lunedì 20 ottobre 2008

282-272 LA GUERRA TARANTINA

282-272 LA GUERRA TARANTINA

L’aver ottenuto Turi, Locri e Reggio la protezione romana contro i Lucani e i Bruzi, provoca, violando la sfera d’interessi di Taranto, la guerra con Taranto, che ha per causa occasionale la comparsa di una flotta da guerra romana, diretta sulla costa umbra, nel porto di Taranto, contrariamente agli accordi presi nel 303. I Tarantini l’assalgono, s’impadroniscono di 5 navi, e cacciano la guarnigione romana da Turi. Gli ambasciatori romani, inviati a Taranto a chiedere soddisfazione, vengono ingiuriati.
Alle richieste dei Tarantini aderisce (281) nel quadro della sua politica siciliana Pirro re d’Epiro, erede di Agatocle, il quale sbarca a Taranto con 20.000 mercenari e 20 elefanti da guerra. Egli vince presso Eraclea sul golfo di Taranto (280), conquista alla sua causa tutte le vicine città greche fino a Locri, i Bruzi, i Lucani, i Sanniti, invadendo la Campania e il Lazio fino ad Anagni, ma si arresta davanti ai Latini. Il suo ambasciatore Cinea è, su proposta di Appio Claudio Cieco, espulso dal senato, che egli definirà « un consesso di re ».
Pirro vince ancora ad Ascoli in Apulia (279) pare con enormi perdite (ed a questo si riferisce l’espressione « vittoria di Pirro ») e risponde all’invocazione dei Siracusani, assaliti dai Cartaginesi: allora Roma stringe un patto con Cartagine. Nel biennio 278-276 Pirro conquista quasi tutta la Sicilia e progetta uno sbarco in Africa, ma a questo punto le città siciliane lo abbandonano. Ritiratosi a Taranto, chiama in aiuto i Sanniti, ma viene battuto da M. Curio Dentato nella battaglia di Benevento (275). Un attacco macedone all’Epiro lo costringe ad una precipitosa ritirata, e di li a tre anni a richiamare anche suo figlio Eleno. Nel 272, morto Pirro, Taranto, consegnata dal suo generale Milone ai Romani, è disarmata e spogliata di tutte le fortificazioni. Nel 270 viene occupata Reggio. La guerra finisce con la ritirata delle tribù sannite meridionali, dei Lucani e dei Bruzi e con la fondazione delle colonie di Paestum nel 270, di Benevento nel 268, di Brindisi nel 267 e di Isernia nel 263. La via Appia viene prolungata da Capua fino a Brindisi attraverso i centri di Venosa e Taranto. I Picenti nel 268, e i Salentini nel 266, entrano a far parte del sistema romano. Nel 268 sorge per iniziativa di Roma la Lega romano-italica.
Roma con l’assorbimento della nobiltà provinciale italica in quella romana rinvigorisce la vita cittadina, e l’assunzione dei capi tribù italici tra i cives Romani favorisce la romanizzazione della penisola. Inoltre l’elemento greco che si trovava finora entro l’area d’espansione sannitica offre a Roma la possibilità di un nuovo contatto col mondo greco, dapprima con quello dell’Italia meridionale, poi l’accedere al traffico commerciale ellenistico: ciò è comprovato dal fatto che ad ornare il tempio di Cerere furono chiamati artisti greci e che la costruzione dei templi, anche se dedicati a divinità prettamente romane, ricevette un nuovo impulso.
Solo nel 291 Roma assunse il culto di Asclepio di Epidauro, mutando Asclepio in Esculapio, nel 300 Ogulnio Gallo fissò in una sua opera il simbolo di Romolo e Remo con la lupa, e nel 269 fu introdotto il conio delle monete d’argento dette victoriati, tra cui ricordiamo la cosiddetta serie romano-campana, che in questo periodo reca appunto l’immagine della lupa. Il tempio della Salute è ornato dai dipinti di Fabio Pittore. Nel 295 sorge il tempio di Venere e Jupiter Victor, nel 294 quello di Jupiter Stator e Vittoria, nel
293 di Quirino e Fortuna, e più tardi i templi di alcune divinità locali, cioè di Summanus ossia del fulmine nel 278, di Consus ossia del raccolto nel 272, di Tellus ossia della terra nel 268, di Pales protettrice dei pastori nel 267. La figura di maggior rilievo nella seconda metà del IV secolo, una figura che fa epoca nella storia di Roma, è Appio Claudio, detto Appio Cieco. Durante la sua censura si traccia la prima strada romana, che prende da lui il nome di Appia, e si costruisce il primo acquedotto romano, l’acqua Appia. (Il secondo, l’acqua Curia, sarà costruito solo nel 272). Sue sono le Sententiae, prima traduzione latina di un testo greco, scritte in forma gnomica e nel metro liturgico dei Romani, il Saturnio, e sua è la massima presaga: « Roma non trattare, finché sul suolo italico ci sono truppe
straniere ». Con questo egli postula l’unificazione dell’Italia sotto Roma e delimita l’imperium, ossia la sfera d’influenza romana, come sino allora avevano fatto soltanto Cartagine, nei riguardi di Roma, di Marsiglia e degli Etruschi, e dall’altra parte Taranto.