mercoledì 26 dicembre 2007

Chi ha paura delle sacre rovine?

Corriere della Sera, lunedi , 13 marzo 2000

Chi ha paura delle sacre rovine?
Carandini Andrea
Riflessioni, esperienze, bilanci di un uomo che ha dedicato la vita alla ricerca del passato I monumenti devono essere visitati, compresi e usati. Ricavandone, magari, anch e un utile economico CARANDINI Chi ha paura delle sacre rovine?
Pubblichiamo in anteprima alcuni brani del libro "Giornale di scavo" di Andrea Carandini, in uscita da Einaudi (pagg.220, lire 30.000) Federico Zeri + morto Zeri, l' ultimo dei maestri. Il suo essere stato un maestro sarebbe dipeso da una fusione rara tra carattere e conoscenza. Personalita' ed esperienza nell' arte Zeri ne aveva, specie nel suo campo - piu' erudito e geniale connaisseur che storico intelligente - ma nel suo caso tr ovavo proprio la fusione con il resto disturbante. Preferivo la raffinatezza snob dell' americano europeizzato Bernard Berenson, che aveva come modello il gentleman edoardiano (si occupava come Zeri di commercio dell' arte, ma lui era straniero). La sua cultura non era di tipo letterario, e questo si avvertiva in ogni scritto. Zeri e' stato una mistura teatrale di romanaccio triviale e di cosmopolita, con forte debolezza per mercato e denaro. Il suo cosmopolitismo era fatto di ricchi commerciant i, di dive decadute e di principesse della nobilta' nera. I suoi rendiconti goliardico - mondani erano da rivista scandalistica. Mandava in visibilio i giornalisti per la sua abilita' nel camuffarsi e nel colpire, per la presenza scenica dell' affabu latore levantino che sapeva trattare con le masse. (...). Zeri non era sempre cattivo (...). Ma non sapeva amare, forse neppure l' arte, per nevrosi e cinismo. La sua era una filologia che rifuggiva dall' intuizione poetica, dal culto della qualita' , e questo aspetto non mi dispiaceva. Detestava noi Carandini, proprio in quanto famiglia. Era arrivato al punto di ipotizzare che avessi appoggiato il progetto di scavo ai Fori Imperiali perche' avrei avuto proprieta' da valorizzare nella Suburra... Lui amava il popolino e l' aristocrazia, non la borghesia. Altre sue bestie nere erano i puri, come Cederna e La Regina. Fu un proto - Sgarbi, fatte le differenze (...). Fu fondatore e consigliere di quel redditizio posticino che e' il Getty, ma sep pe uscirne al momento giusto, facendo lo scorbutico e rifiutando un falso colossale che la bovina improntitudine di quel museo volle invece acquisire come al solito con copioso esborso. Inaugurava in questo modo la stagione finale della sua vita, rip iegata sull' Italia, segnata forse da un senso di colpa, nella quale tento' di passare per moralista, dopo tanta avventura e disinvoltura, in cui aveva messo a frutto il grande occhio. In questo era un Tartufo, di cui aveva anche l' aspetto (...). Du reranno, oltre l' opera, alcune fotografie di lui, davvero straordinarie, e il testamento, poco italiano (americano nel senso migliore), che dona i beni alla comunita' . Il passato come perversione La ricerca del passato e l' amore delle cose antiche e' in ogni uomo. Per tutti il tempo nobilita e poetizza quello che un giorno era comune. Piu' la cosa si allontana piu' diventa indecifrabile e affascinante. Di qui l' attrazione per l' arcaismo. Ma queste qualita' speciali del passato altro non son o che quelle che abbiamo attribuite da bambini ai genitori e al piccolo universo che ci avvolgeva. Vorremmo aver saputo tutto di loro e cio' mai accadde, per il nostro essere figli, uomini di una generazione successiva. Cosi' noi archeologi scaviamo nei secoli alla ricerca di uno stesso arcano, presi dallo stesso complesso, dal medesimo mito. E come nella vita personale rimanere fissati a quello stadio infantile significa restare attaccati alla sofferenza, legata per definizione all' irraggiungi bilita' , fino alla perdita di ogni propria forza, cosi' perdersi nei secoli travolti da una cieca passione, senza null' altro di vitale indosso, e' un altro modo di morir vivendo. Fedeli all' origine e fedeli all' oggi, ecco una maledizione. Per que sto bisogna che l' archeologo trovi continuamente correttivi, nel rimanente della cultura, nella vita pratica ed emotiva, compensazioni a quel cadere gaudioso nel pozzo del passato, se egli vuole essere oltre che un dotto un uomo. Beni culturali e qu attrini Vi e' chi crede che i monumenti antichi debbano essere sacri, gratuiti e che il loro buon effetto economico debba essere solamente indiretto: quello di portare valuta nel Paese. + una opinione rispettabile, ma io ragiono diversamente. Per me i monumenti sono documenti storici, e in quanto tali organi di una memoria che andrebbe laicamente intesa. In Israele le tombe sono sacre, e questo non mi piace, perche' si tratta di un sacro che fa tutt' uno col profano, di un sacro di tipo fondamen talista. + bene che alcuni complessi monumentali siano gratuiti, specie quando servono di attraversamento o di svago in un determinato ambito cittadino, ma altri complessi possono essere a pagamento (come il Palatino e i "Mercati" di Traiano rispetto ai Fori Imperiali a Roma). Penso che i monumenti debbano servire principalmente per essere visitati e pensati, ma non capisco perche' non possano essere anche usati, con misura, anche per altri scopi altamente culturali, da valutarsi di volta in vol ta, per ricavarne anche un utile economico da reinvestire nei beni stessi. Se una sfilata di alta moda e' tollerabile in una sala del ' 500 o in una piazza romana non riesco a intendere il veto assoluto per i monumenti antichi ad altro che non sia la mera contemplazione, pur che l' uso sia congruo e non porti al degrado. Certo la demonizzazione del mercato e i secchi no sono modi inequivocabili di risolvere il problema, ma la vita e' bella proprio perche' non e' cosi' semplice e incontrovertibil e. Credo che non vi sia nulla di male se un complesso monumentale arriva a produrre esso stesso denaro utile per la propria conoscenza e valorizzazione o per la conoscenza e la volorizzazione di altri complessi vicini. Cio' sta avvenendo persino a Po mpei e accade anche in tante altre parti d' Europa. L' idea che il denaro comunque e sempre insozzi la santita' delle rovine, che le sponsorizzazioni siano immorali o poco dignitose non mi sembra giusta. Aveva un senso quando si valutava, errando, ch e il privato e il mercato equivalevano al male e lo Stato al bene. Solo se i beni culturali vengono valorizzati e messi in comunicazione con la societa' , come il ricordo e' a contatto con le altre funzioni della nostra mente, possiamo sperare di far li intendere e tramandarli. Piu' che essere conservati, anche se non capiti, per le generazioni future, essi vanno tutelati e capiti da tutte le generazioni, a partire da quella attuale. Come che sia, il regolamento della legge di tutela, mai redatto , dovrebbe dare quella certezza del diritto che manca quando una legge generale come la 1089 viene applicata diversamente a seconda delle interpretazioni piu' o meno rigoriste dei funzionari. Ruderi ricostruiti Bisognerebbe non ricostruire i ruderi m a trarre da essi informazioni per giungere a ricostruzioni grafiche, tridimensionali (plastici) o al computer, di cui siamo straordinariamente carenti. La rovina ha una bellezza in se' - a volte documentata letterariamente e in disegni, pitture e sta mpe - ed essa e' anche il documento dell' obliterazione di un monumento. Le ricostruzioni seguono ipotesi che possono rivelarsi con il tempo caduche, per cui si dovrebbe montare, smontare e rimontare di continuo i ruderi a seconda del mutare delle no stre idee, con l' esito di tartassarli e sfasciarli definitivamente, oppure dovremmo contentarci per sempre di una ricostruzione rivelatasi errata ma ormai "storicizzata". Dove si e' proceduto a restituzioni vistose di ruderi - come nella biblioteca di Efeso o nel ginnasio di Sardi - i restauri finiscono per spiccare in modo incongruo nel paesaggio urbano fatto generalmente di rovine a terra, creando un protagonismo del singolo monumento restaurato che in antico non esisteva (...). Walter Veltro ni Venni nominato nel Comitato del settore archeologico per i Beni archeologici da Alberto Ronchey, con il quale ho collaborato in modo molto soddisfacente. Lui sapeva del mio mondo trascorso, vi era emotivamente legato. Giunto Veltroni ho cercato di comunicare con lui o con i suoi collaboratori, ma non ci sono riuscito. Vicino alla scadenza del mandato gli ho detto che ove fosse stata sua intenzione rinominarmi io non lo avrei gradito permanendo quella situazione. Che senso ha fare il consiglie re di un ministro che non si vede? Veltroni mi ha preso in parola e mi ha sostituito. Ecco il nuovo stile, "very effective". A me piace credere che il mio posto sia stato occupato da Giulia Maria Crespi. Veltroni ha il merito di aver riportato i beni culturali alla ribalta, di aver aperto musei e scavi, di aver prolungato gli orari dei musei maggiori, di aver trovato mezzi, di aver snellito il suo ministero, caricandolo tuttavia di troppe incombenze, perfino il calcio! + stato un ronzare concita to senza che del fiorire si sia toccato il cuore.
di ANDREA CARANDINI