dell’Europa e dunque la penetrazione non solo militare ma anche culturale di Roma; era la spina dorsale su cui si sono sviluppate le identità dei territori circostanti; il filo rosso che ha unito storie di uomini e paesi, in bilico tra mare e terra, laguna e corsi d’acqua dolce. E’ la Via Annia il soggetto di un importante progetto di recupero e valorizzazione del tracciato che collegava Aquileia - attraversando i territori di Padova, Altino e Concordia - ad un capolinea meridionale che gli studiosi ancora discutono se individuare in Adria o in Bologna. Un progetto articolato e complesso avviato nel 2005, che sta ancora impegnando studiosi e ricercatori, tecnici ed informatici, enti territoriali ed Università, Musei e Soprintendenze e che con l’apertura, il 25 ottobre, delle sale dedicate all’antica via nel percorso dei Musei Civici di Padova–museo Archeologico, raggiunge un primo step importante e percepibile dal pubblico (dopo indagini, scavi archeologici, restauri, campagne di telerilevamento) che sarà seguito - entro dicembre 2009 - dagli allestimenti museali tematici nei Musei di Adria, Altino, Concordia e Aquileia, dalla musealizazione dei reperti riconducibili alla Via Annia conservati a San Bruson, a Dolo, da stazioni multimediali, convegni e da una serie di altri interventi mirati. Oggi, per i più, la via Annia - rapida via di collegamento orizzontale tra il Delta del Po ed Aquileia - è un non luogo: un puro riferimento storico non identificabile nella sua interezza e di cui, difficilmente, si colgono rimandi culturali e ambientali. Le vicende climatiche e i dissesti idrogeologici di epoca tardoantica e altomedievale ne hanno cancellato le tracce; il tempo e la mancanza di interventi specifici ne hanno fatto perdere a lungo la memoria e il senso. Eppure il suo tracciato è ancor oggi parzialmente riproposto dalla strada statale Triestina e la funzionalità del sistema viario antico sembra quindi conoscere nel tempo una significativa persistenza. Finanziato da Arcus S. P. A. - che ha stanziato 1. 8 00. 000 euro - su proposta e con il contributo della Regione del Veneto e del Comune di Padova e attuato da questi, insieme ai Comuni di Concordia Sagittaria, Dolo, Aquileia e Rovigo e dall’Università degli Studi Padova con la collaborazione delle Soprintendenze per i Beni Archeologici del Veneto e del Friuli-venezia Giulia – il progetto ha dunque come obbiettivo principale quello di rendere questa arteria risalente al Ii secolo a. C. , un patrimonio culturale accessibile; una realtà percepibile capace di rievocare le vicende e le trasformazioni che si sono susseguite nei secoli lungo i suoi 200 km e di veicolare – oggi come ieri – idee e culture. Il suo percorso – ricavato dai Romani su precedenti piste protostoriche – è ricostruibile con certezza grazie ad alcuni dati archeologici (come il rinvenimento dei miliari), al recupero di strutture e infrastrutture connesse alla strada tra cui lacerti stradali e, soprattutto, ponti in pietra, alla toponomastica e all’analisi delle riprese aeree; e - per quanto riguarda il tratto Padova-aquileia - anche grazie a numerose testimonianze storiche: la strada era infatti menzionata, tra l’altro, in tre Itinerari antichi, con l’indicazione delle distanze tra i principali centri attraversati e la menzione delle più importanti tappe intermedie, per la sosta e il cambio dei cavalli. Molti aspetti restano tuttavia ancora da indagare; molto resta ancora da capire e da scoprire. Il progetto ha previsto prima di tutto interventi di indagine e di approfondimento, miranti a ricostruire il tracciato della via e le realtà su essa insistenti. E’ stata dunque effettuata, a cura dell’Università degli Studi di Padova, una specifica raccolta dati, con conseguente elaborazione di un sistema di schedatura informatica, ed è tuttora in corso una campagna di riprese fotografiche oblique da aereo - lungo tutta l’arteria - mirata ad identificare possibili tracce sepolte: e già ci sono i primi risultati eclatanti, come la documentazione dell’antica città di Altino, nucleo urbano originario da cui partirà la fondazione di Venezia . Ancora gli scavi archeologici, che sono effettuati, per il momento, nella Tenuta di Ca’ Tron (a tre chilometri da Altino), ad Aquileia presso l’importantissimo insediamento abitativo della cosiddetta “Casa delle bestie ferite” e a Concordia Sagittaria, laddove vi erano nodi critici irrisolti o ricche potenzialità informative. Risulta così ora databile con sicurezza alla prima metà del I sec. D. C. (grazie alle indagini endometriche e dendocronologiche sulla palificata di fondazione) il ponte romano di pietra individuato a Ca’ Tron, mentre sono riemersi ulteriori edifici del complesso rustico già individuato nel settore nord orientale della Tenuta, a 800 metri dalla strada consolare, e nuove informazioni sono state raggiunte ad Aquileia, in ordine alla planimetria della domus e alla sua costruzione. Numerosi sono i restauri programmati nel Progetto Via Annia e in parte già effettuati - come nel caso delle tombe emerse nella necropoli preromana e romana di Via Tiepolo a Padova, scavate in laboratorio dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto - relativamente a reperti archeologici riconducibili al percorso dell’infrastruttura romana, soprattutto in vista della loro esposizione nelle nuove sale che saranno dedicate a questa importante via di comunicazione in ciascuno dei musei interessati dal passaggio dell’antico tracciato: i Musei Archeologici di Adria, Padova, Altino, Concordia e Aquileia. In particolare, a partire dall’inaugurazione del nuove sale dell’età romana dei Musei Civici agli Eremitani-museo Archeologico di Padova, tutte le sedi coinvolte attueranno un progetto museografico e allestitivo di valorizzazione dei materiali attinenti alla via – alcuni importantissimi – realizzando appositi ambienti dedicati, con pannelli esplicativi e didascalie che illustrino il tracciato dell’Annia, approfondendo le peculiarità specifiche della zona, e con una stazione multimediale, in ogni museo, che permetta ai visitatori di conoscere tutto ciò che dell’antica via di comunicazione è noto, mettendo in rete tra loro i siti. Un biglietto d’ingresso unico ai Musei consentirà – a percorso progettuale completato - di rafforzare l’idea di visita lungo il tracciato, reso ulteriormente percepibile da una segnaletica turistica capillarmente distribuita e da pannelli didattico–informativi dislocati sui territori urbani; mentre verranno prodotti altri materiali divulgativi e di approfondimento e avviate iniziative ed eventi per la valorizzazione delle specificità dei territori lungo la Via Annia . Recuperare e valorizzare allora questa antichissima via, attraverso nuovi strumenti di comunicazione; approfondire lo studio e le ricerche; ricostruirne simbolicamente il tracciato e – infine – mettere in rete il complesso delle evidenze archeologiche conosciute, significa soprattutto valorizzare la storia e la cultura dei territori toccati dall’asse viario, recuperarne l’identità e dunque tradizioni, prodotti, enogastronomia. Un impegno importante, i cui primi risultati sono già stati indicati in una giornata di studi organizzata dal Comune di Padova nei mesi scorsi (saranno pubblicati a breve gli atti) e di cui si darà adeguatamente conto in un convegno conclusivo, al termine delle azioni previste dal Progetto Via Annia.

domenica 2 novembre 2008

La cavalleria nell'esercito romano

La cavalleria nell'esercito romano
di Ferdinando Angeletti ©

l'articolo completo lo trovate al seguente link

IL RELITTO ROMANO DI SANTA CATERINA

IL RELITTO ROMANO DI SANTA CATERINA

Storia
La vori di protezione conclusi, gli antichi tesori coperti con grandi teli.


«Il relitto della nave romana di Santa Caterina è stato praticamente sepolto in nome di una fantomatica conservazione. E così dopo decenni di attesa, di recupero e valorizzazione ancora non se ne parla».
Nelle settimane passate, nel mare antistante la marina di Santa Caterina, sulla costa di Nardo', è terminato il lavoro dei sub del "Nautilus", la grande imbarcazione dotata di particolari attrezzature per le operazioni sui fondali, che con un lavoro durato quasi un mese hanno proceduto a ricoprire tutta l'area dove giace il relitto della nave romana del Il secolo A.C., lunga 23 metri, e il suo grosso carico di anfore di tipo greco-italico, con speciali teli fissati sul fondo con sacchi pieni di materiale zavorrante. Già in passato una soluzione simile era stata messa in atto, ma nel giro di pochi anni l'azione del mare aveva reso inutile la copertura riducendola in brandelli di plastica disseminati sul fondo.
Le operazione intorno all'antichissima imbarcazione mercantile sono state commissionate dalla Soprintendenza ai beni Archeologici di Taranto e coordinate dai carabinieri e, anche se attuate con lo scopo di conservare il relitto e il prezioso carico e impedire ai "tombaroli del mare" di continuare nella loro ininterrotta azione di rapina, hanno praticamente "sepolto" il relitto e l'area circostante (secondo gli esperti uno dei siti archeologici più importanti della costa salentina) sottraendola per chissà quanto tempo alla vista.
Per questo, dopo l'operazione del "Nautilus" si sono sollevate le voci di protesta, soprattutto degli addetti ai lavori: gli operatori turistici e gli studiosi che da tempo invocano una valorizzazione del sito archeologico che potrebbe diventare una delle mete più importanti della regione per il turismo subacqueo. «Perché tanto abbandono da parte delle autorità competenti? Perché si è proceduto ad una seconda sepoltura di quello che potrebbe essere un'ulteriore attrazione turistica di interesse internazionale? - dice Andrea Costantini, guida subacquea e uno dei massimi esperti dei fondali salentini. Perché non creare, come in altre parti di Italia, un percorso turistico-archeologico e didattico che renda fruibile il sito sia ai subacquei sia ai non subacquei, facendolo conoscere tramite filmati e riproduzioni? L'Università del Salento ha pronti anche alcuni progetti in questo senso». Poi Costantini lancia l'idea: la concessione in gestione del sito ad un soggetto privato che si assuma la responsabilità della tutela e della fruibilità.
G.T.

Fonte: Nuovo Quotidiano, 17/01/2008

Mostra al Museo della Civiltà romana

Mostra al Museo della Civiltà romana
RORY CAPPELLI
02 novembre 2008, LA REPUBBLICA - ROMA

Al Museo della civiltà romana la mostra "Il divo è tratto" sulle tavole illustrate di Gilles Chaillet una passeggiata nella città al tempo dei Cesari. Tra vita quotidiana, monumenti e ricerca storica

Un archeologo guida i visitatori Postazioni interattive, foto e filmati

La nebbia e l´umidità del mattino. Il tempio di Giove - il Campidoglio - con le sue bianche colonne e la sua mitologia raccontata per fregi. La Rupe Tarpea, poco oltre il Campidoglio, dove si gettavano i traditori. Laggiù il Quirinale, proprio accanto al Viminale. E poi l´Esquilino, l´Aventino, il Palatino. I colli di Roma. Tutt´intorno il brulicare della vita quotidiana, che la sera si arresta, con il buio che non è ancora stato domato dall´elettricità, e si accende, molto presto, con la luce del giorno. Non è difficile immaginare la nebbia e l´umidità del mattino della Roma di quasi duemila anni fa, nel 314 d. C., quando Roma era circondata da foreste e paludi più o meno bonificate, "passeggiando" tra le tavole di Gilles Chaillet.
Tutte esposte - sono una ventina - al Museo della Civiltà romana in una mostra promossa dall´assessorato alle Politiche culturali, dalla Sovraintenza e ideata da Vivalibri. Il divo è tratto. A passeggio con Gilles Chaillet, tra segni e disegni, nella Roma dei Cesari nasce dalla passione di Chaillet per i fumetti (è un disegnatore) e per la Roma antica. Un lavoro mastodontico e da certosino lo aveva già portato, lo scorso anno, a pubblicare un libro che è persino diventato un testo universitario. Accanto alle tavole, «dettagliate e fedeli dal punto di vista storico, almeno per le conoscenze archeologiche attuali», spiega, nel libro c´era il racconto di un immaginario Flavio che da Eraclea Pontica, una colonia del Bosforo, arriva a Roma per recare un messaggio all´imperatore Costantino. In mostra ci saranno visite guidate con un attore vestito come Flavio che condurrà nella Roma dei Cesari, animando con racconti e drammatizzazioni il percorso espositivo. Le visite saranno condotte anche da un archeologo che aiuterà a immaginare meglio come doveva essere la città nell´età imperiale. Con le loro parole, forse, si riuscirà a sentire l´odore dei mercati del Foro Olitorio e del Foro Boario, i mercati delle verdure e della carne, il rumore delle carrozze, a vedere le toilette dei dominus e le stolae delle donne, ad entrare nelle case delle insulae, l´interno delle tabernae, ad assistere ai riti per Giove, Giunone e Minerva, a seguire le processioni per Iside, la divinità che arriva dall´Egitto, o a partecipare, inorriditi, ai sacrifici (di tori) per Cibele, proveniente dall´attuale Turchia, o al culto di Mitra che arriva invece dalla Persia (l´Iran di oggi).
Le tavole, tra il fumettistico e il topografico, della grandezza di tre metri e mezzo per due ognuna, realizzate in due anni per un totale di cinquemila ore di lavoro, saranno esposte, nelle sale del museo, insieme ai reperti che raccontano la storia della città e della sua bellezza: fino ad arrivare al grande plastico in gesso realizzato agli inizi del Novecento da Italo Gismondi. Qua e là postazioni interattive studiate per "interagire" proprio con il plastico permetteranno al visitatore di scoprire le funzioni e gli usi di tutte le parti dell´opera di Gismondi e quindi della Città Eterna, anche attraverso l´ausilio di immagini e filmati. Anche le tavole di Chaillet sono state rielaborate per essere osservate fin nei minimi dettagli. Fino a immaginare la nebbia e l´umidità del mattino.
Museo della Civiltà Romana - Piazza Agnelli 10 - Dal 5 novembre al 1 marzo 2009 - Info: tel. 060608 - www.museociviltaromana.it

sabato 1 novembre 2008

Il sottosuolo sammaritano regala nuove interessanti reperti

Il sottosuolo sammaritano regala nuove interessanti reperti.
01/11/2008 IL MATTINO

Nel corso di alcuni interventi realizzati sia nel piazzale antistante che nell'area retrostante l'Anfiteatro campano, sono state rinvenute delle rovine romane. La precedente arena utilizzata da Spartaco e una vasca che i romani adoperavano come scenario per gli spettacoli navali arricchiranno il già importante patrimonio archeologico di Santa Maria Capua Vetere. Le scoperte, effettuate qualche giorno fa, sono state rese note solo ieri mattina ma si attende comunque ancora l'ufficializzazione da parte della Soprintendenza dei Beni Archeologici. Gli operai della ditta incaricata di eseguire i lavori nell'area nei pressi dell'Anfiteatro hanno rinvenuto alcuni resti di quella che è stata indicata come la precedente arena - quella in cui si esibiva Spartaco - ed i cui materiali sarebbero stati adoperati per costruire il sito attualmente aperto al pubblico. Ma quello della precedente arena non è l'unico reperto che è venuto alla luce nell'ultimo periodo. Di pari importanza, se non addirittura ancora più rilevante è il rinvenimento di una vasca. Grande è stata la sorpresa degli operai quando, nell'effettuare i lavori per la realizzazione della passeggiata archeologica posta alle spalle dell'Anfiteatro, hanno scoperto un bacino di notevoli dimensioni. Secondo quanto si apprende - anche in questo caso mancherebbe la conferma ufficiale della Soprintendenza - si tratterebbe di una delle vasche che i romani utilizzavano come sorta di scenario per i loro spettacoli navali. Conosciute come «navalia proelia» o con il termine greco «naumachiae», venivano riprodotte in un apposito bacino riempito d'acqua; gli attori principali chiamati a inscenare gli scontri che avevano visto impegnate le flotte romane erano in genere criminali condannati a morte o troupe di professionisti o ancora veri marinai e soldati. Delle naumachiae ci sono notizie grazie a Marziale che racconta di battaglie riprodotte al Colosseo o comunque sempre in ampi bacini a Roma. Se la natura dei resti rinvenuti fosse confermata si tratterebbe davvero di una scoperta di rilevanza mondiale. cri.mo.