giovedì 24 gennaio 2008

ROMA Il ritorno della Lupa

Corriere della sera, sabato, 03 giugno 2000
ROMA Il ritorno della Lupa

Presentato il restauro del mitico bronzo. E' solo la prima tappa del «giugno archeologico» Ma i gemelli forse in origine non c' erano
Carandini Andrea, Colonnelli Lauretta


EVENTI Una mostra a Palazzo Caffarelli illustra le origini del celebre mammifero del V secolo avanti Cristo. E intanto si annuncia per la fine del mese l' apertura di una nuova sezione dei Musei Capitolini ROMA Il ritorno della Lupa Presentato il res tauro del mitico bronzo. E' solo la prima tappa del «giugno archeologico» di ANDREA CARANDINI I l mese di giugno si presenta a Roma come un grande banchetto archeologico, che rischia di superare la pur grande festa del giugno scorso, quando è stata r iaperta la Domus Aurea di Nerone. A Palazzo Caffarelli in Campidoglio, vicino al più bel caffé del mondo e ai musei completamente rinnovati, si apre la mostra sulla Lupa capitolina restaurata. Lo splendido bronzo degli inizi del V secolo a.C. mostra le mammelle gonfie(non si tratta di aggiunte successive, come si sospettava). I festeggiamenti archeologici culmineranno con l' apertura dei monumenti dell' Appia Antica (Cecilia Metella, Villa dei Quintili), con altre due sezioni del Museo Nazionale Romano (l' epigrafica e la protostorica) e con due mostre. La prima su Gli Argonauti del Pacifico porta negli abissi di una società vivente che non conosce i metalli. La seconda mostra si intitola Roma. Romolo, Remo e la fondazione della città. Sarà ospitata nelle aule delle Terme di Diocleziano. Il ministro Giovanna Melandri inaugurerà museo e mostre il 27 giugno, ore 18. La mostra sulle origini di Roma presenterà sorprese dovute agli scavi di questi ultimi anni. Vi figureranno, fra l' altro, le prime mura di Roma e una loro porta (metà dell' VIII secolo), che la tradizione attribuisce a Romolo, ricostruite in scala uno a uno. *** Fino a poco tempo fa Roma non aveva un museo archeologico. Sembra un paradosso, ma è così. I musei di Roma, v ecchi e nuovi, riguardano infatti la storia dell' arte antica, illustrano cioè la scultura e qualche volta la pittura dell' antica Roma. Ma con l' apertura di una piccola e splendida sezione del Museo Nazionale Romano in via delle Botteghe Oscure, Ro ma ha finalmente il suo primo museo che illustra l' archeologia di una porzione della città nel Campo Marzio e dell' intera città in età tardo-antica e medievale. Tutti sappiamo che il fascino di Roma sta nel puzzle complicatissimo della sua formazio ne, fatta di monumenti di epoche diverse. Quando appendiamo un quadro nel centro storico non sappiamo se stiamo bucando un muro della Roma imperiale, tardo-medievale o settecentesco. Questo miscuglio di epoche diverse lo possiamo osservare superficia lmente passeggiando per la città. Mancava tuttavia una indagine scientifica di un isolato urbano capace di mostrare analiticamente ed in sintesi come si è costruita la città, come si è passati per le diverse Rome su cui camminiamo e che ci avvolgono. L' archeologia tradizionale era in grado di chiarire un luogo o l' altro ma non riusciva a tenere in pugno e a dimostrare le crescite e le demolizioni di un organismo complessissimo, tanto che è stato paragonato da Freud alla psiche umana. Ma è spun tato un giorno un archeologo abile nell' archeologia stratigrafica e urbana «all' inglese» che ha cominciato a scavare venti anni fa, chiamato dalla Soprintendenza, in un isolato che si affaccia su via delle Botteghe Oscure: Daniele Manacorda. Si è p resentata in tal modo la grande occasione di anatomizzare un isolato intero che per alcune vicende singolari era rimasto privo dei suoi abitanti ed era diventato di proprietà pubblica. Così un archeologo classico ha cominciato a trattare la Roma del ' 700 e di tutti gli altri secoli fino a Cesare con lo stesso interesse e la medesima cura: era la prima volta che ciò accadeva su così vasta scala. Oggi il risultato di vent' anni di ricerche coordinate dalla Soprintendenza statale vengono illustrat i in una parte dell' isolato restaurato. Sulle pareti scrostate vediamo il sovrapporsi vertiginoso di muri imperiali, quali il portico/cripta del teatro di Balbo, su su per muri medievali, lungo 2000 anni di vicende umane. La ricerca stratigrafica e l' utilizzo di qualsiasi reperto frammentario e frustulo scritto hanno portato a ricostruzioni periodo per periodo, realizzate dai migliori illustratori di realtà archeologiche che io conosca in Europa, allievi di P. Donati, di recente scomparso. Pos siamo così vedere in modo esatto e avvincente come si presentava il Campo Marzio prima che Roma fosse stabilmente popolata, il sorgere del Teatro augusteo di Balbo col suo portico e della vicina piazza Minucia in cui si distribuiva la farina ai Roman i a partire da Domiziano, il decadere, dissolversi e interrarsi della città antica fra V e VIII secolo, salvo il timido spuntare di qualche chiesetta, e infine il nuovo paesaggio urbano medievale dal IX secolo in poi, con le case dei mercanti (con id entificazione dei proprietari tramite documenti di archivio), fino al cinquecentesco Conservatorio di S. Caterina per le «vergini miserabili», di cui viene ricostruita la vita quotidiana e l' uscita annuale delle vergini in strada per trovare marito. E poi ancora avanti, fino ai primi numeri civici degli inizi dell' 800 e oltre, fino al museo attuale della Crypta Balbi. Produzioni di vetro, calcare in cui statue e capitelli finivano in calce, fabbriche di metalli, panni e corde si susseguono in un vortice affannoso, instancabile e mutante delle attività produttive umane. Dopo aver sistemato le collezioni d' arte antica, la Soprintendenza statale di Roma ha aperto dunque il capitolo nuovi dei musei archeologici come nel 2000 possiamo intende rli. Aspettiamo con ansia per fine giugno l' apertura di un' altra sezione del Museo Nazionale Romano, con l' esposizione della necropoli della Gabii protostorica, altro scavo di eccezionale importanza che illustra la vita dei più antichi Latini. Con gli scavi ai Fori imperiali e con questi ultimi musei l' archeologia italiana può dirsi trionfalmente entrata in Europa. Il merito va ad Adriano La Regina e ai collaboratori da lui scelti. Il restauro architettonico dell' isolato trova i suoi moment i migliori quando scopre i muri (ancora da didascalizzare) e si mette al servizio della comprensione archeologica del sito e quelli meno felici in alcune soluzioni post-moderne, che sembrano slegate dal contesto. Se un visitatore dovesse chiedermi da dove conviene cominciare la visita di Roma, risponderei dal piccolo museo in via delle Botteghe Oscure, perché offre la chiave per intendere sistematicamente, seppure in un campione, come è fatto il cuore di Roma. Potessero aggiungersi altri musei p er illustrare gli altri quartieri della città, in un racconto che comincia dalla natura e finisce con noi, giunti al massimo dell' artificialità! Ieri non ci speravo, oggi sì. La mostra sulla Lupa Capitolina si apre oggi a Palazzo Caffarelli dei Muse i Capitolini e si chiude il 15 ottobre. Catalogo Electa (pagine 119, lire 65.000). Indirizzo Internet: www. comune.roma.it/cultura/italiano/musei Ma i gemelli forse in origine non c' erano U na lupa che forse non ha allattato Romolo e Remo fin dalla sua origine, nel V secolo a. C., ma soltanto a partire dal Rinascimento, quando le furono posti sotto le mammelle i due gemelli finora attribuiti al Pollaiuolo. E' una delle tesi sulla statua in bronzo conservata nei Musei Capitolini che sono emerse durante il restauro cominciato tre anni fa. I risultati sono ora illustrati in una mostra che resterà aperta a Palazzo Caffarelli, in Campidoglio, fino al 15 ottobre. Accanto all' antica scultura simbolo di Roma, messa in mostra separatamente dai gem elli, sono esposte anche altre opere legate al mito del Lupercale e provenienti da musei italiani e stranieri. Ma la sezione più interessante è quella che offre alcune risposte al mistero della Lupa Capitolina, nonostante la statua sia forse l' unica , o una delle pochissime sculture antiche, non provienente da scavi ma sempre rimasta in vista. Il dato più rilevante delle analisi di restauro è che si tratta di un modello a cera persa e che l' argilla del modello, tuttora conservato all' interno d ella Lupa, proviene dalla valle del Tevere. Mentre il piombo di cui è composta la lega in cui è fusa l' opera proviene dalle miniere di Calabona in Sardegna. Un quadro storico che induce a confermare l' ipotesi per cui la Lupa sarebbe stata realizzat a dall' artista etrusco Vulca, o dalla sua scuola, attiva a Roma fin dall' epoca dei Tarquini. Novità infine anche su Romolo e Remo: potrebbero non essere opera del Pollaiuolo, ma di artisti che seguivano la tecnica di fusione dell' officina ferrares e. Ma il dibattito sulla loro presenza originaria sotto la Lupa è aperto. Lauretta Colonnelli