sabato 10 maggio 2008

Sepolcro dell’età Repubblicana dissotterrato a Fiano Romano

Sepolcro dell’età Repubblicana dissotterrato a Fiano Romano
Edizione n. 1260 del 25/01/2007, ITALIA SERA

Blitz della GdF e dei Cc contro il mercato clandestino di reperti archeologici

Un ritrovamento eccezionale sia per l’inestimabile valore dei reperti archeologici sia per le modalità stesse del ritrovamento.
Un colossale sepolcro di età Repubblicana, infatti, ascrivibile al I secolo a.C., è stato recuperato dagli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma, in collaborazione con i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. Le indagini congiunte coordinate dal Pm Giorgio Paolo Ferri, avevano già da tempo rintracciato un’organizzazione ‘specializzata’ nel commercio clandestino di reperti del passato. In particolare, le Fiamme Gialle hanno recuperato 11 lastre in marmo lunense di grandi dimensioni (80x100x40 cm), che in origine costituivano il proscenio decorativo di un mausoleo principesco, straordinario per dimensioni e ricchezza del materiale utilizzato, istoriato nei diversi ordini che lo compongono con bassorilievi di scene gladiatorie e giochi commemorativi. All’appello mancano ancora alcune sezioni del mausoleo, probabilmente ancora nelle mani dell’organizzazione, mentre nelle ore successive al primo intervento è stato recuperato un ulteriore prezioso pannello, in procinto di essere immesso nell’indotto illecito. Gli uomini delle Fiamme Gialle hanno poi riportato alla luce, nascosti sotto un insospettabile cumulo di materiale di risulta in una maggese dell’agro di Fiano Romano, numerosi altri elementi architettonici (trabeazioni, sezioni scultoree, cornici policrome, steli epigrafate, colonne, capitelli, etc.) pertinenti all’antica sepoltura. Secondo gli investigatori il monumento funerario doveva appartenere a un ricco esponente della magistratura di Età Repubblicana, con ogni probabilità situato non lontano dalle residenza suburbane dei notabili dell’epoca e dal bosco sacro della dea Feronia, il suggestivo e ricco santuario di Lucus Feroniae, depredato da Annibale nel 211 a. C. ed attivo fino al V sec. d. C.. L’attività di intelligence condotta dai Finanzieri del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico ha permesso di individuare il luogo nel quale erano nascosti i pregiati pannelli e ad evitare che, con numerosi altri reperti marmorei interrati nell’area adiacente, i reperti fossero esportati ed immessi nel mercato parallelo delle opere d’arte proveniente da scavo clandestino. Il lavoro degli archeologi della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale permetterà ora di individuare il sito di provenienza del monumento. Il mausoleo, in tutta la sua meraviglia architettonica, sarà presto ricondizionato e restituito alla fruizione pubblica, e così, a disposizione della collettività: una storia a lieto fine, dunque; una pagina felice che sottolinea l’impegno che le Forze dell’Ordine profondono nella tutela del patrimonio culturale a valenza universale. Durante la presentazione alla stampa dei reperti, avvenuta presso il museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, il ministro per i Beni e le Attività Culturali ha spiegato che: “Il responsabile è stato intercettato e quindi la sua illusione di diventare ricco con questo patrimonio si è trasformata in una denuncia giudiziaria. In questo modo egli ha perduto la possibilità di avere un prezioso rimborso. Ai sensi della legge avrebbe avuto del danaro dallo Stato e invece si ritroverà sotto processo e l’Italia acquista questo meraviglioso documento risalente, con probabilità, al terzo venticinquennio del I secolo a.C. alla vigilia del principato di Augusto”. I beni archeologici ritrovati ora saranno restaurati, studiati ed esposti nella zona del ritrovamento. Rimane tuttavia da parte di Pier Giorgio Ferri, pubblico ministero della Procura della Repubblica di Roma che ha seguito le indagini, il rammarico di non poter ottenere la reclusione della persona sinora denunciata: “I responsabili, purtroppo, non sono stati arrestati a causa di una grave lacuna del sistema normativo in materia, in base al quale il furto archeologico di questo genere prevede una pena di tre anni, mentre per ottenere la cattura occorre che la pena prevista vada dai quattro anni in su”. “La persona denunciata - ha ggiunto Ferri - era solo indirettamente collegata alla criminalità di settore dalla quale otteneva indicazioni sulle modalità di occultamento dei reperti in un luogo diverso da quello degli scavi. E’ lecito supporre che altri pezzi appartenenti al medesimo monumento funerario siano già stati smistati all’estero negli anni scorsi”. Elemento positivo appare invece l’evoluzione del mercato nero di opere d’arte che non ha riciclato i reperti ritrovati in tempi brevi, come ha sottolineato il p.m. Pier Giorgio Ferri.