lunedì 14 aprile 2008

BELLUNO Con i reperti museali dell'età romana si scopre l'organizzazione municipale

BELLUNO Con i reperti museali dell'età romana si scopre l'organizzazione municipale
13 APRILE 2008, IL GAZZETTINO

ARCHEOLOGIA

(g.l.) «Le fonti storiche di età romana su Belluno tacciono in maniera quasi totale e dunque sono le iscrizioni votive i documenti più importanti per conoscere l'organizzazione municipale ed è la città dei morti a raccontare la città dei vivi»: così Simonetta Bonomi, funzionario di zona della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto, ha aperto all'Auditorium il quinto appuntamento del ciclo di conferenze «Dal palazzo dei Giuristi a Palazzo Fulcis» sulle collezioni del museo (venerdì 18 aprile la studiosa ed archeologa trevigiana Elisa Possenti parlerà dei reperti altomedievali bellunesi).
Al centro della serata l'età romana a Belluno alla luce dei reperti museali. Sappiamo che sotto il centro storico, emersi nei lavori di posa della metanizzazione e dell'Enel, sono stati trovati resti di case romane con pavimenti a mosaico dotati di impianto di riscaldamento, accorgimento ben comprensibile visto il rigido clima locale. Proprio tali rinvenimenti hanno reso difficile - ha osservato la relatrice - identificare l'ubicazione delmunicipium Belluni, il cui foro si riteneva corrispondesse all'attuale piazza del Mercato. Insomma, non si sa esattamente quali fossero i limiti della città. Belluno era una piccolissima immagine di Roma e perciò anch'essa doveva avere mura con porte d'ingresso, il foro col tempio capitolino, i portici, la curia e la basilica. Ma gli scavi non ci hanno restituito quasi nulla, eccetto qualche capitello e una mensola. «A parlare delle istituzioni locali romane restano perciò - ha concluso Simonetta Bonomi - solo diverse epigrafi che ci parlano di due coppie di duoviri con competenze in tema di edilizia e di giustizia minore, dell'ordo decurionum (il senato) e del popolo. Organizzato dal museo, dalla biblioteca e dall'archivio storico di Belluno per valorizzare il patrimonio del museo».